Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22658 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22658 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a Rocca di Cambio il 26/06/1948; NOME COGNOME nata a L’Aquila il 17/04/1972; COGNOME NOME nata a L’Aquila 1’11/07/1991; COGNOME NOME nata a L’Aquila il 17/10/1985; NOME COGNOME nato in Brasile il 16/12/1977; NOME nata a l’Aquila il 03/12/1970; COGNOME NOME nata a L’Aquila il 13/03/1984;
avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila del 23/09/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria, rassegnata ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen., dal Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto di tutti i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza pronunciata il giorno 29 novembre 2022 il Tribunale di L’Aquila, in composizione monocratica, dichiarava NOME COGNOME responsabile del reato previsto dall’art. 452 cod. pen., in relazione all’art. 443 cod. pen., e lo condannava alla pena (sospesa) di mesi quattro di reclusione ed euro 400,00 di multa; inoltre, il Tribunale dichiarava NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili del reato di cui all’art. 443 cod. pen. e li condannava, ciascuno, alla pena (sospesa) di mesi otto di reclusione ed euro 800,00 di multa.
1.1. In particolare, a NOME COGNOME era contestato il reato di cui all’art. 452, in relazione all’art. 443 cod. pen., perché – quale responsabile delle attività sanitarie presso la RSA INDIRIZZO di Scoppito – per colpa consistita in negligenza (omesso controllo) deteneva per la somministrazione ad una paziente, ivi ricoverata, sia presso l’armadio dei farmaci della medicheria della RSA che all’interno del carrello terapie, due confezioni del farmaco ‘Duloxetina Teva Italia’ 60 mg in capsule, con scadenza al 31 gennaio 2018. Fatto avvenuto in Scoppito (L’Aquila) nel mese di febbraio 2018. Agli altri imputati, invece, era contestato il reato di cui agli artt. 81 e 443 cod. pen. perché – quali infermieri presso la RSA INDIRIZZO di Scoppito (L’Aquila) – avevano somministrato (nelle date, per ciascuno di essi, indicate nella rubrica) alla medesima paziente, il farmaco ‘Duloxetina Teva Italia’ 60 mg in capsule, scaduto nel gennaio 2018. Fatti avvenuti dal 1° al 21 febbraio 2018, come specificatamente indicato nel capo di imputazione rispetto ad ognuno degli imputati.
1.2. Con la sentenza riportata in epigrafe la Corte di appello di L’Aquila, investita dei gravami di tutti gli imputati, ha integralmente confermato la decisione di primo grado, ritenendo infondate tutte le censure sollevate dagli appellanti.
Avverso detta sentenza gli imputati hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, i cui motivi sono di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp att. cod. proc. pen., insistendo per il suo annullamento.
NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha affidato il proprio ricorso a cinque motivi.
3.1. Con il primo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., la violazione del principio di tassatività, di legalità e del divieto interpretazione estensiva ed analogica delle norme incriminatrici, nonché il vizio di omessa motivazione; al riguardo osserva che la condotta a lui contestata non trova collocazione nell’ordinamento come delitto consumato, ma che ciò nonostante egli è stato riconosciuto responsabile di quanto contestatogli.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., la violazione del principio di tipicità ed offensività ed il vizio di motivazione omessa e carente rispetto alla contestata pericolosità del farmaco scaduto, confermata dalla Corte territoriale in forza di presunzione assoluta senza che fosse svolto un effettivo accertamento tecnico al riguardo.
3.3. Con il terzo motivo l’imputato si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., della violazione dell’art. 521 del codice di rito per avere la Corte territoriale dichiarato responsabile NOME COGNOME di avere colposamente violato gli obblighi di sorveglianza a lui incombenti in materia di somministrazione di farmaci, e quindi per un fatto differente rispetto a quello indicato nel capo di imputazione che, invece, ipotizzava la mera detenzione finalizzata alla somministrazione.
3.4. Con il quarto motivo NOME COGNOME lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione erronea, illogica e contraddittoria con riferimento alla pena comminata a seguito della modificazione della condotta contestata che avrebbe dovuto comportare necessariamente l’applicazione dell’art. 81 cod. pen. atteso che il reato colposo si sarebbe protratto per circa venti giorni.
3.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. la violazione del principio di legalità per avere la Corte territoriale ritenuto il suo concorso a titolo di colpa rispetto ad un reato commesso dagli altri imputati con dolo generico; inoltre, il Colorizio osserva che non vi è alcuna norma che gli imponeva – quale responsabile medico della RSA – di controllare la scadenza dei medicinali presenti nei reparti.
NOME COGNOME per mezzo degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ha affidato la propria impugnazione ad un unico ed articolato motivo.
