Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2315 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2315 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/10/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME NOMENOME NOME a Tivoli DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma il 13/11/2022
visti gli atti ed esamiNOME il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udita l’AVV_NOTAIO, difensore dell’imputato, che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IIN FATTO
1. La Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza con cui NOME è stato condanNOME per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n 309, per aver detenuto presso la propria abitazione e ceduto sostanze stupefacenti di vario tipo e, in particolare, un pezzo di cocaina dal peso di grammi 41 corrispondente a 239 dosi medie, due pezzi di nnarjuana dal peso di grammi 31 e 4,5 con una concentrazione inferiore allo 0,6 di THC, alcuni pezzetti di hashish dal peso lordo di due grammi oltre ad un quantitativo non precisato di sostanze stupefacenti non rinvenute
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perche COGNOME, resosi conto della presenza dei carabinieri, se ne disfaceva gettandola nel mare; COGNOME, in concorso con altri, avrebbe inoltre ceduto cocaina a tali COGNOME e COGNOME dal peso di 0,2 e 0,3 grammi (così l’imputazione).
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge quanto al mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art.73, comma 5, dell’art. 73 d.P.R. 309 del 1990.
Si richiamano i principi sul tema e la sentenza della Corte di cassazione con cui si è provato a determinare le soglie minime quantitative per il riconoscimento del comma 5; si sostiene che la Corte di appello avrebbe compiuto una valutazione solo apparentemente complessiva di tutti gli elementi che devono essere vagliati, avendo in realtà valorizzato solo due dati, quelli cioè del quantitativo e della finalità illecit detenzione.
2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento del comma 5 dell’art. 73 cit., avendo la Corre di appello, da una parte, fatto riferimento ad una elementare attività di spaccio, e dall’altra, in mo contraddittorio, escluso la riconducibilità del fatto al comma 5 deVart. 73 cit.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, i cui motivi possono essere valutati congiuntamente, è inammissibile.
Sul tema dei limiti di configurabilità della fattispecie di cui al comma 5 dell’art d.P.R. n. 309 del 1990 è in corso una riflessione nella giurisprudenza della Corte di cassazione che si sviluppa su più livelli.
Si coglie una tendenza ad esplicitare in sede applicativa la portata della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 35737/2010 (del 24/06/2010, P.G. in proc. Rico, Rv. 247911), nel senso di sottolineare come nell’occasione la Corte, pur affermando il principio secondo cui la fattispecie prevista dal comma 5 dell’art. 73 d.p.r n. 309 del 1990 “può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parame richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio”, abbia nondimeno offerto coordinate ermeneutiche specifiche ed ulteriori, chiarendo come la valutazione da compiersi, al fine di configurare o escludere l’ipotesi del comma 5, non possa ridursi ad una fredda operazione di constatazione della “inesistenza anche solo di uno degli indici indicati”.
Di tale necessità le stesse Sezioni Unite della Corte hanno mostrato piena consapevolezza nella parte in cui hanno spiegato come la questione “non possa essere risolta in astratto, stabilendo incompatibilità in via di principio, ma deve tro soluzione caso per caso, con valutazione che di volta in volta tenga conto di tutte le specifiche e concrete circostanze”. Dunque, una valutazione in concreto in una materia in cui l’esigenza di calibrare la pena all’offesa si manifesta, ove possibile, in mani quanto mai stringente, considerata la rilevantissima forbice edittale che esiste tr l’ipotesi di cui al comma 1 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e quella del comma 5
La questione relativa alla legittimità del trattamento sanzioNOMErio previsto dall’a 73, comma 1, d.P.R. cit., per violazione dei principi di ragionevolezza, di uguaglianza e di proporzionalità della pena è stata affrontata dalla Corte costituzionale, ch nell’ambito di una articolata analisi, ha affermato di non potersi sottrarre alla veri sulla ragionevolezza e proporzionalità della misura della pena, ma – allo stesso tempo di non poter intervenire, non potendo individuare in concreto l’opzione preferibile tra l tante soluzioni costituzionalmente percorribili.
I Giudici hanno tuttavia inviato un chiaro monito al legislatore: “in assenza di un univoca indicazione legislativa già disponibile nel sistema giuridico, questa Corte reputa necessario, nel rispetto delle reciproche competenze istituzionali, richiamare prioritariamente il legislatore alla propria responsabilità, affinché la misura della p sia riportata in armonia con i principi costituzionali per via legislativa, scegliendo tra le molteplici opzioni sanzioNOMErie tutte ugualmente legittime e alternative a quel censurata.
