Falso per commettere truffa: la Cassazione chiarisce l’aggravante
L’ordinanza in esame offre un importante spunto di riflessione sul legame tra reati diversi, in particolare quando un illecito ne precede un altro con lo scopo di facilitarne l’esecuzione. La Suprema Corte ha confermato la condanna per un individuo coinvolto in una frode online, sottolineando come la falsa denuncia di smarrimento di una carta di pagamento, finalizzata a occultare il proprio ruolo, integri pienamente l’aggravante del nesso teleologico. Questo principio, noto come falso per commettere truffa, rafforza la tutela delle vittime e sanziona più duramente la pianificazione criminale.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un uomo condannato in appello per aver partecipato a una truffa ai danni di un acquirente online. L’imputato era l’intestatario di una carta prepagata sulla quale era stata accreditata la somma pagata dalla vittima per un bene mai ricevuto. Per allontanare da sé i sospetti e apparire estraneo alla transazione illecita, l’uomo aveva denunciato falsamente lo smarrimento della carta, sostenendo che fosse avvenuto mesi prima della vendita.
La Corte d’Appello aveva già individuato il suo ruolo come essenziale per la consumazione della frode, non limitato alla semplice messa a disposizione dello strumento di pagamento, ma esteso a una condotta attiva successiva per garantirsi l’impunità.
La Decisione della Corte di Cassazione e la rilevanza del falso per commettere truffa
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando sia la sua responsabilità nel reato di truffa sia la sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 61, n. 2 del codice penale (il cosiddetto nesso teleologico). Secondo la difesa, mancava la prova di un collegamento finalistico tra il reato di falso (la denuncia) e quello di truffa.
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Gli Ermellini hanno evidenziato come le argomentazioni del ricorrente non fossero altro che una ripetizione di motivi già esaminati e correttamente disattesi nel giudizio di secondo grado, senza introdurre elementi di critica concreta alla sentenza impugnata.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella conferma dell’aggravante del nesso teleologico. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato secondo cui l’aggravante si configura quando un reato (in questo caso, il falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico, ex art. 483 c.p.) è commesso allo scopo di eseguirne un altro (la truffa). La condotta mendace finalizzata a perpetrare un ulteriore e nuovo reato dimostra una maggiore gravità e genera un superiore allarme sociale, giustificando un aumento di pena. La falsa denuncia non era un atto isolato, ma un tassello cruciale del piano criminoso, ideato per rendere più difficile l’identificazione dei responsabili e assicurare il profitto della truffa.
Le Conclusioni
L’ordinanza rafforza il principio per cui la concatenazione di reati, uniti da un vincolo di scopo, merita una risposta sanzionatoria più severa. Chi non si limita a commettere una frode, ma predispone anche strumenti per eludere la giustizia attraverso false dichiarazioni, dimostra una maggiore pericolosità sociale. Questa decisione serve da monito: nel contesto delle truffe online, anche le condotte apparentemente secondarie, come la falsa denuncia di smarrimento di una carta, vengono considerate parte integrante del disegno criminoso e punite con maggiore rigore.
Quando un falso commesso per realizzare una truffa costituisce un’aggravante?
Secondo la Corte, l’aggravante del nesso teleologico si configura quando il reato di falso (in questo caso, la falsa denuncia di smarrimento) è finalizzato alla perpetrazione di un altro reato, come la truffa, poiché ciò denota una maggiore gravità e allarme sociale.
È sufficiente essere l’intestatario della carta usata per la truffa per essere considerato coautore?
Sì, se si ricopre un ruolo essenziale. Nel caso specifico, l’intestatario non solo ha messo a disposizione la carta, ma ha anche agito attivamente dopo la transazione con la falsa denuncia per tentare di apparire estraneo ai fatti, dimostrando il suo pieno coinvolgimento nel piano fraudolento.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove e concrete critiche alla sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31382 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31382 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 20/07/1998
avverso la sentenza del 10/10/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che entrambi i motivi di ricorso, con i quali si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità e all sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 2 cod. pen. con riferimento al delitto di falso di cui al capo 2), si risolvono, di fatto, n reiterazione di profili dedotti in appello e già compiutamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale, senza alcuna concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, la Corte di appello, con ampio costrutto (pagine da 8 a 11) ha individuato, quale coautore della truffa avvenuta ai danni della COGNOME, l’odierno ricorrente che aveva ricoperto un ruolo essenziale nella consumazione dell’azione fraudolenta in quanto intestatario della carta Postepay sulla quale era confluita la somma corrisposta dalla persona offesa per l’acquisto di un bene mai ricevuto e della quale, dopo la finta vendita, egli aveva falsamente denunciato lo smarrimento come avvenuto alcuni mesi prima per ottenerne un duplicato, così da apparentemente risultare estraneo alla transazione;
che il collegio di merito ha correttamente ritenuto integrata l’aggravante del nesso teleologico contestata in relazione al reato di cui all’art. 483 cod. pen. sub capo 2) uniformandosi all’orientamento di legittimità , che qui si ribadisce, secondo cui l’aggravante de qua si configura in relazione al reato di falso commesso per eseguire una truffa, derivando maggiore gravità e allarme sociale dalla finalizzazione della condotta mendace alla perpetrazione di un ulteriore e nuovo reato (Sez. 5, n. 35104 del 22/06/2013, R.C. RAGIONE_SOCIALE ed altri, Rv. 257125);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 1 luglio 2025