Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4047 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4047 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ANDRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/09/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
1.COGNOME NOME ha proposto, a mezzo del proprio difensore, ricorso avverso la sentenza, in epigrafe indicata che, in riforma della decisione del Tribunale di Trani, in accoglimento dell’appello della procura Generale, aveva riconosciuto la responsabilità del ricorrente per il reato di detenzione di sostanza stupefacente del tipo marijuana, custodita all’interno di un magazzino nella sua disponibilità che era ancora allo stato grezzo, trattandosi di cime di canapa, che peraltro possedevano efficacia stupefacente e da cui erano ricavabili oltre mille dosi droganti.
Il ricorso poggia su due motivi di ricorso con i quali si assume l’uso personale dello stupefacente e l’altro assume la errata qualificazione giuridica del fatto che avrebbe dovuto essere sussunto sotto il paradigma dell’art.73 comma 5 d.P.R. 309/90. La difesa del ricorrente ha depositato memoria difensiva con la quale insiste nell’accoglimento del ricorso.
I motivi di ricorso risultano inammissibili in quanto manifestamente infondati.
3.1 Sotto un primo profilo i giudici distrettuali hanno evidenziato, con motivazione priva di salti logici, come la quantità degli estratti delle piante d marijuana, in uno con le modalità di conservazione e di occultamento, erano incompatibili con un uso esclusivamente domestico, trattandosi di estratti di coltivazione della canapa indica allocati presso un magazzino, in attesa di essere ulteriormente trattati e incompatibili con il mero consumo personale. Le censure sul punto prospettate sono in fato e prive di confronto con gli argomenti sopra indicati.
3.2 Quanto all’invocata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73 comma 5 d.P.R. n.309/90, il motivo in questione è manifestamente infondato poiché basato su prospettazioni ermeneutiche palesemente in contrasto con il dato normativo e con l’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità.
I giudici di merito hanno dato infatti conto di elementi sintomatici della non lieve entità del fatto: in primo luogo, la circostanza, preponderante ed ostativa alla configurabilità della fattispecie di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n.309/90, secondo la quale il peso del principio attivo presente nello stupefacente consentisse di confezionare oltre 1.300 dosi medie droganti; le modalità di conservazione, di occultamento, prodromico alla successiva lavorazione e destinazione al mercato costituiscono altresì indici sintomatici di una attività di smercio non trascurabile.
3.2.1 Giova, infatti, rammentare che la Corte di legittimità ha chiarito che è proprio la globalità della valutazione richiesta dall’art. 73 comma 5 T.U. stup. ad impedire l’elaborazione di soglie predefinite poiché la littera legis impone all’ermeneuta di considerare il peso unitamente a tutti gli altri indici sintomatici dell lieve entità: tale conclusione è, inoltre, avvalorata dai recenti precedenti di legittimità, ove la Corte ha valorizzato molteplici elementi che ricostruiscono l’attività di spaccio su larga scala (Sez. 6, n.13982 del 20.02.2013, Rv. 272529).
In questi termini, si è giunti a ricondurre l’ipotesi del c.d. piccolo spaccio entro i confini della lieve entità, avendo la Corte di legittimità affermato che l’individuazione del fatto lieve non possa mai risolversi nella mera indagine sul dato ponderale, tanto che il Supremo Consesso in molteplici occasioni ha lasciato sullo sfondo il dato ponderale, valorizzando le modalità dell’azione o i mezzi impiegati da cui poter evincere la professionalità e l’ampiezza dell’attività illecita svolta. (Sez. 7 ord. n.16744 del 6.04.2022, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n.20234 del 4.02.2022, Rv. 283203; Sez. 4, n. 44551 del 28.10.2022, COGNOME, non mass).
Si tratta di valutazioni che la Corte territoriale, nel caso de quo, fornisce, avendo riguardo non solo e non tanto al dato ponderale ma anche, e soprattutto, al numero di dosi medie ricavabili e alle modalità dell’azione delittuosa, elementi idonei a dimostrare la non lieve entità del fatto.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna delhD ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 3.000 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 dicembre 2023
Il consigliere relatore
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Il Presidente