Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 17256 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 17256 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
disposizione, a sua volta, stabilisce che «il nucleo familiare del richiedente Ł costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della dichiarazione sostitutiva unica». Non vi Ł quindi dubbio che dal combinato disposto delle due norme si evinca che per soggetto convivente si debba indicare quello che risulta ‘anagraficamente’ convivente, quale era l’imputata con la madre e il fratello all’epoca dei fatti.
Inoltre, la Corte territoriale aggiunge che l’eventuale non convivenza dei due familiari con l’imputata, dedotta dall’odierna ricorrente, non era confermata nØ da un contratto di locazione nØ da bollette relative ad utenze domestiche, sicchØ nulla restava al di là della labiale affermazione della testimone NOME COGNOME, neppure confermata dalla COGNOME in occasione del suo interrogatorio.
Del resto, evidenzia la sentenza che la vicinanza tra il centro abitato di residenza anagrafica e il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa da parte della madre dell’imputata rendeva prive di valore
probatorio le attestazioni degli istituti scolastici di TorpŁ.
Anche l’affermazione secondo cui l’imputata sia stata indotta in errore dagli impiegati del CAF risulta, secondo la Corte di appello, smentita sia dai due impiegati che istruirono le domande di reddito di cittadinanza (Trogu e Fele), che dal direttore tecnico del CAF (Lobrano), i quali hanno tutti confermato la prassi di chiedere sempre la situazione anagrafica del richiedente.
Evidenzia inoltre la Corte territoriale che, dagli accertamenti eseguiti dagli inquirenti, se si fosse considerato il reddito percepito dalla madre della richiedente, la stessa non avrebbe avuto diritto al beneficio, poi incassato.
Il ricorso, che non si confronta con il contenuto della sentenza e con lo stesso tessuto normativo relativo al reddito di cittadinanza, reiterando le medesime doglianze sollevate con l’atto di appello, Ł pertanto inammissibile per genericità.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 31/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME