Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14475 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14475 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nata a Castellammare di Stabia il 3 luglio 1991 NOME nato a Castellammare di Stabia il 3 luglio 1996 avverso la sentenza resa il 19 febbraio 2024 dalla Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto annullarsi la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano, parzialmente riformando la sentenza resa dal Gup del Tribunale di Milano il 19/9/2023, ha confermato la responsabilità dei due imputati, madre e figlio, per il reato di truffa in danno dell’assicurazione e ha concesso beneficio della non menzione ex art. 175 cod.pen.
Si addebita ai due imputati di avere, in concorso tra loro, al fine di conseguire un indebit risarcimento denunziato un sinistro stradale, in realtà mai avvenuto.
2.Avverso detta sentenza propongono ricorso gli imputati, con atto unico sottoscritto dal comune difensore di fiducia, deducendo:
2.1 violazione degli artt. 192 comma 2 e 125 cod.proc.pen. poiché la Corte di appello ha dichiarato l’infondatezza del primo motivo di gravame, con cui i ricorrenti lamentavano il defici motivazionale della sentenza di primo grado, contestando la rilevanza degli elementi indiziari posti a sostegno dell’affermazione di responsabilità. Osservano i ricorrenti che la Corte di appello ha valorizzato tre elementi per sostenere la responsabilità dei due imputati: l’assenza di testimoni e il mancato intervento delle Forze dell’ordine in occasione e sul luogo dell’incident denunziato; la mancata identificazione del danneggiante; la mancata compilazione del modulo di accertamento amichevole. La difesa sottolinea che quest’ultimo elemento è facoltativo e può anche mancare essendo la sua compilazione rimessa alla volontà delle parti. La motivazione della sentenza risulta contraddittoria, poiché afferma che gli imputati non avevano messo a disposizione dei periti incaricati dalla Compagnia assicurativa i rispettivi veicoli, mentre già ne richiesta di risarcimento la COGNOME e la correa COGNOME sollecitavano la Compagnia ad effettuare tutti gli opportuni accertamenti e a nominare un perito di fiducia per la stima dei danni, indicando luoghi e tempi in cui l’autovettura sarebbe stata a disposizione per eventuali accertamenti.
Neppure è rilevante che sul veicolo del presunto responsabile non sarebbero stati rinvenuti danni, poiché l’accesso dell’investigatore si verificava 8 mesi dopo il sinistro e non può escludersi che nelle more il veicolo fosse stato sottoposto alle riparazioni. Inoltre la Corte h valorizzato la rinunzia al risarcimento del danno come sintomo della mala fede della ricorrente ma ha omesso di confrontarsi con le argomentazioni esposte al riguardo nei motivi nuovi depositati dalla difesa.
2.2 Omessa pronuncia in ordine alla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale e vizio di motivazione poiché con i motivi nuovi ritualmente depositati gli imputati avevano chiesto di acquisire la sentenza emessa il 19 Aprile 2024 dal Tribunale di Milano nel procedimento a carico di COGNOME FrancescaCOGNOME coimputata per il medesimo fatto e giudicata nelle forme del rito ordinario. Il Tribunale ha mandato assolta l’imputata ai sensi dell’art. 530 cod.proc.pen. perché il fatto non sussiste e la sentenza divenuta definitiva costituiva una prova nuova sopravvenuta rispetto alla conclusione del giudizio di primo grado, la cui acquisizione avrebbe dovuto essere valutata, stante il disposto dell’art. 603 comma 2 cod.proc.pen.;tale meccanismo ai sensi dell’art. 495 cod.proc.pen., secondo la giurisprudenza di legittimità, non trova limiti applicat Osserva il ricorrente che i giudici di appello non si sono pronunciati su questa richiesta d riapertura, pur dando atto del deposito della sentenza in formato cartaceo all’udienza del 3 ottobre 2024. A parere della difesa avrebbero dovuto invece assumere una decisione e motivare in merito alla acquisizione della pronunzia assolutoria.
2.3 Contraddittorietà della motivazione in ordine alla determinazione della pena, poiché la Corte di merito ha stimato la pena applicata congrua in ragione della gravità del fatto, con particolare riferimento al coinvolgimento nel sinistro di un terzo estraneo su cui sarebbero ricadute le conseguenze dell’azione fraudolenta degli imputati.
In altre parole i giudici assumevano come indice della gravità del reato la circostanza che l’asserito danneggiante avrebbe avuto delle conseguenze negative e pregiudizievoli e tuttavia la sentenza cade in insanabile contraddizione in quanto in altro passaggio aveva osservato che detto soggetto non avrebbe avuto interesse a dichiarare eventuali responsabilità del sinistro, atteso che le conseguenze non sarebbero ricadute su di lui in quanto regolarmente assicurato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato nei limiti che verranno esposti.
1.1 II primo motivo di ricorso, che deduce la violazione dei criteri di valutazione della prova e travisamento della stessa è in parte manifestamente infondato e in parte non consentito.