L’imputata si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. della manifesta illogicità della motivazione per avere ritenuto provata la somministrazione del farmaco scaduto, nonostante quanto riferito dai testi COGNOME COGNOME e dalla dott.ssa NOME COGNOMEche ricopriva funzioni ispettive nell’ambito della sopra indicata RSA) circa il fatto che il 20 febbraio 2018 (vale a dire due giorni prima dell’accesso dei Nucleo Anti Sofisticazione (NAS) dei Carabinieri di Pescara, come confermato anche dalla relativa bolla di accompagnamento) era stato consegnato il farmaco con scadenza agosto 2018 e che la confezione presente nel carrello dei farmaci, all’atto dell’accesso della polizia giudiziaria, riportava proprio l’indicazione ‘Agosto 2018’ scritta con pennarello nero.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME hanno affidato il loro ricorso ad un unico ed articolato motivo.
I ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione per essere stata ritenuta provata la loro responsabilità rispetto alla somministrazione del farmaco scaduto sulla base della testimonianza resa dall’ispettore COGNOME dei NAS, senza tenere conto in alcun modo di quanto riferito in sede testimoniale dai testi COGNOME e COGNOME rispetto al fatto che la confezione presente nel carrello, all’atto dell’intervento dei Carabinieri, riportava la scadenza ‘Agosto 2018’ e che NOME COGNOME (medico responsabile delle attività ispettive della RSA) aveva confermato che il farmaco con la scadenza sopra indicata era stato consegnato il 20 febbraio 2018, vale a dire due giorni prima dell’accesso dei NAS (come confermato dalla bolla di accompagnamento esibita nel corso del giudizio di primo grado). Gli imputati, inoltre, evidenziano che non vi è conferma dell’avvenuta somministrazione del farmaco alla paziente sopra indicata e che, come riferito dai vari testimoni esaminati, l’armadietto che conteneva i farmaci non era chiuso a chiave e che, quindi, chiunque avrebbe potu – tóraTinterno la confezione già scaduta, tenuto conto che l’intervento dei NAS aveva avuto origine da un esposto anonimo.
Il procedimento si è svolto in modalità cartolare non essendo stata presentata, nei termini di legge, richiesta di trattazione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Anzitutto, sulla base dell’istruttoria dibattimentale e del verbale di sequestro, i fatti sono stati ricostruiti da entrambigudici del merito nei seguenti termini. Il giorno 22 febbraio 2018 veniva effettuata dai NAS dei Carabinieri di Pescara una ispezione presso la RSA INDIRIZZO sita in Scoppito (L’Aquila); in particolare, al secondo piano della struttura i militari dell’Arma avevano rinvenuto nel carrello delle terapie e nell’armadio della infermeria due scatole del farmaco ‘Duloxetina Teva Italia’ 60 mg (indicato nelle schede di somministrazione con il nome griffato di ‘Cymbalta’) in capsule scaduto il 10 febbraio 2018, di cui una parzialmente utilizzata sita nel2anzidetto carrello e l’altra (integra) all’interno de citato armadio (entrambe le confezioni venivano sequestrate). In particolare, la scatola integra era composta da quattro blisters (contenente sette compresse ciascuno, per un totale di ventotto), mentre quella nel carrello aveva solo due blisters di cui uno vuoto ed uno integro (quindi con sette compresse residue).
1.1. Dopo avere contattato la responsabile del presidio ospedaliero (dott.ssa NOME COGNOME, gli ispettori dei NAS avevano accertato che l’armadio dei farmaci non era chiuso e che il ‘Cymbalta’ veniva somministrato unicamente ad una paziente; sulla relativa scatola era scritta la data di scadenza con un pennarello nero. A seguito dell’esame delle relative schede, gli operanti avevano identificato gli infermieri che – dal 10 al 21 febbraio 2018 alle ore 20:00 – avevano somministrato il farmaco scaduto alla paziente e li identificavano, appunto, in NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
1.2. Con riferimento alla posizione di NOME COGNOME l’ispettore dei NAS NOME COGNOME in sede di esame testimoniale, aveva precisato che aveva apposto la firma sulle schede della terapia somministrata alla paziente ed aveva escluso la presenza di altre confezioni del farmaco in questione, tanto che successivamente al sequestro lo stesso era stato richiesto ad un’altra struttura sanitaria.
1.3. In forza di tali elementi, complessivamente valutati, la Corte territoriale ha confermato il giudizio di penale responsabilità a carico degli imputati; in particolare, con riferimento alla posizione degli infermieri NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ha considerato provata da parte loro, nel periodo intercorso tra il 1° ed il 21 febbraio 2018, la somministrazione delle ventuno compresse del farmaco scaduto alla paziente sopra indicata, poiché essa risultava dalle relative schede di somministrazione peraltro non contestate dagli imputati. Rispetto alla posizione di NOME COGNOME invece, la Corte di appello ha osservato che egli (quale responsabile medico della RSA e della somministrazione dei farmaci) aveva colposamente violato gli obblighi di sorveglianza che incombevano su di lui.
