Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22846 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22846 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
SENTENZA
sui ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/09/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti g!i atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
etta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricprso ette le cónclusioni del difensore, che si è riportato al ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia con la quale il 14/09/2022 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Noia aveva dichiarato COGNOME NOME responsabile del reato previsto dagli artt. 81, comma 2, cod. pen., 73, comma 1, e 73, commi 1 e 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 per avere illecitamente detenuto a fini di cessione a terzi cocaina del peso netto di gr.29,1983 pari a 158 dosi medie singole, quattro panetti di hashish del peso netto complessivo di gr.375,5 utile per il confezionamento di 4460 dosi medie singole, un panetto di hashish del peso di gr. 88,1738 utile per il confezionamento di 356 dosi medie singole, un panetto di hashish del peso di gr. 84,6068 utile per il confezionamento di 447 dosi medie singole, un panetto di hashish del peso di gr. 94,2303 utile per il confezionamento di 815 dosi medie singole nonché sostanza stupefacente del tipo marijuana del peso netto di gr. 0,5157 per il confezionamento di 4,79 dosi medie singole. In Pomigliano d’Arco il 26 aprile 2022.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per vizio di motivazione in ordine alla colpevolezza dell’imputato. Secondo la difesa, i giudici di appello si sono limitati a un sintetico riassunto della sentenza di primo grado omettendo di rispondere alle censure difensive, nelle quali si era evidenziato come gli agenti di polizia giudiziaria non avessero rinvenuto sostanza stupefacente suddivisa in dosi, né i potenziali acquirenti; il COGNOME si trovava in possesso di cocaina in quanto assuntore abituale mentre l’hashish era stato acquistato dietro richiesta di alcuni amici che ne facevano uso, senza alcun fine economico; le somme di denaro rinvenute dai carabinieri non sono state sequestrate in quanto il COGNOME ne ha dimostrato la lecita provenienza.
2.1. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione alla mancata qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, T.U. Stup. La difesa si lamenta del fatto che i giudici di appello abbiano valorizzato il solo dato quantitativo, in contrasto con quanto affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite COGNOME nella quale si è sottolineato come si debba fare riferimento alla capacità di azione del soggetto e alle sue relazioni con il mercato di riferimento, avuto riguardo all’entità della droga movimentata in un particolare lasso di tempo, alla rete organizzativa, al numero di assuntori riforniti, alle modalità adottate al fine di porre in essere determinate condotte illecite. La Corte di appello ha omesso di considerare che, all’esito della perquisizione, non siano stati rinvenuti elementi utili dei quali desumere una
stabile attività di spaccio, trattandosi di soggetto con una buona posizione economica, solito acquistare una cospicua quantità di sostanze stupefacenti per uso personale, e di persona incensurata.
2.2. Con il terzo motivo deduce mancanza della motivazione in ordine alla istanza di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. Sebbene la difesa avesse avanzato tale istanza come motivo di appello, la Corte territoriale ha omesso di esaminarla. La condotta del COGNOME è di particolare tenuità sia dal punto di vista oggettivo, in considerazione dell’occasionalità della condotta, sia dal punto di vista soggettivo, vista la non particolare intensità del dolo trattandosi di assuntore abituale di cocaina che deteneva l’hashish su richiesta degli amici, incensurato e che non presenta legami con associazioni camorristiche.
