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Fatto di lieve entità: Cassazione su spaccio droga

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. La richiesta di riqualificare il reato come fatto di lieve entità è stata respinta sulla base di una valutazione complessiva degli indici, quali l’ingente quantitativo di hashish (oltre 2 kg), l’elevato principio attivo, le modalità di detenzione e il possesso di un bilancino. Questi elementi, secondo la Corte, dimostrano una notevole potenzialità diffusiva e una sistematicità dell’attività, incompatibili con l’ipotesi del fatto di lieve entità.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: quando la quantità di droga esclude il reato minore?

La distinzione tra spaccio di stupefacenti e fatto di lieve entità è una delle questioni più dibattute nel diritto penale. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30481/2024, torna sul tema, chiarendo come una valutazione complessiva degli indici sintomatici sia cruciale per escludere l’ipotesi del reato minore, anche di fronte a un singolo episodio. L’analisi si concentra non solo sulla quantità, ma anche sulla sistematicità e sulla potenzialità offensiva della condotta.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di un soggetto da parte del Tribunale e successivamente della Corte d’Appello di Bologna per il reato previsto dall’art. 73, comma 1, D.P.R. 309/1990. La pena inflitta era di un anno, sei mesi e venti giorni di reclusione, oltre a ottomila euro di multa, con il beneficio della sospensione condizionale.

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:
1. La mancata riqualificazione del reato nell’ipotesi più lieve del fatto di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990).
2. L’eccessività del trattamento sanzionatorio applicato.

L’Analisi della Corte e il concetto di fatto di lieve entità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il cuore della pronuncia risiede nella corretta applicazione dei principi giurisprudenziali per la qualificazione del fatto.

La Corte ha ribadito, richiamando un precedente delle Sezioni Unite, che nessun elemento indicato dalla norma può avere, a priori, un carattere ostativo assoluto alla configurabilità del fatto lieve. La decisione deve scaturire da una valutazione complessiva, dove si verifica se gli indici “negativi” (come l’ingente quantità) siano neutralizzati da altri elementi.

Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che diversi fattori convergessero nell’escludere la lieve entità:
* Quantitativo: Oltre due chilogrammi di hashish.
* Principio attivo: Elevata concentrazione nella sostanza.
* Modalità operative: Particolari tecniche di detenzione, occultamento e suddivisione dello stupefacente.
* Strumenti: Il possesso di un bilancino di precisione.
* Coinvolgimento di terzi: La partecipazione di altri soggetti all’attività illecita.

Questi elementi, letti congiuntamente, delineavano un quadro di “notevole potenzialità diffusiva” e di un’attività di spaccio condotta in modo sistematico, incompatibile con la definizione di “piccolo spaccio” che caratterizza il fatto di lieve entità.

La Congruità della Pena

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo all’eccessività della pena, è stato respinto. La Cassazione ha ricordato che la determinazione della sanzione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. In questo caso, la pena era stata fissata vicino al minimo edittale, erano state concesse le attenuanti generiche nella massima estensione e, infine, era stata ulteriormente ridotta per via del rito processuale scelto. Pertanto, la sanzione è stata giudicata congrua e proporzionata, anche in considerazione della concessa sospensione condizionale.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda sull’impossibilità di considerare la fattispecie come di minima offensività. La valutazione analitica dei parametri previsti dall’art. 73, comma 5, ha fatto emergere un quadro probatorio solido. Il quantitativo di sostanza, l’alto principio attivo, le modalità organizzate di detenzione e il coinvolgimento di più persone sono stati considerati dati espressivi di un’attività non occasionale, ma sistematica e con una significativa capacità di diffusione sul mercato illegale. Di conseguenza, l’apparato argomentativo della Corte d’Appello è stato ritenuto logico e giuridicamente corretto, rendendo il ricorso privo di fondamento.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la qualificazione di un reato di spaccio come fatto di lieve entità non dipende da una valutazione astratta di un singolo elemento, come la quantità, ma da un giudizio globale e complessivo su tutti gli aspetti della condotta. Anche in presenza di un singolo episodio di detenzione, indici come la grande quantità, la strumentazione professionale e la collaborazione con altri soggetti possono rivelare una struttura organizzativa e una pericolosità sociale che esulano dalla minima offensività richiesta per l’applicazione della norma più favorevole.

Quali criteri vengono usati per escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità nello spaccio di droga?
La valutazione deve essere complessiva e considerare tutti gli indici previsti dalla norma. Nel caso specifico, sono stati determinanti l’ingente quantitativo di sostanza (oltre 2 kg di hashish), l’elevato principio attivo, le modalità di detenzione e occultamento, il possesso di un bilancino di precisione e il coinvolgimento di altre persone.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto la pena applicata congrua e non eccessiva?
La Corte ha stabilito che la pena era adeguata perché era stata calcolata partendo da una base vicina al minimo edittale, erano state applicate le attenuanti generiche nella massima estensione ed era stata ulteriormente ridotta per il rito processuale. Inoltre, era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Un ingente quantitativo di droga esclude automaticamente la qualificazione di fatto di lieve entità?
No, secondo la giurisprudenza citata, nessun elemento ha un carattere ostativo a priori. Tuttavia, un quantitativo molto elevato, se unito ad altri indici negativi (come la sistematicità dell’azione o l’uso di strumenti professionali), rende molto difficile qualificare il reato come di lieve entità, poiché indica una maggiore potenzialità diffusiva e offensività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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