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Fatto di lieve entità: Cassazione e concorso di persone

La Cassazione analizza un caso di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, annullando alcune condanne. Si stabilisce che il contributo marginale e isolato di un concorrente può essere qualificato come fatto di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90), anche se l’attività principale del gruppo è grave. La sentenza chiarisce i criteri per la valutazione differenziata delle condotte nel concorso di persone.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità nel narcotraffico: quando il ruolo marginale cambia il reato

In un contesto di criminalità organizzata, è possibile che il contributo di un singolo partecipe a un grave reato di narcotraffico sia considerato un fatto di lieve entità? A questa domanda ha dato una risposta affermativa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9156 del 2024, delineando importanti principi sulla valutazione differenziata delle responsabilità nel concorso di persone. La pronuncia offre una chiara distinzione tra i ruoli apicali di un’associazione criminale e le condotte marginali ed episodiche di soggetti secondari.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un’ampia indagine su un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, operante in diverse province. Numerosi soggetti sono stati condannati in primo e secondo grado per reati che andavano dalla partecipazione all’associazione armata (art. 74 D.P.R. 309/90) a singoli episodi di spaccio (art. 73 D.P.R. 309/90), detenzione di armi e altri delitti. Diciotto di loro hanno proposto ricorso per Cassazione, lamentando vari vizi nelle sentenze di merito.

Tra le posizioni esaminate, spiccavano quelle di due donne, il cui coinvolgimento appariva circoscritto a singoli e specifici episodi. La prima era accusata di aver detenuto un imprecisato ma ridotto quantitativo di cocaina, descritto come ‘un ovetto kinder’, agendo su richiesta del convivente, figura di spicco dell’organizzazione. La seconda, invece, era stata coinvolta nella cessione di una dose di droga per un valore di venti euro. Per entrambe, le difese chiedevano la riqualificazione del reato nell’ipotesi del fatto di lieve entità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha adottato decisioni molto diverse a seconda dei ricorrenti, dimostrando un’analisi attenta e individualizzata di ogni posizione.

Per la maggior parte degli imputati, i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili in quanto generici, volti a una rivalutazione del merito non consentita in sede di legittimità, o perché basati su motivi a cui i ricorrenti avevano implicitamente rinunciato in appello.

Tuttavia, per le due donne coinvolte in episodi marginali, la Corte ha accolto i ricorsi. Ha annullato le sentenze di condanna, riqualificando i reati contestati come fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90. Di conseguenza, ha rinviato gli atti alla Corte di Appello per la sola rideterminazione della pena, ormai da calibrare su una fattispecie di reato molto meno grave.

Anche la posizione di un altro imputato, accusato di aver partecipato a un’importante operazione di importazione di droga, è stata riesaminata. La Corte ha riscontrato un vizio di motivazione nella sentenza d’appello, che non aveva chiarito adeguatamente il suo contributo concorsuale, e ha annullato la condanna con rinvio per un nuovo giudizio di merito.

Le Motivazioni sul Fatto di Lieve Entità

Il cuore della sentenza risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha giustificato l’applicazione dell’ipotesi del fatto di lieve entità. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale, recentemente confermato dalle Sezioni Unite: nel concorso di persone, il medesimo fatto storico può essere diversamente qualificato per i vari concorrenti. Un reato che per l’organizzatore è certamente grave, può essere considerato di lieve entità per chi ha fornito un contributo minimo e isolato.

Per la Corte, la valutazione deve essere complessiva e deve tenere conto di tutti gli indici previsti dalla norma: i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la qualità e quantità della sostanza. Nel caso specifico delle due ricorrenti, il loro coinvolgimento si era esaurito in un unico episodio, con un quantitativo di droga ridotto e un ruolo del tutto secondario rispetto all’attività dell’organizzazione criminale. Questi elementi, secondo la Cassazione, integravano pienamente i requisiti della lieve entità, rendendo sproporzionata una condanna per il reato ordinario di spaccio.

Le Conclusioni

La sentenza n. 9156/2024 si pone come un’importante conferma dell’approccio individualizzante che deve guidare il giudizio penale, specialmente nei processi con molti imputati. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due:

1. La responsabilità penale è personale: Anche all’interno di un’associazione criminale complessa, ogni condotta deve essere analizzata singolarmente. Non si può essere condannati per un reato grave solo per ‘contiguità’ con i capi, se il proprio apporto è stato oggettivamente marginale.
2. Il ‘fatto di lieve entità’ è uno strumento di equità: Questa fattispecie permette al sistema giudiziario di differenziare e commisurare la pena in modo più giusto, evitando che condotte di minima offensività siano punite con la stessa severità riservata ai grandi trafficanti.

In definitiva, la Corte di Cassazione ha rafforzato un principio di civiltà giuridica, assicurando che la valutazione del giudice sia sempre ancorata alla concretezza del singolo contributo e non a generalizzazioni basate sul contesto criminale.

È possibile qualificare la condotta di un partecipe a un reato di narcotraffico come fatto di lieve entità se l’associazione criminale opera su larga scala?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la valutazione deve essere effettuata sulla base del contributo specifico del singolo concorrente. Una condotta isolata e marginale, come la detenzione o cessione di una piccola quantità di droga in una sola occasione, può essere qualificata come fatto di lieve entità, anche se inserita nell’ambito di una più vasta e grave operazione criminale.

Cosa distingue un ricorso inammissibile da uno accolto in Cassazione in questo caso?
Un ricorso è stato ritenuto inammissibile quando si è limitato a contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito (critica non permessa in Cassazione), quando è risultato generico, o quando ha sollevato questioni a cui la parte aveva rinunciato in appello. I ricorsi sono stati accolti quando hanno evidenziato un errore di diritto, come la mancata applicazione della norma sul fatto di lieve entità a fronte di presupposti evidenti, o un vizio logico nella motivazione della sentenza impugnata.

La rinuncia ai motivi di appello che contestano la colpevolezza che effetto ha sulle circostanze aggravanti?
Secondo la giurisprudenza consolidata citata nella sentenza, la rinuncia ai motivi di appello principali, che mirano all’assoluzione, comporta anche la rinuncia a contestare le circostanze aggravanti e la qualificazione giuridica del reato. Questi elementi sono considerati punti autonomi della decisione, legati all’affermazione di colpevolezza, e non alla sola determinazione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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