In mancanza di un intervento del legislatore, la Corte sarebbe però successivamente obbligata a intervenire, non mai in malam partem, e comunque nei limiti già tracciati dalla sua giurisprudenza”. (sent. n. 179 del 2017).
Si tratta di affermazioni che, riconoscendo la necessità di riportare in armonia con principi costituzionali la pena prevista dall’art. 73, comma 1, d.P.R. cit., impongono interpretare la norma prevista dall’art. 73, comma 5, cit. in maniera stringente conforme ai principi costituzionali di offensività e di proporzione tra offesa e pena.
La pena è costruita sulla gravità del fatto e giustificata da essa, nelle sue componenti oggettive (importanza del bene, modalità di aggressione, grado dì anticipazione della tutela) e soggettive (grado di compenetrazione fatto-autore), come sua variabile dipendente: una distonia nel rapporto o addirittura uno iato tra i due fattori sarebber costituzionalmente intollerabili.
Dunque, con la forbice edittale il legislatore esprime la sua valutazione sulla gravit del fatto di reato che decide di incriminare, della gravità in astratto, ovviamente, che uguale per tutta la classe di fatti concreti riconducibili al precetto.
Il giudice vi riconosce una presa di posizione su tale elemento e, nell’esercitare il su potere discrezionale di commisurazione, prosegue il “lavoro” affinandolo sui dati della
realtà del singolo caso concreto (cfr., per tutte Sez. U., n. 33040 del 26/02/2015, COGNOME, in motivazione).
Nella medesima prospettiva si è h collocata anche un’altra pronuncia, resa da Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME*, Rv. 274076, che ha fatto applicazione di tali principi affermando che la diversità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato in esame, in quanto l’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti disposizione.
Dalla enunciazione di tali principi si desume un parametro interpretativo univoco, secondo cui nella valutazione della tenuità del fatto ai sensi del quinto comma della richiamata disposizione non può assumere, di norma, valenza esclusiva ed assorbente il dato quantitativo, né quello qualitativo con riferimento alla diversità delle sosta oggetto di cessione.
La valutazione del fatto, pertanto, deve guardare alla sua complessità, valorizzando – in senso positivo o negativo – tutti gli elementi che contraddistinguono quell determinata condotta (mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza, anche con riferimento alla percentuale di purezza della stessa): criterio di giudizio, questo, che può subire una flessione solo nel caso in cui il dato ponderale sia di per sé talmente rilevante da determinare l’assorbimento dei restanti aspetti della condotta (in tal senso, da ultimo, Sez. 6, n. 812 del 29/11/2022, dep. 2023, COGNOME, non massimata).
In tale contesto si è già spiegato come, ai fini del riconoscimento del reato di cu all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la valutazione dell’offensività del condotta debba essere ancorata alle concrete capacità di azione del soggetto ed alle sue relazioni con il mercato di riferimento, avuto riguardo all’entità della droga movimentata in un determiNOME lasso di tempo, al numero di assuntori riforniti, alla rete organizzativ e/o alle peculiari modalità adottate per porre in essere le condotte illecite al riparo controlli e azioni repressive delle forze dell’ordine (cfr., Sez. 6, n. 13982 del 20/02/201 Lonnbino, Rv. 272529). E’ configurabile l’ipotesi di c.d. piccolo spaccio, cioè, quando si è in presenza di un’attività che si caratterizza per una complessiva minore portata dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, che riveli una ridotta circolazione di merce e di denaro e potenzialità di guadagni limitati; tale attività può ricomprendere anche l detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia tale da dar luogo ad una prolungata attività di spaccio, rivolta ad un numero indiscrimiNOME di soggetti. (Sez. 6, n. 45061 del 03/11/2022, COGNOME, Rv. 284149 in fattispecie caratterizzata dalla mancata emersione del numero degli assuntori che si rivolgevano all’imputato, nonché della capacità di questi – in termini di contatti con i fornitori all’ingrosso e di dispon
economica – di procurarsi sostanza stupefacente stabilmenl:e ed in quantitativi apprezzabili).
Nella specie, el/Giudict.,di merito, diversamente dagli assunti difensivi, hanno fatto corretta applicazione dei principi indicati, avendo escluso la riconducibilità dei fatti fattispecie meno grave attraverso specifici richiami non solo al dato ponderale, che, tuttavia, in applicazione dei principi indicati, è significativo, e al numero di ricavabili, ma anche alle modalità della condotta, ai reperti sequestrati, comportamento in concreto tenuto.
Né è obiettivamente chiaro perché, secondo il ricorrente, i fatti dovrebbero essere ricondotti alla fattispecie invocata.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna H ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2023.