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Fatto di lieve entità: Cassazione su spaccio e pena

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. La difesa chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità, ma la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che la presenza di un contesto organizzato, la continuità dell’attività e i quantitativi ceduti sono elementi sufficienti per escludere l’applicazione della pena ridotta.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità nello Spaccio: Quando Non Si Applica la Pena Ridotta

L’applicazione della norma sul fatto di lieve entità nel contesto dei reati di droga è uno dei temi più dibattuti nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8012/2025) offre un’importante occasione per chiarire i confini di questa attenuante, specificando quali elementi possono portare a escluderla anche in contesti di spaccio non ascrivibili alla grande criminalità organizzata. La Corte ha stabilito che una valutazione complessiva degli ‘indicatori di gravità’ è fondamentale e che la presenza di un’organizzazione minima, unita ad altri fattori, può giustificare una pena piena.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa aveva richiesto che il reato venisse riqualificato come fatto di lieve entità, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990), il che avrebbe comportato una pena significativamente più mite. La Corte di appello, decidendo come giudice di rinvio dopo un precedente annullamento della Cassazione per difetto di motivazione, aveva confermato la condanna senza concedere l’attenuante. L’imputato ha quindi presentato un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando che i giudici non si fossero attenuti ai principi di diritto indicati e che la motivazione fosse viziata.

I Criteri per Escludere il Fatto di Lieve Entità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato, e ha colto l’occasione per ribadire i criteri che guidano la valutazione del fatto di lieve entità. La decisione dei giudici di merito è stata considerata corretta perché basata su una serie di elementi concreti che, nel loro insieme, delineavano una condotta non meritevole del trattamento sanzionatorio più favorevole.

Nello specifico, sono stati valorizzati i seguenti indicatori:

Contesto Organizzato

L’attività di spaccio non era estemporanea o improvvisata, ma si svolgeva all’interno di un contesto strutturato. Gli elementi emersi includevano una villetta dotata di videocitofono usata come base operativa, la presenza di più persone con ruoli definiti (tra cui un ‘palo’ con funzioni di vedetta) e la disponibilità di materiale per il confezionamento delle dosi. Questi fattori indicano un livello di organizzazione che va oltre il ‘piccolo spaccio’ occasionale.

Quantità e Continuità

Un altro elemento decisivo è stato il dato ponderale delle sostanze, considerato alla luce sia dei quantitativi ceduti sia delle dichiarazioni degli acquirenti. A ciò si aggiungeva la continuità dell’attività di spaccio, che dimostrava una professionalità e una persistenza nel tempo incompatibili con la nozione di minima offensività penale.

L’Orientamento della Cassazione sul Fatto di Lieve Entità

L’ordinanza si allinea a un consolidato orientamento giurisprudenziale, incluse le pronunce delle Sezioni Unite. Il principio cardine è che il riconoscimento del fatto di lieve entità richiede una valutazione complessiva e globale di tutti gli indici previsti dalla norma: i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione, nonché la quantità e qualità delle sostanze. La giurisprudenza ha chiarito che, se anche uno solo di questi indici risulta ‘negativamente assorbente’, ovvero di gravità tale da escludere la lieve entità, ogni altra considerazione diventa irrilevante. Anche una ‘rudimentale organizzazione’, sebbene non ostativa di per sé, deve essere attentamente ponderata insieme agli altri elementi per determinare la reale portata dell’attività illecita.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha concluso che il ricorso era inammissibile perché i giudici del rinvio avevano correttamente adempiuto al loro dovere di motivazione. La sentenza impugnata non si era limitata a negare l’attenuante, ma aveva analiticamente esposto le ragioni per cui la condotta dell’imputato non poteva essere considerata di lieve entità. L’analisi si è basata su una valutazione complessiva degli elementi fattuali (organizzazione, mezzi, continuità, quantità), dimostrando che l’offensività della condotta superava la soglia minima richiesta dalla legge per l’applicazione del trattamento sanzionatorio più mite. Pertanto, non vi era alcuna violazione di legge né vizio di motivazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale: la qualificazione di un reato di spaccio come fatto di lieve entità non è un automatismo legato esclusivamente a bassi quantitativi. I giudici devono effettuare un’analisi a 360 gradi del caso concreto. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la difesa non può limitarsi a invocare la modesta quantità di droga, ma deve confrontarsi con tutti gli altri indicatori che possono rivelare una maggiore gravità del fatto, come la professionalità, l’organizzazione (anche minima) e la sistematicità della condotta. La decisione serve da monito, chiarendo che anche lo spaccio apparentemente ‘piccolo’ può essere punito severamente se inserito in un contesto che ne amplifica la pericolosità sociale.

Quando si può escludere il reato di ‘fatto di lieve entità’ nello spaccio di droga?
La qualifica di fatto di lieve entità può essere esclusa quando una valutazione complessiva della condotta rivela indici di particolare gravità. Elementi come un contesto organizzato (ad esempio, una base operativa fissa con vedette), la continuità dell’attività di spaccio e l’uso di materiale per il confezionamento possono, nel loro insieme, giustificare l’esclusione della pena ridotta, anche se i singoli quantitativi non sono eccezionali.

Un’organizzazione minima è sufficiente per negare la qualifica di ‘fatto di lieve entità’?
Da sola, un’organizzazione rudimentale non è automaticamente ostativa. Tuttavia, la sentenza chiarisce che essa deve essere valutata insieme a tutti gli altri parametri. Se la presenza di un’organizzazione, seppur basilare, si combina con altri elementi negativi, come la sistematicità delle cessioni o la natura delle sostanze, contribuisce in modo significativo a escludere la configurabilità del fatto di lieve entità.

Cosa deve fare il giudice per motivare correttamente la decisione sul ‘fatto di lieve entità’?
Il giudice deve effettuare un’analisi globale e logica di tutti gli indicatori previsti dalla legge: i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, oltre alla quantità e qualità della sostanza stupefacente. Non è sufficiente concentrarsi su un unico aspetto, ma è necessaria una valutazione complessiva dell’offensività penale della condotta per giustificare adeguatamente la concessione o il diniego dell’attenuante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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