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Falso patrocinio a spese dello Stato: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di falso patrocinio a spese dello Stato. L’imputato aveva dichiarato un reddito quasi dimezzato rispetto a quello reale per ottenere il beneficio. La Corte ha ritenuto che la notevole differenza tra il reddito dichiarato e quello effettivo dimostrasse una particolare intensità del dolo, escludendo così l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis c.p.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso Patrocinio a Spese dello Stato: la Differenza di Reddito Esclude la Tenuità del Fatto

Il falso patrocinio a spese dello Stato rappresenta una grave violazione della fiducia riposta nel cittadino che chiede un aiuto per accedere alla giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 8138/2024) ha ribadito la serietà di questo reato, chiarendo quando la condotta non può essere considerata di lieve entità. Il caso analizzato riguarda un cittadino che ha ottenuto il beneficio dichiarando un reddito familiare quasi dimezzato rispetto a quello effettivo, una falsità che i giudici hanno ritenuto indicativa di un’elevata intenzionalità fraudolenta.

I Fatti del Caso: Una Dichiarazione Reddituale Infedele

Il procedimento giudiziario ha avuto origine da un’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L’imputato aveva dichiarato un reddito complessivo per il proprio nucleo familiare pari a circa 8.500 euro per l’anno di riferimento. Tuttavia, accertamenti successivi hanno rivelato che il reddito effettivo ammontava a oltre 15.400 euro, superando così la soglia prevista dalla legge per accedere al beneficio.

Sia il Tribunale che la Corte di Appello di Messina avevano riconosciuto la sua colpevolezza per il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002. La questione centrale, giunta fino in Cassazione, non riguardava tanto la falsità della dichiarazione, quanto la possibilità di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

Il Percorso Giudiziario e il Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato sosteneva che i giudici di merito non avessero adeguatamente valutato la gravità concreta del fatto. In un precedente giudizio, la stessa Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza d’appello, chiedendo una valutazione più approfondita proprio su questo punto. Tuttavia, anche la nuova sentenza della Corte d’Appello aveva confermato la condanna, escludendo la tenuità del fatto.

L’imputato ha quindi presentato un nuovo ricorso, lamentando che la Corte territoriale si fosse limitata a sottolineare la realizzazione di un beneficio non dovuto e l’intento fraudolento, senza una vera analisi sulla gravità complessiva. A suo avviso, la decisione non si era conformata alle indicazioni della Cassazione.

La Decisione sul Falso Patrocinio a Spese dello Stato

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in via definitiva la condanna. I giudici supremi hanno stabilito che il ragionamento della Corte d’Appello era corretto e immune da vizi logici o giuridici. La decisione si fonda su un principio chiaro: la gravità del fatto non è lieve quando emerge una particolare intensità del dolo.

Le Motivazioni della Corte

Il fulcro della motivazione risiede nella ‘macroscopica differenza’ tra il reddito dichiarato e quello effettivamente percepito. Secondo la Corte, il fatto che il reddito reale fosse quasi il doppio di quello indicato nell’istanza non è un dettaglio trascurabile, ma un elemento che dimostra in modo coerente e palese un’intenzione fraudolenta non superficiale, bensì radicata e significativa.

La Corte ha specificato che il ricorrente, con i suoi motivi di ricorso, si è soffermato su aspetti marginali (‘profili di contorno’) senza riuscire a scalfire la ratio decidendi della sentenza impugnata. La valutazione sulla gravità del fatto, necessaria per escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., era stata correttamente ancorata a un dato oggettivo e inequivocabile: l’entità della menzogna. Questa notevole discrepanza è stata interpretata come un indicatore affidabile della particolare intensità del dolo, rendendo il reato incompatibile con la nozione di ‘particolare tenuità’.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un importante principio in materia di falso patrocinio a spese dello Stato. Non basta semplicemente aver ottenuto un beneficio indebito per essere condannati, ma l’entità della falsità dichiarata gioca un ruolo cruciale nel determinare la gravità del reato. Una differenza minima o marginale tra il reddito dichiarato e quello reale potrebbe, in teoria, rientrare nell’ambito della particolare tenuità del fatto. Al contrario, una discrepanza così evidente, come nel caso di un reddito quasi raddoppiato, costituisce una prova solida dell’intensità dell’intento criminale, precludendo l’accesso a cause di non punibilità. La decisione serve da monito: la richiesta di accesso a un beneficio statale richiede la massima trasparenza e onestà, e le omissioni o falsità significative saranno sanzionate con severità.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non ha contestato efficacemente la motivazione centrale della sentenza d’appello. La Corte di Cassazione ha ritenuto che gli argomenti difensivi fossero superficiali e non in grado di mettere in discussione la valutazione sulla gravità del fatto, basata sulla notevole differenza tra reddito dichiarato e reddito reale.

Quando il reato di falso patrocinio a spese dello Stato non è considerato di ‘particolare tenuità’?
Secondo questa sentenza, il reato non può essere considerato di ‘particolare tenuità’ ai sensi dell’art. 131-bis c.p. quando emerge una ‘particolare intensità del dolo’. Tale intensità può essere desunta da elementi oggettivi, come una ‘macroscopica differenza’ tra il reddito dichiarato e quello effettivamente percepito.

Quale elemento è stato decisivo per confermare la condanna?
L’elemento decisivo è stata la significativa discrepanza tra il reddito dichiarato (circa 8.500 euro) e quello accertato (oltre 15.400 euro). La Corte ha considerato questa differenza, che vedeva il reddito reale essere quasi il doppio di quello dichiarato, come prova inequivocabile di un’intensa volontà fraudolenta, tale da escludere la lieve entità del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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