Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30653 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30653 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 28/02/1988
avverso la sentenza del 10/07/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.G.
rilevato che, con due motivi di ricorso, NOME COGNOME ha dedotto i vizi di violazione di legge e di, carenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione quant mancata qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, TU Stup. (dolendosi, in particolare, del fatto che i giudici di appello avrebbero valorizzato circostanza neutre e comunque non dirimenti, quali il diverso tipo di stupefacente, il quantitativo rinvenuto e le dichiarazioni confessorie dell’imputato, unitamente alla non occasionalità della condotta illecita, alla collocazione dello stupefacente ed al rinvenimento di uno strumento per la pesatura, senza valutare adeguatamente invece le dichiarazioni dell’assuntore) nonché il vizio di violazione di legge, e di carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla mancata qualificazione giuridica della condotta ai sensi dell’art. 73, comma 5, TU Stup., quantomeno per la sola ipotesi di detenzione dello stupefacente del tipo cocaina, essendovi stata un’omessa valutazione delle doglianze difensive con conseguente motivazione assente o carente (dolendosi, in particolare, del silenzio motivazionale della Corte d’appello sul motivo di impugnazione con cui si insisteva per la riqualificazione giuridica del fatto nell’ipotesi lieve, quantomeno con riferimento alla detenzione della cocaina, pari a 140 dosi);
ritenuto che i motivi di ricorso proposti dalla difesa sono inammissibili in quanto entrambi riproducono profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici e di merito e non scanditi da specifica criticità dell argomentazioni a base della sentenza impugnata, prefigurando peraltro una rivalutazione e rilettura alternativa delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, e comunque manifestamente infondati perché inerenti ad asserita contraddittorietà motivazionale non emergente dal provvedimento impugnato (si v., in particolare, le considerazioni espresse alle pagg. 2/3 della sentenza impugnata, che, con argomentazioni immuni dai denunciati vizi, chiariscono le ragioni per le quali il quadro probatorio consentiva di escludere la riconducibilità dell’intera vicenda all’ipotesi lieve contemplata dall’art. 73, comma 5, TU Stup.; in particolare, i giudici valorizzano in chiave negativa le modalità dell’azione, il diverso tipo di stupefacente, la collocazione dello stesso – intercapedine ricavata nel vano superiore dell’ascensore -, il dato ponderale, il quantitativo delle dosi ricavabili pari a 140 dosi per la cocaina e 1198 dosi di hashish lo strumento rinvenuto per la pesatura della droga, le circostanze riferite dagli operanti e le sit res dall’acquirente che, unitamente alle dichiarazioni confessorie rese dal ricorrente,
per i giudici territoriali non consentivano diversa qualificazione del reato anche in ragione della non occasionalità della condotta illecita);
Rilevato che si tratta, all’evidenza, di censure generiche per aspecificità in quanto riproducono, senza alcun apprezzabile elemento di novità critica, le doglianze svolte davanti ai giudici di appello, dovendosi, a tal proposito, ribadire che, la valutazione del fatto di lieve entità deve discendere dall’esame congiunto di tutti gli elementi valorizzati dalla norma penale incriminatrice, che postula un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, ed a quantità e qualità delle sostanze; proprio la congerie di elementi valorizzati in chiave negativa da parte dei giudici territoriali, rende evidente come gli stessi, con una valutazione insindacabile in questa sede in quanto immune dai vizi denunciati, sono pervenuti ad escludere la sussumibilità del fatto complessivamente considerato nell’ipotesi lieve (non essendovi ragioni di operare alcun distinguo rispetto alla detenzione dello stupefacente del tipo cocaina, come pretenderebbe la difesa); inoltre, se è ben vero che la detenzione di una ridotta quantità di droga di tipo “pesante” integra il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, anche in caso di contestuale detenzione di un più rilevante quantitativo di droga di tipo “leggero”, in quanto, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, tali condotte danno luogo a reati diversi, aventi un diverso trattamento sanzionatorio, sicché la gravità dell’uno non può derivare dalla ritenuta gravità dell’altro (Sez. 3, n. 32374 del 05/03/2021, Rv. 281776 – 01), deve, tuttavia, evidenziarsi come, nel caso in esame, il mancato esame della richiesta di valutare come fatto lieve la detenzione di cocaina, non inficia la sentenza impugnata, tenuto conto del fatto che i quantitativo di dosi di cocaina detenute, non poteva certo qualificarsi come esiguo – come la difesa tenta di sostenere – tenuto conto, del resto, che le stesse Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076 – 01) hanno puntualizzato come “L.] il giudizio sulla tipicità del fatto ai sensi del comma 5 dell’art. 73 deve essere frutto di una valutazione complessiva condotta utilizzando tutti gli indicatori selezionati da tale disposizione. Nella fattispecie data non è conseguentemente possibile isolare la condotta relativa ad un tipo di stupefacente senza considerare il contesto in cui la stessa è stata realizzata, poiché in tal modo si finirebbe pe non valutare le circostanze e le modalità dell’azione e quindi, in definitiva, per contravvenire all’indicazione normativa. In tal senso risulta dunque tutt’altro che irrilevante la simultanea detenzione di altro tipo di stupefàcente, modalità del fatto che deve essere necessariamente valutata ai fini della sua qualificazione, senza che, come detto, costituisca elemento di per sé ostativo ad una qualificazione giuridica più favorevole. Sarà dunque necessario soppesare se tale circostanza Corte di Cassazione – copia non ufficiale
assuma valore assorbente rispetto agli elementi ritenuti espressivi della lieve entità ovvero se questi siano in grado di compensarne la carica negativa o altresì
influenzare la valutazione sull’effettiva entità della violazione consumata attraverso la detenzione dell’altra tipologia di stupefacente. Non può poi in astratto
escludersi l’ipotesi che tale valutazione possa portare in alcuni casi a scindere la qualificazione giuridica del fatto anche nel senso di riconoscere che una delle
violazioni registrate debba essere ricondotta all’art. 73, comma 5. Ed in tal caso, stante l’elevazione di tale ultima fattispecie a titolo autonomo di reato, non vi è
ragione per escludere la possibilità che questo si ponga in concorso formale o in continuazione con uno di quelli previsti dai commi precedenti. Ma non può negarsi
che, attesa l’unitarietà del contesto, in concreto l’esito più comune di tale valutazione risulterà quello per cui tutto il fatto nel suo complesso considerato
venga o meno ritenuto di lieve entità, configurandosi in tale ultimo caso il concorso tra il reato di cui al primo comma e quello previsto dal quarto comma del citato
art. 73.”
in motivazione, § 13, pagg. 22/23); ne discende, pertanto, che proprio alla stregua di detta valutazione complessiva operata dal collegio di
secondo grado, ben si spiega il silenzio dei giudici territoriali sulla richies “subordinata” essendo gli stessi evidentemente giunti all’approdo che tutto il fatto nel suo complesso considerato non dovesse essere ritenuto di lieve entità;
ritenuto, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso 1’11 aprile 2025
Il Presidente