Fatto di lieve entità: quando la coltivazione non è lieve secondo la Cassazione
La distinzione tra reati di droga e il fatto di lieve entità rappresenta un punto cruciale del diritto penale in materia di stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri per escludere tale ipotesi meno grave, focalizzandosi su una valutazione complessiva che include quantità, modalità della condotta e la storia criminale dell’imputato. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio i confini di questa fattispecie.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un individuo condannato per la coltivazione di marijuana. Nello specifico, gli sono state attribuite 20 piante in vaso e altre 10 già estirpate e messe a seccare. Da queste piante sarebbe stato possibile ricavare oltre quattromila dosi. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione dei giudici di merito di non qualificare la sua condotta come un fatto di lieve entità e di aver applicato l’aumento di pena per la recidiva.
I Motivi del Ricorso
L’imputato ha basato il suo ricorso su due motivi principali:
1. Errata qualificazione giuridica: Sosteneva che la sua condotta dovesse rientrare nell’ipotesi delittuosa meno grave prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti), ovvero il cosiddetto fatto di lieve entità.
2. Illegittima applicazione della recidiva: Contestava l’aggravamento della pena dovuto alla recidiva, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello insufficiente.
La Valutazione del Fatto di Lieve Entità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il primo motivo manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che la Corte territoriale aveva correttamente escluso l’ipotesi del fatto di lieve entità sulla base di una valutazione globale e non parziale degli elementi. In particolare, sono stati considerati decisivi:
* Le modalità di coltivazione: indicanti un’attività non estemporanea.
* La quantità dell’oggetto materiale: un totale di 30 piante, di cui una parte già in fase di essiccazione.
* Le dosi complessivamente ricavabili: stimate in oltre quattromila.
Secondo la Suprema Corte, la motivazione dei giudici di merito era congrua e logica, in linea con il principio consolidato secondo cui, per riconoscere la lieve entità, è necessario valutare congiuntamente sia gli aspetti dell’azione (mezzi, modalità, circostanze) sia quelli relativi all’oggetto del reato (quantità e qualità della sostanza).
L’Applicazione della Recidiva e la Pericolosità Sociale
Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Cassazione ha ricordato che l’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva facoltativa è un potere discrezionale del giudice. Tuttavia, tale potere deve essere esercitato con una motivazione adeguata, che dimostri come il nuovo reato sia espressione di una maggiore capacità a delinquere e pericolosità sociale del reo.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adempiuto a questo onere motivazionale evidenziando non solo i precedenti penali dell’imputato, ma anche:
* La natura omogenea dei reati precedenti (sempre in materia di stupefacenti).
* La gravità della nuova condotta illecita.
* La commissione di altri delitti della stessa specie anche dopo il fatto per cui si procedeva.
Questi elementi, nel loro insieme, comprovavano che il nuovo delitto non era un episodio isolato, ma l’espressione di una consolidata e accresciuta propensione a delinquere.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le censure mosse dall’imputato non evidenziavano reali vizi di legge o illogicità manifeste nella sentenza impugnata, ma si limitavano a sollecitare una nuova e diversa valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La decisione della Corte d’Appello era, secondo gli Ermellini, ben argomentata sia nel negare il fatto di lieve entità, sia nell’affermare la maggiore pericolosità sociale dell’imputato per giustificare la recidiva.
Conclusioni
Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: la qualificazione di un reato in materia di stupefacenti come fatto di lieve entità non può basarsi solo su un singolo elemento, come la quantità, ma richiede un’analisi complessiva di tutte le circostanze del caso. Allo stesso modo, l’applicazione della recidiva non è un automatismo legato ai precedenti penali, ma deve essere ancorata a una valutazione concreta della capacità a delinquere che il nuovo reato rivela. La decisione sottolinea l’importanza di una motivazione solida da parte dei giudici di merito per resistere al vaglio di legittimità.
Quando la coltivazione di stupefacenti non può essere considerata un fatto di lieve entità?
Non può essere considerata tale quando una valutazione complessiva degli elementi, come le modalità della condotta, la quantità significativa di sostanza (nel caso, 30 piante) e il numero elevato di dosi ricavabili (oltre quattromila), indica una gravità che supera la soglia della lieve entità.
Come deve motivare un giudice l’aumento di pena per la recidiva?
Il giudice deve fornire una motivazione adeguata che dimostri come il nuovo reato sia espressione di una maggiore capacità a delinquere e pericolosità sociale dell’imputato. Non basta elencare i precedenti, ma occorre valutare elementi come la loro natura omogenea, la gravità della nuova condotta e la commissione di altri reati simili.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende. Ciò avviene perché, in questi casi, non si possono escludere profili di colpa nella proposizione stessa del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1568 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1568 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BRINDISI il 27/04/1993
avverso la sentenza del 02/02/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che con un primo di ricorso si deduce violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 e vizio di motivazione e che con un secondo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 99 cod.pen. e vizio di motivazione.
Ritenuto che il primo motivo è manifestamente infondato. La Corte territoriale, all’esito di una valutazione globale del fatto, ha richiamato qual elementi ostativi alla riqualificazione del fatto nella meno grave ipotesi delittuosa di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, le modalità di coltivazione della marijuana, la quantità dell’oggetto materiale della condotta (20 piante in vaso e 10 già estirpate e messe a seccare) nonchè le dosi complessivamente ricavabili (oltre quattromila); la motivazione è congrua e non manifestamente illogica nonché in linea con il principio di diritto, secondo cui, ai fini del riconoscimento dell’ipotesi di minore gravità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l’azione -mezzi, modalità e circostanze della stessa-, sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato -quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa (Sez. Un. n. 51063 del 27/09/2018, Rv.274076; Sez. U n.51063 del 27/09/2018; Sez. un., 24 giugno 2010, n 35737, Rv.247911; Sez.4, n.6732 del 22/12/2011, dep.20/02/2012, Rv.251942; Sez.3, n. 23945 del 29/04/2015, Rv.263651, Sez.3, n.32695 del 27/03/2015,Rv.264490; Sez.3, n.32695 del 27/03/2015, Rv.264491).
Ritenuto che il secondo motivo è manifestamente infondato; va ricordato che l’applicazione dell’aumento di pena per effetto della recidiva facoltativa attiene all’esercizio di un potere discrezionale del giudice, del quale deve essere fornita adeguata motivazione, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo, conseguendo da ciò un preciso onere motivazionale da parte del giudice nell’ipotesi di aggravamento della pena per effetto della ritenuta recidiva (Sez.6, n.34702 del 16/07/2008, Rv.240706;Sez.5, n.46452 del 21/10/2008, Rv.242601; Sez.6, n.42363 del 25/09/2009, Rv.244855; Sez.6, n. 14550 del 15/03/2011, NOME COGNOME, Rv. 250039; Sez. 3, n.19170 del 17/12/2014, dep.08/05/2015, Rv.263464); nella specie, la Corte di appello ha compiutamente adempiuto all’onere motivazionale, rimarcando non solo i precedenti penali dell’imputato ma anche la natura omogenea degli stessi, nonchè la gravità della nuova condotta illecita e la commissione di delitti della stessa specie anche successivamente al reato oggetto di causa X circostanze tutte che comprovavano che il nuovo delitto commesso fosse espressione di una maggiore capacità a delinquere e pericolosità sociale dell’imputato.
Ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, c condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 06/12/2024