Giova premettere che in tema di ricorso per cassazione, le doglianze relative alla violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. riguardanti l’attendibilità dei testimoni dell’accusa, non essen l’inosservanza di detta norma prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilit decadenza, non possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ma soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della medesi norma, ossia come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indica nei motivi di gravame. (Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep.2017, COGNOME e altro, Rv. 27129401)
Costituisce un principio pacificamente accolto dalla Corte di cassazione quello secondo cui, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre una diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punt dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemen (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747-01; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965-01).
Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno anche statuito che «la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni» (Sez. U, 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214-01; più di recente: Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609-01).
Così come, più in generale, non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo su congruità e logicità della motivazione, la valutazione della prova testimoniale operata dal giudice di merito, al quale spetta il giudizio sulla rilevanza e sull’attendibilità di tale fonte di pro 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362-01).
Nel caso in esame, la Corte d’appello di Milano ha confermato l’affermazione di responsabilità deÌi’innputati, sulla base di diversi e concordanti elementi di prova: in occasio dell’incidente non era stato chiesto l’intervento delle Forze dell’ordine, nè era stato compilat modulo di accertamento amichevole; le due denunzianti non erano in grado di identificare il soggetto responsabile dell’incidente e non erano in possesso degli estremi dei documenti di controparte o di una foto; l’autovettura della Milo non veniva messa a disposizione dei periti pe visionare l’incidente, né vi erano immagini che ritraevano i danni denunziati o fatture ch attestassero le avvenute riparazioni; i due odierni imputati rendevano dichiarazioni contrastanti in ordine al soggetto che guidava l’autovettura in occasione del sinistro; le due denunzianti subit dopo l’identificazione del titolare del veicolo asseritamente coinvolto, che escludeva il propr coinvolgimento in un incidente stradale, rinunziavano ad ogni pretesa risarcitoria, adducendo motivazioni innplausibili.
Alla luce di tali elementi, la motivazione della Corte d’appello di Milano si appalesa come del tutto esente da contraddizioni e da illogicità, tanto meno manifeste, mentre le doglianze della ricorrente appaiono sostanzialmente dirette a sollecitare una differente valutazione del significato probatorio da attribuire agli stessi elementi di prova, per giungere a conclusio differenti in ordine alla valenza probatoria dei medesimi, il che non è consentito in questa sed di legittimità.
La Corte, infatti, ha valorizzato l’attendibilità del soggetto asseritamente coinvolto nel sinis il quale aveva sostenuto la propria estraneità, in quanto questi non aveva avuto rapporti pregressi con le imputate, che avrebbero potuto giustificare un suo atteggiamento calunnioso, e poiché nel caso in esame emerge l’intrinseca contraddittorietà della condotta delle denunzianti, posto che dopo aver avanzato richiesta di risarcimento sono tornate sui loro passi, non appena il soggetto asseritamente coinvolto nel sinistro ha escluso di essere stato causa di un incidente.
1.2 La seconda censura è fondata, poiché in effetti la Corte da atto a pag. 3 che è stata prodotta la sentenza pronunziata nei confronti della coimputata COGNOME separatamente giudicata, ma non espone alcuna argomentazione al riguardo, anche solo per confutare la rilevanza in questo giudizio di detta pronunzia definitiva.
E’ noto che la sentenza definitiva resa in altro procedimento penale, acquisita ai sensi dell’art 238-bis cod. proc. pen., può essere utilizzata non soltanto in relazione al fatto stori dell’intervenuta condanna o assoluzione, ma anche ai fini della prova dei fatti in essa accertati, ferma restando l’autonomia del giudice di valutarne i contenuti unitamente agli altri elementi
di prova acquisiti nel giudizio, in rapporto all’imputazione sulla quale è chiamato a pronunciarsi.
(Sez. 2, n. 52589 del 06/07/2018, COGNOME, Rv. 275517 – 01)
E’ certo che la decisione emessa da altra autorità giudiziaria sulla base di una diversa piattaforma probatoria non ha efficacia vincolante nei confronti del giudizio penale, ma può
soltanto rilevare qualora escluda la sussistenza di fatti su cui si basa la sentenza per cui processo. E tuttavia, posto che secondo consolidata giurisprudenza l’acquisizione di documenti
non necessita di un provvedimento formale di riapertura dell’istruttoria ex art. 603
cod.proc.pen., la mancata valutazione della pronunzia definitiva che ha assolto la coimputata ed è stata ritualmente allegata ai motivi nuovi, costituisce un
vulnus nell’iter motivazionale
posto a sostegno dell’affermazione di colpevolezza, che deve essere colmato.
Si impone di conseguenza l’annullamento della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte di appello di Milano che dovrà rivalutare il compendio probatorio acquisito anche tenendo conto
della pronunzia assolutoria resa nei confronti della coimputata.
1.3 La terza censura rimane assorbita dall’accoglimento del secondo motivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano
Roma 19 febbraio 2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente