Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30481 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30481 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/10/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna del 16 marzo 2023, con la quale NOME era stato condannato alla pena sospesa di anni uno, mesi sei, giorni venti di reclusione ed euro ottomila di multa in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990.
Il ricorrente, per mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto contestato nel reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e all’eccessività del trattamento sanzionatorio.
3. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo di ricorso proposto attiene ad un profilo già adeguatamente vagliato e disatteso con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
Va premesso che le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, non massimata sul punto) hanno precisato che, ai fini dell’operazione di qualificazione del fatto, non può essere attribuito agli elementi positivamente indicati nella norma incriminatrice un aprioristico significato negativo assorbente e, quindi, a priori ed in astratto, carattere ostativo alla qualificazione del fatto come di lieve entità, dovendo emergere, come detto, una siffatta conclusione dalla valutazione complessiva dello stesso e dalla riscontrata incapacità degli altri indici selezionati dal comma 5 dell’art. 73 di neutralizzarne la carica negativa. La fattispecie autonoma di cui al comma quinto cit. è così configurabile nelle ipotesi di cosiddetto piccolo spaccio, che si caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni limitati e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente – a dosi conteggiate a “decine” (Sez. 6, n. 15642 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263068).
La Corte di merito, pertanto, seguendo le indicazioni di questa Corte di legittimità, ha svolto un’analitica valutazione dei parametri richiamati espressamente dall’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, ed ha ritenuto che il quantitativo di sostanza stupefacente (oltre due kg di hashish), il principio attivo elevato contenuto nella stessa sostanza, le modalità di detenzione, occultamento e suddivisione dello stupefacente, il possesso di un bilancino di precisione nonché il coinvolgimento di altri soggetti fossero dati espressivi di una notevole potenzialità diffusiva dell’attività di spaccio effettuata in modo sistematico. Da tale apparato argomentativo emergono
con evidenza le ragioni dell’impossibilità di considerare la fattispecie di m offensività.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso, relativo all’entità eccessiva d pena irrogata, va premesso che la determinazione della misura della pena tr minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudic merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamen globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 4170 20/09/2004, Nuciforo, Rv. 230278). Inoltre, la pena applicata non è superiore quella edittale e, in relazione ad essa, non era dunque necessaria un’argomentazi più dettagliata da parte del giudice (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, 267949).Sul punto la Corte ha osservato, in conformità ai principi citati, trattamento sanzionatorio, improntato al minimo edittale con applicazione del attenuanti generiche nella massima estensione, ulteriormente ridotto per il rito del tutto congruo e proporzionato ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen., an considerazione della concessione del beneficio della sospensione condizionale del pena.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, c conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, no sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa del ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma il 10 luglio 2024.