Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3116 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3116 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 16/07/1994
avverso la sentenza del 25/10/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 25 ottobre 2022 la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia del G.I.P. del Tribunale di Pisa del 17 luglio 2016 con cui NOME era stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed euro 10.000,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 73, comma 4, e 80 lett. a) D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: mancanza e illogicità manifesta della motivazione, nonché errata applicazione di legge in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche; mancanza e illogicità manifesta della motivazione ed errata applicazione di legge per omessa riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riguardo alla prima censura, il Collegio osserva come la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. p. 3 della sentenza impugnata) ben rappresenti e giustifichi, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di seco grado ha ritenuto di negare il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen. all’imputato, esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
2.2. Con riguardo, poi, alla seconda doglianza, deve tenersi conto dell’orientamento giurisprudenziale per cui il riconoscimento dell’ipotesi della lieve entità richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e proporzionalità del pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271959-01), per cui il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, e, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che
la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (così, tra le tante, Sez. n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256610-01).
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73 comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto rilevanti per stabilire la sua enti alla luce dei criteri normativizzati e che tale percorso valutativo, così ricostruit si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di essi.
Risulta allora che, nel caso di specie, la Corte territoriale, correttamente valutando i dati probatori disponibili, ha offerto una motivazione pienamente adeguata in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità (cfr. p. 3), essendo stati posti in rilievo alcuni aspetti rivelatori professionalità con cui l’attività di spaccio veniva svolta da parte dell’imputato, perciò negando la ricorrenza della più lieve ipotesi sulla base di elementi cui ha ritenuto di attribuire una rilevanza maggiormente significativa rispetto ad altri ai fini dell’esclusione della minima offensività.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Pre dente