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Fatto di lieve entità: Cassazione e criteri di valutazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. Si ribadisce che per qualificare un reato come fatto di lieve entità non basta il solo dato quantitativo della sostanza, ma occorre una valutazione complessiva di tutti gli elementi del caso, come già stabilito dalle Sezioni Unite.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: Non Basta la Quantità, Conta il Contesto

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale degli stupefacenti: la qualificazione del fatto di lieve entità. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: per determinare se un reato legato alla droga sia di lieve entità, il giudice non può limitarsi a considerare la sola quantità di sostanza sequestrata, ma deve compiere una valutazione globale che tenga conto di tutti gli elementi concreti del caso.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, per un reato previsto dall’art. 73 del Testo Unico sugli Stupefacenti (D.P.R. 309/90), aggravato da recidiva specifica e infraquinquennale. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Errata qualificazione giuridica: Si contestava la mancata applicazione dell’ipotesi attenuata del fatto di lieve entità, prevista dal comma 5 dello stesso articolo 73.
2. Vizio nella determinazione della pena: Si lamentava una violazione di legge e un difetto di motivazione riguardo alla quantificazione della sanzione inflitta.

La Valutazione del Fatto di Lieve Entità secondo la Cassazione

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi del primo motivo di ricorso. La Suprema Corte lo ha giudicato manifestamente infondato, allineandosi pienamente con la decisione della Corte d’Appello. I giudici di merito avevano correttamente escluso la lieve entità del fatto basandosi su una pluralità di elementi negativi, che andavano oltre il semplice “dato ponderale” (la quantità di droga).

Questa impostazione è conforme ai principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 51063/2018), le quali hanno chiarito che la valutazione sulla lieve entità deve essere “globale e complessiva”. Devono essere presi in considerazione tutti gli indici rilevanti, come le modalità dell’azione, la qualità e la quantità della sostanza, i mezzi usati e qualsiasi altra circostanza specifica del caso.

La Decisione sui Motivi di Ricorso

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile in toto.

* Sul primo motivo, come detto, è stato evidenziato che la censura non superava il vaglio di ammissibilità perché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata e in linea con la giurisprudenza consolidata, attribuendo un rilievo negativo a molteplici aspetti caratterizzanti la condotta dell’imputato.

* Sul secondo motivo, relativo alla pena, la Cassazione lo ha parimenti ritenuto inammissibile. Il ricorso era privo di un adeguato confronto con le argomentazioni della sentenza impugnata e, in ogni caso, la pena applicata era già al minimo previsto dalla legge per quel tipo di reato, rendendo la doglianza priva di fondamento.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla manifesta infondatezza e sulla genericità dei motivi proposti. Il ricorrente non è riuscito a contestare efficacemente la logica e la coerenza della sentenza di appello. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice di legittimità: il suo compito non è rivalutare i fatti, ma verificare che le norme di legge e di procedura siano state applicate correttamente. In questo caso, i giudici di merito hanno seguito pedissequamente i principi giurisprudenziali più autorevoli in materia di fatto di lieve entità, rendendo il ricorso privo di possibilità di accoglimento.

Conclusioni

L’ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. La qualificazione di un reato di spaccio come fatto di lieve entità non è un automatismo legato a soglie quantitative, ma il risultato di un’analisi approfondita e contestualizzata dell’intera vicenda. La decisione della Corte d’Appello, che ha valorizzato una serie di elementi negativi oltre alla quantità, è stata ritenuta immune da vizi. La conseguenza processuale dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, come previsto dalla legge quando non sussistono ragioni per esonerarlo.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti manifestamente infondati. In particolare, la richiesta di qualificare il reato come fatto di lieve entità non teneva conto della valutazione complessiva degli elementi negativi fatta dal giudice di appello, e la censura sulla pena era generica e si riferiva a una sanzione già fissata al minimo edittale.

Quali sono i criteri per riconoscere un fatto di lieve entità in materia di stupefacenti?
Per riconoscere un fatto di lieve entità, il giudice non deve considerare solo il dato quantitativo (la quantità di droga), ma deve effettuare una valutazione globale di tutti gli elementi del caso. Ciò include le modalità dell’azione, la qualità della sostanza, i mezzi impiegati e altre circostanze concrete che nel loro insieme indichino una minima offensività della condotta.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza impugnata diventi definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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