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Fatto di lieve entità: i limiti quantitativi di droga

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23188/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ha confermato che il possesso di 300 grammi di cocaina, una quantità notevolmente superiore ai limiti giurisprudenziali, esclude la possibilità di qualificare il reato come fatto di lieve entità. È stato inoltre ribadito che la sola incensuratezza non è sufficiente per la concessione delle attenuanti generiche.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: La Cassazione sui Limiti Quantitativi della Droga

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di stupefacenti: la qualificazione del fatto di lieve entità. Questa decisione chiarisce come il dato quantitativo della sostanza detenuta, sebbene non sia l’unico criterio, assuma un peso preponderante nella valutazione del giudice, specialmente quando supera determinate soglie consolidate in giurisprudenza. Analizziamo insieme i dettagli del caso e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato era stato condannato per la detenzione di un considerevole quantitativo di sostanza stupefacente: 300 grammi di cocaina, da cui si sarebbero potute ricavare ben 1516 singole dosi. La difesa contestava la decisione dei giudici di merito, chiedendo una riqualificazione del reato e un trattamento sanzionatorio più mite.

La Valutazione del Fatto di Lieve Entità

Il ricorrente chiedeva, in primo luogo, che il reato venisse ricondotto all’ipotesi del fatto di lieve entità, disciplinata dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90. Questa norma prevede pene molto più basse per condotte che, pur essendo illecite, presentano una minima offensività. In secondo luogo, si lamentava della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto ulteriormente ridurre la pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati dalla difesa fossero una mera riproposizione di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Il ricorso, secondo la Corte, mancava di una critica puntuale e argomentata delle ragioni giuridiche poste a fondamento della sentenza impugnata, limitandosi a ripetere doglianze generiche.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ampiamente argomentato la sua decisione, soffermandosi sui due punti principali del ricorso.

L’Esclusione del Fatto di Lieve Entità

I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente escluso la possibilità di qualificare la condotta come fatto di lieve entità. La motivazione si basa principalmente sul dato ponderale: il quantitativo di 300 grammi di cocaina è stato ritenuto ampiamente superiore alla soglia indicativa fissata dalla giurisprudenza, che si attesta intorno ai 150 grammi. Sebbene la valutazione debba essere complessiva e considerare anche le modalità dell’azione e i mezzi impiegati, la preminenza del dato quantitativo, in questo caso, era tale da impedire una diversa qualificazione giuridica. La Corte ha ricordato che la valutazione sull’offensività della condotta deve tenere conto delle concrete capacità di azione del soggetto e delle sue relazioni con il mercato di riferimento.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche riguardo al secondo motivo di doglianza, la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito. È stato ribadito un principio consolidato: dopo la riforma dell’art. 62-bis c.p. del 2008, lo stato di incensuratezza (ovvero la fedina penale pulita) non è più, da solo, un elemento sufficiente a giustificare la concessione delle attenuanti generiche. Il giudice, per concederle, deve individuare elementi positivi e concreti che depongano a favore dell’imputato, elementi che nel caso di specie sono stati ritenuti assenti. La semplice assenza di precedenti penali non basta a meritare uno sconto di pena.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due importanti principi del diritto penale in materia di stupefacenti. In primo luogo, riafferma che, ai fini del riconoscimento del fatto di lieve entità, il dato quantitativo, pur dovendo essere valutato insieme ad altri parametri, assume un’importanza decisiva quando supera in modo significativo le soglie elaborate dalla giurisprudenza. In secondo luogo, chiarisce ancora una volta che le circostanze attenuanti generiche non sono un beneficio automatico legato all’assenza di precedenti, ma richiedono una valutazione positiva della personalità e della condotta dell’imputato, che deve essere adeguatamente motivata dal giudice.

Quando un reato di spaccio può essere considerato un “fatto di lieve entità”?
La qualificazione dipende da una valutazione complessiva che considera mezzi, modalità e circostanze dell’azione, oltre al dato quantitativo e qualitativo della sostanza. Tuttavia, un quantitativo ingente, come 300 grammi di cocaina, è generalmente ritenuto ostativo al riconoscimento di tale ipotesi attenuata.

Avere la fedina penale pulita è sufficiente per ottenere le circostanze attenuanti generiche?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata, soprattutto dopo la riforma del 2008, la sola incensuratezza non è più un elemento idoneo a giustificare la concessione delle attenuanti generiche. Il giudice deve riscontrare la presenza di specifici elementi positivi a favore dell’imputato.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato ritenuto riproduttivo di censure già adeguatamente valutate e respinte dal giudice di merito, senza contenere una critica specifica e argomentata della motivazione della sentenza impugnata, la quale è stata invece giudicata logica, congrua e corretta in punto di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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