Falso Innocuo: Anche con Dati Veri, Usare una Patente Falsa è Reato
L’uso di un documento di identità falso per dimostrare le proprie generalità, anche se queste sono veritiere, costituisce reato. Questo è il principio ribadito dalla Corte di Cassazione in una recente ordinanza, che ha respinto il ricorso di un imputato condannato per uso di atto falso. La difesa, basata sulla tesi del cosiddetto falso innocuo, non ha trovato accoglimento, poiché la falsità materiale del documento lede di per sé la pubblica fede, a prescindere dalla veridicità dei dati in esso contenuti.
Il Caso: Uso di Patente Falsa per Identificarsi
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato previsto dall’art. 489 del codice penale, ovvero l’uso di un atto falso. L’imputato aveva esibito una patente di guida contraffatta al fine di dimostrare la propria identità. Un dettaglio cruciale della vicenda è che le generalità riportate sul documento falso corrispondevano a quelle reali dell’imputato ed erano già state accertate.
La Corte di Appello di Torino aveva confermato la condanna, spingendo l’imputato a presentare ricorso per Cassazione, fondato su due principali motivi: l’inoffensività della condotta e la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
I Motivi del Ricorso: Tra Falso Innocuo e Tenuità del Fatto
La difesa ha articolato il ricorso su due argomentazioni giuridiche precise, entrambe finalizzate a ottenere l’annullamento della condanna.
La Tesi del Falso Innocuo
Il primo motivo di ricorso si basava sulla violazione della legge penale in relazione all’offensività della condotta. Secondo l’imputato, l’uso della patente falsa non avrebbe leso alcun bene giuridico, configurando un falso innocuo. Questo perché il documento era stato utilizzato solo per confermare dati anagrafici veritieri e già noti, rendendo la falsificazione del supporto materiale del tutto irrilevante ai fini pratici e priva di qualsiasi effetto dannoso.
La Richiesta di Particolare Tenuità del Fatto
Con il secondo motivo, si lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., che prevede la non punibilità per i reati di particolare tenuità. La difesa sosteneva che la condotta, per le sue modalità e per il suo esito non lesivo, dovesse rientrare in questa categoria, data la minima offesa arrecata.
L’Analisi della Cassazione e il Rigetto del falso innocuo
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno smontato entrambe le argomentazioni difensive, facendo riferimento a principi giurisprudenziali consolidati e alla corretta applicazione delle norme.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha fornito una motivazione chiara e lineare per il rigetto di entrambi i motivi di ricorso, confermando l’impianto accusatorio.
Perché non si applica il falso innocuo?
La Cassazione ha chiarito che il concetto di falso innocuo si applica solo quando l’alterazione del documento è del tutto irrilevante ai fini del suo significato e della sua funzione. La valutazione, pertanto, non deve basarsi sull’uso specifico che viene fatto del documento falso, ma sulla sua idoneità intrinseca a ledere la pubblica fede. Nel caso di specie, la creazione di un documento materialmente falso, come una patente di guida, lede la fiducia che la collettività ripone nell’autenticità dei documenti ufficiali. Di conseguenza, l’innocuità non può essere valutata con riferimento al fatto che i dati inseriti fossero veri. La falsificazione del supporto documentale è di per sé offensiva e penalmente rilevante.
L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto
Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Corte di merito aveva correttamente motivato la propria decisione di non applicare l’art. 131-bis c.p. basandosi sulla gravità dell’offesa. L’esibizione di un documento totalmente falsificato è stata considerata una lesione significativa della pubblica fede. La Cassazione ha specificato che questa valutazione, fondata su parametri previsti dall’art. 133 c.p., rientra nell’apprezzamento di merito del giudice e non può essere sindacata in sede di legittimità sulla base di una diversa interpretazione proposta dalla difesa.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di reati di falso: la tutela della pubblica fede prevale sull’uso contingente del documento. La veridicità dei dati riportati su un documento materialmente contraffatto non è sufficiente a escluderne la rilevanza penale. La condotta è punibile perché mina alla base la fiducia nel sistema documentale. La decisione sottolinea inoltre i limiti del sindacato della Cassazione sulle valutazioni di merito, come quella relativa alla gravità del fatto ai fini dell’applicazione dell’art. 131-bis c.p. Infine, la condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende, conseguenza della manifesta inammissibilità, funge da monito contro ricorsi dilatori o privi di fondamento giuridico.
Quando un documento falso può essere considerato ‘falso innocuo’?
Un falso è considerato ‘innocuo’ solo quando l’alterazione o l’infedele attestazione sono completamente irrilevanti per il significato dell’atto e non hanno alcun effetto sulla sua funzione documentale. La valutazione non si basa sull’uso specifico che se ne fa, ma sulla natura della falsificazione stessa.
L’uso di un documento di identità falso con dati veritieri è reato?
Sì, è reato. La Corte di Cassazione ha confermato che la falsificazione materiale di un documento ufficiale lede di per sé la pubblica fede, cioè la fiducia della collettività nell’autenticità dei documenti, a prescindere dal fatto che i dati personali riportati siano corretti.
Perché in questo caso non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La particolare tenuità del fatto non è stata applicata perché la Corte di merito ha ritenuto l’offesa alla pubblica fede grave, dato che il documento esibito era stato totalmente falsificato. Questa valutazione sulla gravità del reato è un giudizio di merito che la Corte di Cassazione non può riesaminare.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3186 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3186 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a URAGO D’OGLIO il 02/03/1964
avverso la sentenza del 23/04/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Torino che n confermato la condanna per il reato di cui all’art. 489 cod. pen.;
considerato che il primo motivo di ricorso – con il quale si denuncia la violazione della penale in ordine all’offensività della condotta, atteso che l’imputato avrebbe esibito la pat guida de qua al fine di dimostrare le proprie generalità, risultate veritiere e già accert manifestamente infondato poiché, lungi dal muovere effettive censure alla sentenza di secondo grado, si è limitato a riportare le doglianze prospettate con l’atto di appello e disattese in con ai principi posti dalla giurisprudenza secondo cui, «in tema di falsità in atti, ricorre il cosidd innocuo” nei casi in cui l’infedele attestazione (nel falso ideologico) o l’alterazione (nel fals materiale) siano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e non esplichino effe funzione documentale, non dovendo l’innocuità essere valutata con riferimento all’uso che dell’at falso venga fatto» (Sez. 5, n. 2809 del 17/10/2013, COGNOME, Rv. 258946 – 01);
considerato che il secondo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente denunz violazione della legge penale in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità d particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen. – è manifestamente infondato dirimente considerazione che la Corte di merito ha fondato la propria decisione sulla grav dell’offesa alla pubblica fede arrecata dall’esibizione di un documento totalmente falsificato rendendo una motivazione fondata su parametri posti dall’art. 133, comma 1, cod. pen. (richiamato dall’art. 131-bis, cit.) che non può essere qui sindacata sulla scorta dell’alternativo apprezza di merito che l’impugnazione finisce col perorare (cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, 268360 – 01);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/1p/2024.