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Fatto di lieve entità: Cassazione chiarisce i criteri

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15571/2025, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di tre imputati contro la mancata applicazione della circostanza del fatto di lieve entità in un caso di stupefacenti. La Corte ha ritenuto i motivi generici, confermando la decisione della Corte d’Appello basata sulla professionalità, l’organizzazione, la quantità e la diversità delle sostanze. La valutazione per il riconoscimento del fatto di lieve entità deve essere sempre complessiva.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: I Criteri di Valutazione Secondo la Cassazione

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 15571 del 2025, offre un importante chiarimento sui criteri per il riconoscimento del fatto di lieve entità nei reati legati agli stupefacenti, come previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90. Questa pronuncia ribadisce la necessità di una valutazione complessiva da parte del giudice, che non può limitarsi a un singolo aspetto della condotta, ma deve considerare tutti gli indici previsti dalla norma.

Il Contesto del Ricorso: Negato il Riconoscimento del Fatto di Lieve Entità

Tre individui ricorrevano in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello di Catania, che aveva confermato la loro condanna per reati in materia di stupefacenti. Il punto centrale del loro ricorso era la contestazione del mancato riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di lieve entità. Sostenevano che la Corte territoriale avesse errato nel valutare la loro condotta, chiedendo una riconsiderazione che portasse a una pena più mite.

I ricorrenti, attraverso il loro difensore, lamentavano un vizio di motivazione e una violazione di legge, ritenendo che le circostanze del caso concreto rientrassero nella fattispecie di minima offensività penale.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorsi Inammissibili

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi proposti manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. Secondo gli Ermellini, i motivi presentati erano del tutto generici e assertivi, non riuscendo a confrontarsi adeguatamente con la solida motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima, infatti, era stata giudicata logica, congrua e corretta in punto di diritto, e quindi immune da vizi di legittimità.

La Valutazione Complessiva per il Fatto di Lieve Entità

Il cuore della decisione risiede nel principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la valutazione per riconoscere il fatto di lieve entità deve essere globale. Non è sufficiente che un solo parametro (ad esempio, una quantità non enorme di droga) sia favorevole all’imputato. Il giudice deve considerare un insieme di fattori, tra cui:

* Dato qualitativo e quantitativo: La tipologia e la quantità delle sostanze.
* Mezzi, modalità e circostanze dell’azione: Il livello di organizzazione, la professionalità dimostrata, l’eventuale uso di strumenti per il confezionamento o lo spaccio.

La Corte ha sottolineato come anche un solo indice negativo, se particolarmente rilevante, possa essere sufficiente a escludere la lieve entità, rendendo irrilevanti gli altri fattori.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto ineccepibile il ragionamento dei giudici di merito. La Corte d’Appello aveva ampiamente motivato la sua decisione di escludere l’attenuante, evidenziando elementi specifici che deponevano per una gravità non trascurabile dei fatti. In particolare, erano state considerate le modalità della condotta, che suggerivano un’attività svolta con professionalità, il grado di organizzazione, il dato ponderale non modesto e la diversa tipologia delle sostanze sequestrate. I ricorrenti, nelle loro impugnazioni, non hanno saputo contrapporre argomentazioni specifiche e pertinenti in grado di scalfire la logicità di tale valutazione. La Suprema Corte, richiamando consolidati principi espressi anche dalle Sezioni Unite, ha confermato che la fattispecie del fatto di lieve entità può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale, desumibile da una valutazione complessiva di tutti i parametri indicati dalla legge. Di fronte a una motivazione completa e coerente da parte del giudice di merito, come nel caso di specie, il ricorso che si limita a una generica contestazione risulta inevitabilmente inammissibile.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma un principio fondamentale: l’accesso alla circostanza attenuante del fatto di lieve entità non è automatico ma è il risultato di un giudizio complesso e ponderato. La decisione della Cassazione serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici e non meramente assertivi, che si confrontino puntualmente con le motivazioni della sentenza impugnata. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, emerge chiaramente che per sperare nel riconoscimento di questa attenuante, è necessario che l’intera condotta, analizzata sotto ogni profilo, dimostri una minima offensività. La professionalità nell’esecuzione del reato o un’organizzazione strutturata sono elementi che, anche a fronte di quantitativi non eccezionali, possono legittimamente portare all’esclusione del beneficio.

Quando può essere riconosciuto il fatto di lieve entità nei reati di droga?
Può essere riconosciuto solo nell’ipotesi di minima offensività penale della condotta. Questa viene desunta da una valutazione complessiva che considera sia il dato qualitativo e quantitativo della sostanza, sia gli altri parametri indicati dalla legge, come i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione.

Perché i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili dalla Cassazione?
I ricorsi sono stati giudicati inammissibili perché manifestamente infondati, assolutamente privi di specificità e del tutto assertivi. Gli imputati non si sono confrontati adeguatamente con la motivazione della Corte di Appello, che era stata ritenuta logica, congrua e corretta.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro ciascuno) in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi un’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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