LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fatto di lieve entità: Cassazione su spaccio e quantità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per la detenzione di oltre 47 grammi di hashish, da cui si potevano ricavare 264 dosi. La Corte ha stabilito che la qualificazione di ‘fatto di lieve entità’ è esclusa non solo per la quantità, ma anche per gli elementi indicativi di professionalità dell’attività illecita, incompatibili con la nozione di minima offensività.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: Quando la Quantità di Droga Esclude lo Sconto di Pena

La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 5386/2024 offre un importante chiarimento sui criteri per definire un reato di spaccio come fatto di lieve entità. Questa decisione sottolinea come la valutazione non possa limitarsi al solo dato quantitativo dello stupefacente, ma debba considerare un quadro complessivo che include la professionalità e la capacità di diffusione dell’attività illecita. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso emblematico.

I Fatti del Caso

Il procedimento nasce dalla condanna di un individuo per la detenzione illecita di 47,5235 grammi di hashish. Un quantitativo che, secondo le analisi tecniche, sarebbe stato sufficiente per confezionare ben 264 dosi medie singole. Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano ritenuto l’imputato responsabile del reato di detenzione ai fini di spaccio.

La Difesa e la Richiesta di Riqualificazione per fatto di lieve entità

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale. Il punto centrale del ricorso era la richiesta di riqualificare il reato nell’ipotesi attenuata del fatto di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/90). Secondo la tesi difensiva, i giudici di merito non avrebbero motivato adeguatamente il diniego di tale attenuante.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La sentenza impugnata è stata giudicata correttamente motivata e immune da vizi logico-giuridici. I giudici di legittimità hanno confermato la valutazione della Corte d’Appello, che aveva escluso la possibilità di applicare l’attenuante sulla base di una serie di elementi concreti.

Le Motivazioni: Oltre la Semplice Quantità

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha rigettato la tesi della difesa. I giudici hanno chiarito che per negare la ricorrenza del fatto di lieve entità, la Corte d’Appello ha correttamente considerato una pluralità di fattori indicativi, che vanno oltre il mero peso della sostanza. Gli elementi decisivi sono stati:

1. Il numero rilevante di dosi: 264 dosi non sono state considerate una quantità trascurabile.
2. Le modalità della detenzione e delle cessioni: Le osservazioni della Polizia Giudiziaria avevano evidenziato un modus operandi che suggeriva un’attività organizzata e non occasionale.
3. La professionalità dell’attività illecita: L’insieme degli indizi ha delineato un quadro di professionalità nello spaccio.
4. La rilevante capacità di diffusione sul mercato: La condotta dell’imputato è stata ritenuta idonea a incidere significativamente sul mercato locale degli stupefacenti.

Questi elementi, valutati complessivamente, sono stati giudicati incompatibili con la nozione di “minima offensività” che caratterizza il fatto di lieve entità.

Le Conclusioni: I Limiti del Giudizio di Cassazione e le Implicazioni Pratiche

La Corte ha inoltre ribadito un principio fondamentale del processo penale: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Suprema Corte non può riesaminare i fatti o rivalutare le prove, compiti che spettano esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. Le doglianze della difesa, riguardando proprio la ricostruzione dei fatti e l’apprezzamento del materiale probatorio, sono state quindi ritenute inammissibili.

In conclusione, questa ordinanza conferma che la qualificazione di un reato di droga come fatto di lieve entità richiede una valutazione globale e approfondita. Il solo dato quantitativo, sebbene importante, non è l’unico parametro. Elementi come il numero di dosi ricavabili, le modalità operative e gli indici di professionalità sono fattori cruciali che possono portare un giudice a escludere l’applicazione dell’attenuante, anche a fronte di quantitativi non eccezionali.

Quando la detenzione di droga non può essere considerata un ‘fatto di lieve entità’?
Secondo la Corte, non si può parlare di fatto di lieve entità quando, oltre alla quantità, emergono elementi concreti che indicano la professionalità dell’attività illecita e una rilevante capacità di diffusione della sostanza sul mercato, aspetti incompatibili con il concetto di minima offensività.

Quali elementi valuta un giudice per escludere il fatto di lieve entità?
Un giudice valuta una serie di elementi nel loro complesso: il rilevante numero di dosi ricavabili dalla sostanza, le modalità di detenzione e di cessione osservate dalle forze dell’ordine e qualsiasi altro indicatore che suggerisca un’attività di spaccio professionale e non occasionale.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni della difesa non contestavano un errore di diritto, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di riesame è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non rientra nei poteri della Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati