Fatto di Lieve Entità: Quando la Professionalità Nello Spaccio Esclude l’Attenuante
L’ordinanza n. 36675/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui criteri per l’applicazione del fatto di lieve entità nel reato di spaccio di stupefacenti. La Suprema Corte ha confermato che la presenza di indici di professionalità, come la detenzione di diverse tipologie di droghe e un quantitativo rilevante, preclude il riconoscimento di questa fattispecie attenuata. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Bari, che lo aveva condannato per reati legati agli stupefacenti. La difesa dell’imputato aveva sollevato due questioni principali dinanzi alla Suprema Corte, sperando di ottenere un annullamento della condanna o, in subordine, una pena più mite.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorso si fondava su due argomenti principali:
1. Errata applicazione della legge penale: La difesa contestava la stessa affermazione della responsabilità penale, sostenendo che la motivazione della sentenza d’appello fosse carente e illogica.
2. Mancato riconoscimento del fatto di lieve entità: In via subordinata, si chiedeva di qualificare il reato secondo l’ipotesi più lieve prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, che comporta una sanzione notevolmente inferiore.
La Decisione della Cassazione e la Valutazione del Fatto di Lieve Entità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le doglianze. La decisione è particolarmente interessante per le argomentazioni relative al secondo punto, ovvero l’esclusione del fatto di lieve entità.
La Valutazione dei Fatti è Riservata al Giudice di Merito
Innanzitutto, la Corte ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: la Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare le prove o ricostruire i fatti, compiti che spettano esclusivamente al Tribunale e alla Corte d’Appello. Il primo motivo di ricorso è stato quindi respinto perché, di fatto, chiedeva alla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove, cosa non consentita dalla legge. La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse congrua e logica, e quindi non sindacabile in sede di legittimità.
Gli Indici della Professionalità Criminale
Per quanto riguarda la questione centrale, la Corte ha ritenuto corretta la decisione della Corte d’Appello di non applicare l’attenuante del fatto di lieve entità. La motivazione si basa su una valutazione complessiva della condotta dell’imputato, da cui emergevano chiari indicatori di una attività illecita non occasionale, ma professionale. Gli elementi considerati determinanti sono stati:
* Qualità diverse di stupefacenti: La detenzione di più tipi di droga è stata interpretata come un segno di un’offerta variegata, tipica di uno spacciatore strutturato.
* Quantitativo rilevante: La quantità di droga sequestrata è stata giudicata significativa.
* Modalità di detenzione: Le circostanze in cui la droga veniva conservata indicavano un’attività organizzata per la vendita.
Questi elementi, letti congiuntamente, hanno delineato un quadro di professionalità e una ‘significativa capacità di diffusione sul mercato degli stupefacenti’, incompatibile con la nozione di ‘minima offensività’ che caratterizza il fatto di lieve entità.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione è chiara: la qualificazione di un reato di spaccio come fatto di lieve entità non può basarsi su un singolo elemento, ma richiede una valutazione globale di tutti gli aspetti della condotta. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato una serie di indici (pluralità di sostanze, quantità, modalità di conservazione) che, nel loro insieme, rivelavano un’attività criminale strutturata e non meramente sporadica. Secondo la Corte, questa analisi era stata condotta in modo logico e completo, giustificando pienamente l’esclusione della fattispecie attenuata. La decisione ribadisce che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti, ma deve limitarsi a controllare la corretta applicazione della legge.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Ai fini del riconoscimento del fatto di lieve entità, non è sufficiente che il quantitativo di droga non sia eccezionalmente elevato. È necessario che l’intera condotta dell’agente, comprese le modalità operative e la varietà delle sostanze, dimostri una ridotta offensività. La presenza di elementi che suggeriscono professionalità e una certa capacità di incidere sul mercato dello spaccio costituisce un ostacolo insormontabile per l’applicazione di questa norma di favore, destinata a punire condotte marginali nel panorama del traffico di stupefacenti.
Perché la Corte di Cassazione ha escluso la qualificazione del fatto di lieve entità in questo caso?
La Corte lo ha escluso perché diversi elementi, valutati insieme (possesso di diverse tipologie di droga, quantitativo rilevante e modalità di detenzione), indicavano una professionalità nell’attività illecita e una significativa capacità di diffusione sul mercato, considerate incompatibili con la minima offensività richiesta dalla norma.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No. La Cassazione, in qualità di giudice di legittimità, non può riesaminare le prove o ricostruire i fatti. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La decisione impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36675 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36675 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN GIOVANNI ROTONDO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/03/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso proposto da NOME a mezzo del difensore.
Rilevato che la difesa ha articolato i seguenti motivi di ricorso: 1. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, carenza ed illogicità della motivazione con riferimento all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato; 2. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, carenza e contraddittorietà della motivazione con riferimento al mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90.
Vista la memoria depositata nell’interesse del ricorrente, in cui la difesa, riportandosi ai motivi di doglianza, insiste per la rimessione del ricorso alla sezione ordinaria, sostenendo la non condivisibilità delle ragioni d’inammissibilità esplicitate in sede di esame preliminare.
Considerato che la doglianza in cui si contesta l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato non rientra nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette, come nel presente caso, da motivazione congrua, idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum.
Considerato che la Corte di merito ha offerto congrua motivazione con riferimento alla mancata qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90: attingendo correttamente a tutti i dati probatori disponibili ed effettuando una valutazione complessiva della condotta dell’imputato, ha negato la ricorrenza della fattispecie di lieve entità sulla base di una serie di elementi (detenzione di qualità diverse di stupefacenti, quantitativo rilevante, modalità di detenzione) indicativi della professionalità dell’attività illecita cui era dedi l’imputato e della significativa capacità di diffusione sul mercato degli stupefacenti non compatibile con la nozione della minima offensività.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre- 2024
Il Consigliere estensore