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Fatto di lieve entità: i criteri per lo spaccio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2315/2024, ha ribadito i principi per il riconoscimento del fatto di lieve entità nel reato di spaccio di stupefacenti. La Corte ha chiarito che la valutazione non può limitarsi al solo dato quantitativo della droga, ma deve considerare in modo complessivo tutti gli elementi della condotta, come le modalità dell’azione e l’offensività generale, confermando la condanna per un imputato trovato in possesso di un notevole quantitativo di diverse sostanze.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità nello Spaccio: Oltre la Quantità

La qualificazione di un’attività di spaccio come fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti è una questione cruciale che può modificare radicalmente il trattamento sanzionatorio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2315 del 2024, offre un’importante occasione per ribadire i criteri che il giudice deve seguire in questa delicata valutazione, sottolineando come non ci si possa fermare a una mera analisi quantitativa.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un soggetto condannato in primo e secondo grado per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. Presso la sua abitazione erano state rinvenute diverse tipologie di droghe: un pezzo di cocaina dal peso di 41 grammi (corrispondente a 239 dosi medie), due pezzi di marijuana per un totale di oltre 35 grammi e alcuni pezzetti di hashish. Inoltre, era stata accertata la cessione di piccole dosi di cocaina ad altri soggetti. L’imputato, per sfuggire ai controlli, aveva anche tentato di disfarsi di una parte della sostanza gettandola in mare.

Il Ricorso in Cassazione: la Richiesta del Fatto di Lieve Entità

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando il mancato riconoscimento della fattispecie attenuata del fatto di lieve entità. Secondo il ricorrente, la Corte di Appello avrebbe compiuto una valutazione solo apparentemente complessiva, focalizzandosi unicamente sul dato quantitativo e sulla finalità di spaccio, senza considerare adeguatamente tutti gli altri parametri richiesti dalla norma. La motivazione della corte territoriale è stata definita contraddittoria, in quanto da un lato descriveva un’attività elementare di spaccio, ma dall’altro escludeva la sua riconducibilità all’ipotesi meno grave.

L’Approccio della Giurisprudenza

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha colto l’occasione per ripercorrere l’orientamento consolidato in materia. La valutazione sulla lieve entità del fatto non può ridursi a una “fredda operazione di constatazione” di singoli indici, ma deve essere un giudizio complessivo e concreto sulla condotta. Il giudice deve analizzare tutti i parametri indicati dalla legge: i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione, la qualità e la quantità delle sostanze.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che, sebbene la giurisprudenza abbia stabilito che la fattispecie del comma 5 si applica solo in ipotesi di minima offensività penale, ciò non significa che un singolo indice negativo (come un quantitativo non trascurabile) escluda automaticamente l’applicazione della norma. La valutazione deve essere sempre bilanciata e calata nel caso specifico.

Nel caso in esame, i giudici di merito avevano correttamente escluso il fatto di lieve entità non solo per il dato ponderale, che era di per sé significativo (soprattutto per le 239 dosi di cocaina ricavabili), ma anche per le modalità della condotta e il comportamento tenuto dall’imputato. La detenzione di diverse tipologie di sostanze, unita alle cessioni accertate e al tentativo di disfarsi della droga, delineava un quadro operativo che superava la soglia della minima offensività. L’attività non poteva essere considerata come un episodio isolato o marginale, ma come un’operatività strutturata, seppur elementare, nel mercato degli stupefacenti.

Conclusioni

La sentenza in commento rafforza un principio fondamentale: la qualificazione di un’attività di spaccio come fatto di lieve entità richiede un’analisi globale e approfondita che vada oltre il semplice peso della sostanza. Il giudice deve esaminare l’intera condotta per determinare la sua reale portata offensiva. Elementi come la varietà delle droghe, l’organizzazione, la continuità dell’attività e la capacità di approvvigionamento sono tutti indicatori che, unitamente al dato quantitativo, contribuiscono a definire se lo spaccio possa essere considerato di lieve entità o se, al contrario, integri la fattispecie più grave prevista dal comma 1 dell’articolo 73.

Quando un’attività di spaccio può essere considerata un fatto di lieve entità?
Un’attività di spaccio è considerata di lieve entità quando presenta una minima offensività penale. Tale valutazione si basa su un’analisi complessiva di parametri qualitativi e quantitativi, che includono i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la quantità e qualità della sostanza.

La quantità di droga detenuta è l’unico criterio per escludere il fatto di lieve entità?
No, la quantità non è l’unico criterio, sebbene sia molto rilevante. La valutazione del giudice deve essere globale e non può basarsi su una fredda constatazione di un solo indice. Anche un quantitativo significativo deve essere valutato insieme agli altri parametri, come le modalità della condotta, per determinare l’offensività complessiva del fatto.

Cosa si intende per valutazione complessiva della condotta ai fini del riconoscimento della lieve entità?
Per valutazione complessiva si intende un’analisi che tiene conto di tutti gli elementi della fattispecie concreta. Il giudice deve considerare non solo la quantità di droga, ma anche la sua tipologia e purezza, le modalità di spaccio (es. organizzazione, numero di clienti, continuità nel tempo), i mezzi utilizzati e le circostanze generali dell’azione per stabilire se la condotta sia riconducibile a un’ipotesi di minima offensività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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