2.3. Con il quarto motivo deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio. La Corte di merito ha formulato solo un generico richiamo all’art. 133 cod. pen. evidenziando l’atteggiamento non collaborativo del prevenuto senza tenere conto dell’ammissione di responsabilità e dell’incensuratezza.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso propone una lettura alternativa del compendio istruttorio. La Corte territoriale ha valorizzato l’elevata quantità di sostanza stupefacente, l’idoneità di essa, in ragione del principio attivo, alla preparazione di un numero considerevole di dosi singole, la predisposizione di mezzi e strumenti e la disponibilità di denaro della cui provenienza il COGNOME, contrariamente a quanto sostenuto genericamente nel ricorso, non aveva offerto alcuna giustificazione. I giudici dell’appello hanno, inoltre, evidenziato l’assenza di prova certa in ordine alla condizione di assuntore sostenuta dall’imputato, così come l’assenza di prova della cessione gratuita agli amici di hashish e marijuana, genericamente allegata. Si tratta di una motivazione idonea a sostenere il giudizio di responsabilità dell’imputato, che non può essere superata dall’allegazione di una versione alternativa, inammissibile in questa sede. La fattispecie criminosa contestatagli non giustifica il sequestro del denaro posseduto dal detentore se non nei casi previsti dall’art.240 bis cod. pen. (Sez. 4, n. 20130 del 19/04/2022, NOME, Rv. 283248 – 01), per cui l’argomento speso in tal senso a dimostrazione dell’insussistenza del reato risulta inidoneo a
destrutturare il discorso giustificativo della conferma della condanna. La prova della finalità della detenzione alla cessione a terzi è stata, correttamente, desunta da una serie di elementi specifici idonei a superare il ragionevole dubbio che si trattasse di detenzione per uso personale o, come verbalmente sostenuto dall’imputato, per benevola e gratuita cessione ad amici.
Il secondo motivo di ricorso, oltre a riproporre una diversa lettura dei fatti, è aspecifico per mancanza di confronto con le ragioni espresse nelle conformi sentenze di merito. I giudici di merito hanno ritenuto ostativi alla qualificazione della condotta come fatto di lieve entità non solo la quantità di stupefacente ma anche il rinvenimento di strumenti idonei al successivo smistamento e la circostanza che parte della sostanza stupefacente fosse già pronta e conservata in uno zainetto di cui il COGNOME aveva provato a disfarsi, gettandola dal balcone di casa al momento dell’arrivo degli inquirenti. Il giudice di merito ha dunque svolto, in ossequio all’orientamento interpretativo sposato dalla Corte di RAGIONE_SOCIALEzione a Sezioni Unite (Sez. U, n.51063 del 27/09/2018, COGNOME, in motivazione), una valutazione «complessiva» del caso concreto per desumerne l’insussistenza degli indici della fattispecie di cui all’art.73, comma 5 d.P.R. n.309/1990. Con la citata sentenza, il massimo consesso della Corte di legittimità ha precisato che nella verifica occorre abbandonare l’idea che gli indici attinenti al valore ponderale, alle modalità del fatto, ai mezzi dell’azione ed alla pericolosità sociale della condotta possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, «riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri. Ma allo stesso tempo anche che tali indici non debbano tutti indistintamente avere segno positivo o negativo». Essendovi «la possibilità che tra gli stessi indici si instaurino rapporti d compensazione e neutralizzazione in grado di consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie in tal senso». Nel caso concreto, non risulta che i giudici di merito abbiano omesso una valutazione globale di tutti gli indici a disposizione. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato, posto che il reato per il quale si procede è punito con la pena minima di sei anni, ostativa all’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. Il giudice che proceda per una fattispecie di reato per la quale la legge non consente l’accesso alla causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. non è obbligato ad esplicitarne il diniego.
Con riguardo al trattamento sanzionatorio, il comportamento non collaborativo dell’imputato è stato ritenuto ostativo a una riduzione della pena, peraltro ritenuta dal giudice di appello già benevolmente ridotta dal giudice di primo grado con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la Corte territoriale ha spiegato le ragioni per le quali, indipendentemente dall’assenza di precedenti penali, le modalità della condotta e la gravità dei fatti non consentissero di accedere alla richiesta difensiva. Occorre, inoltre, sottolineare che la pena base è stata determinata in misura pari al minimo edittale e che, per costante orientamento giurisprudenziale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Conclusivamente, il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente deve essere condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 15 maggio 2024
estensore
Il Pres . ente