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Fatto di lieve entità: Cassazione su quantità droga

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La difesa chiedeva la riqualificazione del reato in fatto di lieve entità, ma la Corte ha ritenuto che l’ingente quantitativo di sostanza, idoneo a confezionare oltre 550 dosi, fosse un elemento decisivo per escludere tale ipotesi. La condanna è stata quindi confermata, con l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: La Quantità di Droga è Decisiva secondo la Cassazione

Nel diritto penale in materia di stupefacenti, la distinzione tra lo spaccio ‘comune’ e il fatto di lieve entità rappresenta un confine cruciale, con profonde differenze sul piano sanzionatorio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con forza come il dato quantitativo della sostanza detenuta sia un elemento preponderante, e spesso decisivo, per escludere l’ipotesi più lieve. Analizziamo insieme questa pronuncia per comprendere i criteri applicati dai giudici.

Il Caso: Ricorso contro una Condanna per Stupefacenti

Un individuo, precedentemente condannato in primo e secondo grado alla pena di un anno e sei mesi di reclusione e 4.000 euro di multa, ha presentato ricorso per Cassazione. La condanna originaria, emessa con rito abbreviato dal GUP del Tribunale di Lecce e confermata dalla Corte d’Appello locale, riguardava la detenzione di sostanze stupefacenti. L’imputato, attraverso il suo difensore, ha cercato di ottenere una revisione della sentenza basandosi su due principali motivi di impugnazione.

I Motivi del Ricorso: Riqualificazione e Dosimetria della Pena

Il ricorso si articolava su due fronti principali, entrambi volti a mitigare il trattamento sanzionatorio ricevuto.

La richiesta di riconoscimento del fatto di lieve entità

Il primo motivo contestava l’errata applicazione della legge e il vizio di motivazione per non aver riqualificato il reato nella fattispecie attenuata del fatto di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990. Secondo la difesa, le circostanze del caso avrebbero dovuto portare a una valutazione di minore gravità complessiva.

La contestazione sulla determinazione della pena

Con il secondo motivo, si lamentava un vizio di motivazione e un’erronea applicazione della legge riguardo alla dosimetria della pena, ovvero alla sua quantificazione. In particolare, si contestava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare un’ulteriore riduzione della condanna.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e Criterio Ponderale

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso interamente inammissibile, giudicando entrambi i motivi manifestamente infondati. Questa decisione non solo conferma le sentenze dei gradi precedenti ma stabilisce anche delle conseguenze economiche per il ricorrente, condannandolo al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Perché il ‘Fatto di Lieve Entità’ è Stato Escluso

La Corte ha fornito una spiegazione chiara e logica per la sua decisione. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente escluso la possibilità di qualificare il reato come fatto di lieve entità. L’elemento decisivo è stato il ‘dato ponderale non esiguo’ della sostanza sequestrata: essa era idonea a confezionare oltre 550 dosi medie singole. Una quantità così rilevante, secondo la consolidata giurisprudenza, è di per sé un indicatore di una certa gravità, incompatibile con la nozione di lieve entità. La valutazione della corte territoriale è stata ritenuta esente da vizi logici o giuridici.

Anche il secondo motivo è stato respinto. La mancata concessione delle attenuanti generiche è stata giustificata dall’assenza di elementi favorevoli all’imputato e, soprattutto, dalla presenza di una successiva condanna per violazioni della stessa normativa sugli stupefacenti. Questo elemento è stato considerato un indicatore negativo della personalità del reo, ostativo al riconoscimento di qualsiasi beneficio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di stupefacenti: il criterio quantitativo non è l’unico, ma assume un peso specifico enorme nella valutazione del fatto di lieve entità. Un quantitativo di droga che supera in modo significativo la soglia dell’uso personale e che permette la preparazione di centinaia di dosi rende estremamente difficile, se non impossibile, sostenere la tesi della minore gravità del reato. Inoltre, la pronuncia ricorda che un ricorso in Cassazione, se basato su motivi palesemente infondati, non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche significative conseguenze economiche per il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

Cosa rende un reato di detenzione di stupefacenti un ‘fatto di lieve entità’?
Un reato viene considerato di lieve entità quando il giudice, analizzando le modalità dell’azione, i mezzi usati, la qualità e soprattutto la quantità della sostanza, ritiene che la condotta sia complessivamente di minima offensività. Come dimostra questa ordinanza, una quantità di droga idonea a confezionare un numero elevato di dosi (in questo caso oltre 550) è un fattore determinante per escludere questa qualifica.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, come in questo caso per manifesta infondatezza, il ricorrente è condannato, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene fissato equitativamente dalla Corte stessa (qui stabilito in 3.000 euro).

Una condanna successiva ai fatti in giudizio può influenzare la decisione del giudice?
Sì. In questa ordinanza, la Corte ha confermato che la sussistenza di una condanna, anche se successiva ai fatti per cui si procede, può essere legittimamente considerata dal giudice come un elemento sfavorevole per negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche, in quanto indice della personalità e della propensione a delinquere dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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