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Falso personale: quando scatta il reato art. 495 c.p.

Due fratelli scambiano le proprie identità durante un controllo di polizia, ma vengono immediatamente scoperti grazie al ritrovamento dei documenti. La Corte di Cassazione conferma la loro condanna per il reato di falso personale (art. 495 c.p.), stabilendo che il delitto si considera consumato al momento della dichiarazione mendace, rendendo irrilevante la successiva e rapida scoperta della verità. La Corte ha inoltre respinto un motivo di ricorso procedurale, sottolineando la necessità di dimostrare un pregiudizio concreto al diritto di difesa.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso Personale: La Scoperta Immediata della Verità Non Esclude il Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso di falso personale commesso da due fratelli durante un controllo di polizia, stabilendo un principio chiave: il reato si perfeziona con la semplice dichiarazione mendace, anche se le forze dell’ordine scoprono la verità pochi istanti dopo. Questa decisione ribadisce la serietà con cui l’ordinamento giuridico tratta le false attestazioni rese a un pubblico ufficiale e chiarisce importanti aspetti procedurali e sostanziali.

I Fatti: Scambio di Identità Durante un Controllo Stradale

La vicenda ha origine il 2 novembre 2020, quando due fratelli vengono fermati per un controllo stradale. Trovandosi sprovvisti di documenti da esibire, decidono di scambiarsi le identità, fornendo verbalmente alle forze dell’ordine generalità false. Tuttavia, il loro inganno dura pochissimo: gli agenti, ispezionando il veicolo, trovano i documenti di identità di entrambi sul cruscotto, svelando immediatamente la menzogna.

Il Percorso Giudiziario: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

Inizialmente, il Tribunale di primo grado condanna entrambi i fratelli per il reato di false attestazioni a un pubblico ufficiale sulla propria identità (art. 495 c.p.). La Corte d’Appello, successivamente, riforma parzialmente la sentenza, assolvendo uno dei due da un’accusa minore ma confermando per entrambi la condanna per il falso personale.

Insoddisfatti, i due fratelli ricorrono alla Corte di Cassazione, basando il loro appello su due motivi principali:
1. Un vizio procedurale: lamentano che le conclusioni scritte del Procuratore generale in appello siano state comunicate alla difesa solo il giorno prima dell’udienza, violando i termini di legge e compromettendo il loro diritto di replica.
2. Un errore di qualificazione giuridica: sostengono che la loro condotta non integrasse il più grave reato di falso personale, ma al massimo quello di sostituzione di persona (art. 494 c.p.), poiché l’immediato ritrovamento dei documenti avrebbe reso la loro azione priva di effettiva capacità ingannatoria.

L’Analisi della Corte sul Falso Personale e sulla Procedura

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, ritenendoli infondati. La decisione si articola su due punti fondamentali che meritano un’analisi approfondita.

La questione procedurale: la necessità di un pregiudizio concreto

Sul primo motivo, la Corte, pur riconoscendo l’irregolarità della comunicazione tardiva da parte della Procura, ha sottolineato un principio consolidato: per ottenere l’annullamento di un atto per un vizio procedurale, non è sufficiente lamentare la violazione della norma, ma è necessario dimostrare che tale violazione abbia causato un concreto pregiudizio al diritto di difesa. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto il ricorso troppo generico, poiché la difesa non aveva specificato in che modo la comunicazione tardiva avesse effettivamente impedito di controbattere alle argomentazioni, peraltro molto sintetiche, del Procuratore.

La corretta qualificazione del reato di falso personale

Sul secondo e più sostanziale motivo, la Cassazione ha confermato senza esitazioni la qualificazione del fatto come reato di falso personale ai sensi dell’art. 495 del codice penale. I giudici hanno ribadito che la condotta di chi, privo di documenti, fornisce a un pubblico ufficiale false dichiarazioni sulla propria identità costituisce una vera e propria “attestazione” rilevante ai fini del reato.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su principi giuridici consolidati. In primo luogo, il reato di false attestazioni a un pubblico ufficiale è un reato di pura condotta, che si consuma nel momento stesso in cui la dichiarazione falsa viene resa. Ciò che accade dopo, come il ritrovamento fortuito dei documenti, è un “post factum” irrilevante ai fini della configurabilità del reato. La condotta penalmente rilevante si era già perfezionata con la menzogna verbale rivolta agli agenti.

In secondo luogo, la Corte ha chiarito la relazione tra il reato di cui all’art. 495 c.p. e quello di sostituzione di persona (art. 494 c.p.). Quest’ultimo ha un carattere sussidiario: si applica solo quando il fatto non integra un reato più grave. Poiché dichiarare il falso a un pubblico ufficiale è considerato dal legislatore una condotta più grave, essa assorbe la fattispecie meno grave della sostituzione di persona. L’azione dei fratelli rientrava pienamente nella previsione dell’art. 495 c.p., rendendo corretta la condanna.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre un importante promemoria sulla serietà delle dichiarazioni rese alle autorità. Il principio affermato è chiaro: mentire sulla propria identità a un pubblico ufficiale è un reato che si perfeziona istantaneamente, e la speranza di farla franca perché la verità potrebbe emergere a breve non ha alcun valore legale. La decisione rafforza la tutela della fede pubblica e della corretta attività della pubblica amministrazione, confermando che il momento consumativo del reato di falso personale coincide con la dichiarazione mendace, indipendentemente dagli sviluppi successivi.

Dichiarare il falso a un poliziotto è reato anche se la verità viene scoperta subito dopo?
Sì, secondo la Corte di Cassazione il reato di falso personale (art. 495 c.p.) si consuma nel momento in cui si forniscono le false dichiarazioni al pubblico ufficiale. Il fatto che la verità venga scoperta immediatamente dopo, ad esempio tramite il ritrovamento dei documenti, non rende la condotta non punibile.

Qual è la differenza tra il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) e quello di falso personale (art. 495 c.p.)?
La sentenza chiarisce che il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) è sussidiario. Ciò significa che si applica solo se il fatto non costituisce un reato più grave. Quando la falsa identità viene dichiarata a un pubblico ufficiale, si configura il reato più grave di falso personale (art. 495 c.p.), che assorbe quello di sostituzione di persona.

La comunicazione tardiva delle conclusioni del Procuratore generale alla difesa causa sempre la nullità del processo?
No. La Corte ha stabilito che, affinché si configuri una nullità, la difesa deve dimostrare un concreto e specifico pregiudizio al proprio diritto di difesa derivante dalla comunicazione tardiva. Una lamentela generica non è sufficiente a invalidare la decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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