1.4. La Corte distrettuale, come già il Tribunale, ha ritenuto che nella ipotesi di farmaco scaduto sussista una presunzione assoluta di pericolosità.
Ciò posto, con riferimento alla impugnazione proposta nell’interesse di NOME COGNOME si osserva che essa è fondata nei termini appresso indicati.
2.1. In particolare, il Tribunale aveva condannato il Colorizio per non avere vigilato sulla validità del farmaco che veniva somministrato alla paziente, ossia imputandogli l’inosservanza degli obblighi di sorveglianza in materia di somministrazione dei farmaci; la Corte di appello, interpretando il capo di imputazione in modo coerente con la portata della condanna del primo giudice, ha confermato quest’ultima decisione, in punto di inosservanza degli obblighi di vigilanza sulla scadenza.
In definitiva, sebbene nel capo di imputazione si parli anche di detenzione per la somministrazione, del tutto ragionevolmente già il giudice di primo grado, concentrandosi sull’addebito, anch’esso esplicitato nella contestazione, della condotta colposa consistita in negligenza (omesso controllo) che aveva sorretto siffatta detenzione, ha condannato il responsabile sanitario per non avere vigilato sulla validità del farmaco che veniva somministrato alla paziente, imputandogli l’inosservanza degli obblighi di sorveglianza in materia di somministrazione dei farmaci.
Orbene, poiché i farmaci erano conservati in un armadietto prima di essere predisposti nel carrello, deve escludersi la radicale immutazione (lamentata dal ricorrente con il primo ed il terzo motivo) del fatto contestato rispetto a quello attribuito, posto che il fulcro della contestazione verte, si ripete, sull’omesso controllo – che si assume doveroso da parte del Colorizio – della data di scadenza dei farmaci che venivano poi consegnati agli infermieri.
Per completezza (posto che, come detto, la condanna corrisponde ad una lettura complessiva del capo di imputazione), va, peraltro aggiunto che, ai fini della valutazione della corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all’art. 521 cod. proc. pen., deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione (ex multis, v. Sez. 3, n. 15655 del 27/02/2008, COGNOME, Rv. 239866 – 01; Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013, Di, Rv. 257278 – 01)
Sono, pertanto, del tutto fuori fuoco i rilievi, anch’essi svolti nel primo motivo, con i quali si ribadisce – in termini condivisi dal Collegio, ma privi di correlazione con la concreta portata della statuizione di condanna – che la detenzione a fini di somministrazione non è configurabile come reato ai sensi dell’art. 443 cod. pen. (v. Sez. 1, n. 24704 del 26/02/2015, Appio, Rv. 263923-01; in termini: Sez. 4, n. 9359 del 30/06/2000, COGNOME, Rv. 216931-01; Sez. 1, n. 3198 del 12/01/1999, Camoirano, Rv. 212633-01; Sez. 1, n. 999 del 17/12/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 209684-01; Sez. 1, n. 4140 del 10/02/1995, COGNOME, Rv. 200793-01 e, di recente, la non massimata Sez. 1, n. 24756 del 12/03/2024). In questa prospettiva, risulta poi del tutto priva di concreto interesse l’argomentazione svolta nel quarto motivo, con il quale si lamenta la determinazione della pena (fissata nel minimo edittale), anziché l’applicazione della continuazione che si sarebbe dovuta ravvisare in caso di omessa vigilanza su ciascuna singola somministrazione del farmaco.
Quanto poi al profilo del concorso colposo nel delitto doloso (oggetto del quinto motivo di ricorso) si osserva che le relative censure sono infondate, poiché non è configurabile il concorso colposo nel delitto doloso in assenza di una espressa previsione normativa, non ravvisabile nell’art. 113 cod. pen. che
contempla esclusivamente la cooperazione colposa nel delitto colposo, di talché, nei delitti, la condotta colposa che accede al fatto principale doloso è punibile solo in via autonoma, a condizione che integri una fattispecie colposa espressamente prevista dall’ordinamento come disciplinata, nel caso di specie, dall’art. 452 cod. pen. (Sez. 6, n. 22280 del 07/03/2024, Pg, Rv. 286614 – 02).
Al contrario, il secondo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato ed assorbente, con l’estensione delle relative conseguenze agli altri ricorrenti a norma dell’art. 587 del codice di rito.
3.1. Invero, l’art. 443 cod. pen., rubricato “commercio o somministrazione di medicinali guasti”, punisce “chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti”, tutelando, in questo modo, l’interesse alla salute pubblica dalle condotte di conservazione o di preparazione di tali supporti sanitari privi di reale efficacia terapeutica per ragioni naturali e, dunque, fuori dai casi di contraffazione o di adulterazione degli stessi. La particolare rilevanza del bene giuridico tutelato ha indotto il legislatore a costruire la fattispecie incriminatrice come reato di pericolo. Si è detto che l’oggetto materiale delle varie condotte di reato è costituito dai farmaci “guasti o imperfetti” e che le relative nozioni rimandano a situazioni in cui, rispettivamente, le sostanze medicinali siano state corrotte o deteriorate per cause naturali, senza l’intervento dell’uomo (atteso che, in questo caso, ricorrendo un’ipotesi di adulterazione o contraffazione, verrebbeetegratt i diversi delitti di cui agli artt. 442 o 452 cod. pen.), come nel caso di naturale deperimento, di vetustà, di fermentazione o di cattiva conservazione (Sez. 1, n. 1681 del 27/10/1982, dep. 1983, COGNOME, Rv. 157584) ovvero siano difettose dei necessari elementi o della giusta dosatura o presentino qualsiasi altro vizio, originario o sopravvenuto, che le renda inefficaci dal punto di vista terapeutico, senza che sia necessario, perché le si consideri “imperfette”, che siéf;eeolose o nocive (Sez. 1, n. 8936 del 11/10/1985, Casertano, Rv. 170676; Sez. 1, n. 1681 del 27/10/1982, dep. 1983, COGNOME, Rv. 157583). Una nozione, dunque, la quale, nella sua ampiezza, riconnprende qualunque difettosità del medicinale, a condizione che essa sia tale da determinare un effettivo e apprezzabile depauperamento dell’efficacia curativa del farmaco. Tale esito interpretativo ha uno specifico riverbero in relazione ai medicinali scaduti, che, secondo un risalente indirizzo giurisprudenziale, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
dovrebbero essere considerati “inefficaci o comunque imperfetti” (Sez. 4, n. 11040 del 9/10/1987, COGNOME, Rv. 176869; Sez. 1, n. 6926 del 15/5/1992, Bologna, Rv. 190580; Sez. 6, n. 725 del 9/11/1993, dep. 1994, Parigi, Rv. 197239).
3.2. Rileva, inoltre, il Collegio che il semplice sopraggiungere della data di scadenza non appare necessariamente sussumibile nella nozione di farmaco “guasto o imperfetto”, potendo il principio attivo dello stesso non essere stato reso ancora inefficace, in specie a breve distanza dalla scadenza (come verificatosi nel caso in esame nel quale il farmaco era scaduto il 31 gennaio 2018), rispondendo ad una massima di comune esperienza che un medicinale conserva la propria efficacia terapeutica anche dopo qualche tempo dalla data di scadenza indicata sulla confezione (Sez. 4, n. 6640 del 18/10/1984, dep. 1985, COGNOME, Rv. 169984). Ciò che, conseguentemente, renderà necessario verificare in concreto, attraverso un accertamento tecnico, se il farmaco scaduto sia effettivamente andato incontro a un processo di alterazione, divenendo pericoloso per la salute.
Premesso quanto sopra, deve rilevarsi che, non essendo stato compiuto alcun concreto accertamento, almeno alla luce dei dati fattuali indicati in sentenza, sul venir meno dell’efficacia terapeutica del farmaco scaduto, non è possibile affermare che essi fossero “guasti o imperfetti” nell’accezione prima ricordata. Ciò in ragione del fatto, già evidenziato, che la nozione di medicinale “guasto o imperfetto” presuppone una verifica sulle caratteristiche del farmaco scaduto, impedendo l’eventuale idoneità terapeutica del medicinale, in specie in epoca prossima allo spirare della data indicata sulla confezione, di qualificarlo nei termini indicati.
4.1. Ne consegue che la rilevanza di un siffatto accertamento appare connessa al profilo della stessa tipicità del fatto, atteso che un farmaco scaduto, ma comunque efficace sul piano dei principi attivi non può essere ricondotto all’oggetto materiale come descritto dalla norma incriminatrice (ovvero come “guasto o imperfetto”) (Sez. 1, n. 30377/2019 del 13/06/2019 n.m.; Sez. F, n. 39187 del 29/8/2013, Cabras, Rv. 256910; Sez. F, n. 39051 del 28/8/2008, Saponara, Rv. 241154; Sez. 1, n. 27923 del 19/5/2004, Moschella, Rv. 228803).
4.2. In questa prospettiva, si rende quindi necessario l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata al fine di svolgere il citato accertamento sul venir
meno dell’efficacia terapeutica del farmaco scaduto, eventualmente anche fondato su indagini di tipo statistico; naturalmente, qualora ciò risultasse
impossibile, il giudice del rinvio ne dovrà trarre le ordinarie conseguenze in caso di incertezza della prova.
5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla
Corte di appello di Perugia per nuovo esame affinché – in piena autonomia decisionale – tenga conto di quanto sopra esposto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Perugia.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2025.