Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Lamezia Terme il 05/11/1992
NOME nata a Lamezia Terme il 11/08/1987
NOME NOME, nato a Lamezia Terme il 28/03/2000
COGNOME NOMECOGNOME nato a Lamezia Terme il 18/07/1978
avverso la sentenza del 27/09/2023 della Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
udito il Pubblico ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità dei ricorsi;
udito il difensore Avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 25 ottobre 2021, in parziale riforma di quella di primo grado, per quanto qui rileva, riteneva NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili dei reati loro rispettivamente ascritti di detenzione e cessione a terzi di sostanze stupefacenti di vario tipo (artt. 81, secondo comma, e 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), condannandoli alle pene ritenute di giustizia.
Con sentenza del 12 dicembre 2022 la Sesta sezione della Corte di cassazione annullava con rinvio la sentenza impugnata nei confronti dei quattro ricorrenti in punto di riconducibilità delle condotte a essi rispettivamente addebitate all’ipotesi lieve ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, ritenendo per l’effetto assorbite le doglianze in tema di trattamento sanzionatorio.
Con la pronuncia qui impugnata la Corte di appello di Catanzaro, in sede di rinvio, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha confermato per NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME la condanna per il reato ex art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990 e ha rideterminato le pene in senso più favorevole rispetto a quelle inflitte nel giudizio di primo grado.
Avverso la sentenza rescissoria hanno proposto ricorso per cassazione i quattro imputati, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, chiedendone l’annullamento.
I ricorsi proposti dall’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME sono nella sostanza sovrapponibili, a partire dal primo motivo, riguardante la decisione del giudice del rinvio di non riconoscere l’ipotesi attenuata prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, censurabile – secondo la prospettazione difensiva – per violazione di legge e vizio della motivazione.
La Corte territoriale non si è attenuta ai principi indicati nella pronuncia rescindente, valorizzando ancora la ripetitività degli episodi contestati e l’ingente quantitativo di droga detenuta, senza neppure considerare il mancato rinvenimento e sequestro delle sostanze stupefacenti la cui diversità non preclude il riconoscimento della ipotesi di lieve entità.
Con il secondo motivo gli stessi vizi sono stati denunciati per tutti gli imputati in relazione al trattamento sanzionatorio, avuto riguardo alla modesta riduzione di pena determinata a seguito dell’assoluzione per alcuni reati o del
loro assorbimento, al giudizio di sola equivalenza delle attenuanti generiche (per COGNOME e Palermo), all’eccessivo aumento per la continuazione.
Il ricorso proposto dall’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME è articolato in due motivi.
5.1. In primo luogo il ricorrente lamenta violazione di legge (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990) e vizio della motivazione, manifestamente illogica e internamente contraddittoria, là dove ha riconosciuto, evidentemente in relazione al reato di cui al capo 38), l’ipotesi di lieve entità a NOME COGNOME considerata la “regina” dell’operazione, e non ad NOME COGNOME la cui posizione era del tutto simile (i fatti di cui ai capi 39 e 40 sono evidentemente di lieve entità, stante il modesto quantitativo di stupefacente ceduto).
In entrambi i casi, infatti, gli imputati sono stati ritenuti responsabili cessioni continuative di stupefacente né la circostanza che COGNOME sia indicato quale fornitore consente una diversa valutazione, non essendo nemmeno indicato il dato ponderale; neppure la natura non occasionale dello spaccio e il possesso di diverse tipologie di sostanza preclude il riconoscimento della ipotesi di lieve entità, stante la necessità di procedere a una valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto, come statuito dalle Sezioni Unite nella sentenza Muro lo.
La motivazione della sentenza impugnata non appare rispettosa del principio di diritto stabilito dalla Corte di cassazione.
5.2. In secondo luogo la difesa denuncia la erronea applicazione dell’art. 133 cod. pen. e la mancanza di motivazione in ordine alla determinazione della pena base in misura superiore al minimo edittale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME sono inammissibili perché proposti con motivi generici e manifestamente infondati, mentre quello di NOME COGNOME va rigettato in ragione della infondatezza del primo motivo, risultando invece il secondo manifestamente infondato.
I ricorsi di COGNOME, COGNOME e COGNOME, nella sostanza sovrapponibili, possono essere esaminati congiuntamente.
2.1. Il primo motivo è generico e privo di fondamento.
Va rimarcato, innanzitutto, che a seguito di annullamento per vizio di motivazione il giudice del rinvio è chiamato a compiere un nuovo completo esame del materiale probatorio, con i medesimi poteri che aveva il giudice la cui
sentenza è stata annullata, salve le sole limitazioni previste dalla legge e la impossibilità di fondare la nuova decisione sui medesimi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Corte di cassazione. Pertanto, i poteri attribuiti al giudi del rinvio sono diversi a seconda che l’annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge penale oppure per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, come nel caso in esame. Nella prima ipotesi resta ferma la valutazione dei fatti come accertati dal provvedimento annullato; nella seconda, invece, l’annullamento travolge gli accertamenti e le valutazioni già operate e, dunque, i poteri del giudice di rinvio hanno la massima latitudine imponendo un nuovo ed esaustivo esame del materiale probatorio, con l’unico limite negativo sopra richiamato (Sez. 2, n. 37407 del 06/11/2020, COGNOME, Rv. 280660 – 01; Sez. 5, n. 33847 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273628 – 01; Sez. 3, n. 34794 del 19/05/2017, F., Rv. 271345 – 01; Sez. 2, n. 27116 del 22/05/2014, Grande Aracri, Rv. 259811 – 01; Sez. 5, n. 42814 del 19/06/2014, COGNOME, Rv. 261760 – 01).
Nel caso di specie l’annullamento è stato disposto dalla Sesta sezione per vizio della motivazione, vizio che il giudice del rinvio ha emendato, confermando comunque la non configurabilità nel caso di specie del fatto di lieve entità previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990.
Il dato fondamentale pare essere stato obliterato nei tre ricorsi che nella sostanza hanno lamentato la decisione del giudice del rinvio, come se lo stesso, alla luce della decisione della Sesta sezione, avesse dovuto riconoscere la sussistenza del meno grave reato.
La Corte territoriale, invece, nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte, anche a Sezioni Unite (per tutte vds. Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076 – 01), richiamati nella sentenza rescindente, ha escluso legittimamente l’ipotesi di cui al comma 5 del citato articolo 73, ad esito di una valutazione globale di tutti i dati sintomatici descritti nella norma senza ritenerne uno, isolatamente considerato, ostativo al riconoscimento della fattispecie meno grave.
A detta decisione il giudice del rinvio è pervenuto in considerazione delle plurime cessioni di sostanze stupefacenti, peraltro di diversa natura, del numero degli acquirenti, dei quantitativi non modesti, della reiterazione nel tempo (addirittura le cessioni contestate ad Amato coprono il periodo dal novembre 2017 al marzo 2019) e – quanto ad Amato e Palermo – degli ulteriori reati di detenzione di droga; le condotte contestate sono state inquadrate nell’ambito di una gestione di una piazza di spaccio nella quale gli stessi, compresa la COGNOME, sono risultati elementi di spicco.
I tre ricorsi risultano generici perché non si sono confrontati, in larga parte, con la specifica motivazione della sentenza impugnata e hanno richiamato astratti principi affermati in varie sentenze di legittimità che tuttavia non sono pertinenti al caso di specie.
Va altresì evidenziato che la difesa ha denunciato cumulativamente il vizio motivazionale, in contrasto con il principio ribadito di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo il quale «i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione. Per tali ragioni la censura alternativa ed indifferenziata di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risulta priva della necessaria specificità» (Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027, non mass. sul punto; nello stesso senso, da ultimo, v. Sez. 4, n. 8294 del 01/02/2024, COGNOME, Rv. 285870 – 01).
2.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La pena base, per i tre imputati, è stata determinata in sette anni di reclusione ed euro 26.000 di multa, in misura assai prossima al minimo edittale.
Va in proposito ribadito che, quando la pena si attesti in misura non troppo distante dal minimo, è sufficiente che il giudice dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua” o “pena equa” (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01; Sez. 2, n. 36103 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 – 01; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283 – 01; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197 – 01; Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153 – 01), mentre «una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata è necessaria soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale» (così Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., non mass. sul punto).
Detta pena è stata ridotta di un terzo per Palermo e la COGNOME in ragione del riconoscimento delle attenuanti generiche, concesse anche ad COGNOME ma con giudizio di equivalenza rispetto alla recidiva reiterata, rimanendo il giudizio di prevalenza precluso dal disposto dell’art. 69, quarto comma, cod. pen.
In ordine agli aumenti a titolo di continuazione, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che il giudice di merito ha l’onere di esprimere una specifica motivazione sull’aumento di pena per ciascuno dei reati satellite, precisando che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i
previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia surrettiziamente operato un cumulo materiale di pene (Sez. U, n. 41127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01).
Nel caso di specie l’assai modesta entità degli aumenti disposti consente di verificare che sono stati rispettati i criteri e limiti sopraindicati. Peraltro, il gi di merito, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non è tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005 – 01).
Anche nell’esame della posizione dell’imputato NOME COGNOME la motivazione della sentenza impugnata risulta immune da vizi.
3.1. La difesa ha apoditticamente dedotto che l’attività svolta dal ricorrente sarebbe stata organizzata in modo “rudimentale” e soprattutto ha denunciato una ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla posizione della coimputata NOME COGNOME alla quale, però, nel presente processo erano contestate solo cessioni continuate di sostanze stupefacenti a tre diversi soggetti.
NOME COGNOME invece, è stato riconosciuto colpevole anche per la cessione a NOME COGNOME e NOME COGNOME in un periodo di sei mesi, di eroina e cocaina, in quantitativi non indicati nel capo d’imputazione sub 38), che tuttavia sono stati ritenuti rilevanti, considerato che i due acquirenti erano coloro che poi vendevano la droga al dettaglio. Con specifica e incensurabile motivazione la Corte, sulla base anche delle risultanze delle intercettazioni, ha rimarcato la “ampia e comprovata capacità del Galiano di diffondere lo stupefacente in modo non episodico né occasionale, tale da addivenire punto di riferimento degli spacciatori del luogo” (pag. 14).
Il primo motivo di ricorso, dunque, risulta infondato.
3.2. In ordine al trattamento sanzionatorio, la difesa, nella sostanza, ha rivendicato un inesistente diritto al minimo della pena, determinata dalla Corte d’appello, anche in questo caso, in misura assai prossima al minimo (sette anni di reclusione ed euro 26.000 di multa), dopo avere evidenziato la reiterazione e la gravità delle condotte nonché la personalità dell’imputato, gravato di precedenti penali, al quale pure sono state riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva infraquinquennale.
Al rigetto del ricorso proposto da NOME COGNOME segue la sua condanna al pagamento delle spese processuali, mentre alla inammissibilità delle impugnazioni proposte dagli altri tre ricorrenti segue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la loro condanna al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di NOME che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 19/12/2024.