Falso innocuo e ricette mediche: la Cassazione fa chiarezza
L’utilizzo di una ricetta medica falsificata per ottenere farmaci non può essere derubricato a falso innocuo se il documento ha effettivamente raggiunto il suo scopo. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la sua condanna e ribadendo principi fondamentali in materia di reati di falso e di limiti all’impugnazione.
I Fatti del Caso: La Condanna per Ricetta Falsificata
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per aver utilizzato una ricetta medica contraffatta al fine di procurarsi dei farmaci. La Corte di Appello di Venezia aveva confermato la sentenza di primo grado, riconoscendo la sua responsabilità per i reati di falso previsti dal codice penale. L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.
L’Appello e i Motivi del Ricorso
Il ricorrente ha basato la sua difesa su due argomentazioni:
1. Una presunta contraddittorietà e carenza nella motivazione della sentenza d’appello, in particolare riguardo all’individuazione del medico la cui firma sarebbe stata falsificata sulla ricetta.
2. La violazione di legge per non aver riconosciuto la sussistenza di un falso innocuo. Secondo la difesa, la condotta non avrebbe dovuto essere punita poiché, in base alla normativa di settore (d.lgs. 219/2006), il falso non era idoneo a ledere il bene giuridico protetto.
La Decisione della Cassazione: Perché il ricorso è inammissibile
La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione.
Il Primo Motivo: Una Questione Mai Sollevata Prima
La Corte ha liquidato rapidamente il primo motivo, etichettandolo come “inedito”. I giudici hanno sottolineato un principio cardine del processo penale: non è possibile sollevare per la prima volta in Cassazione questioni che non sono state specificamente contestate nel precedente grado di giudizio, ossia l’appello. Il giudice d’appello non si era pronunciato su quel punto semplicemente perché non gli era stato chiesto di farlo. Questo divieto mira a garantire la corretta progressione del processo ed evitare strategie processuali dilatorie.
Il Secondo Motivo: L’infondatezza della tesi del falso innocuo
Sul punto centrale del falso innocuo, la Cassazione ha ritenuto il motivo manifestamente infondato. La Corte ha spiegato che la tesi era una mera riproposizione di argomenti già esaminati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello. Il concetto di falso innocuo si applica solo quando la falsificazione è talmente grossolana o irrilevante da non poter ingannare nessuno e, quindi, da non ledere la fiducia che la collettività ripone in certi documenti. In questo caso, però, la ricetta falsa aveva funzionato: l’imputato era riuscito a ottenere i farmaci. La condotta, quindi, non era affatto “innocua”, ma aveva pienamente realizzato il suo scopo illecito, ledendo la fede pubblica.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. In primo luogo, viene ribadito il principio secondo cui l’appello devolve al giudice superiore solo le questioni specificamente indicate nei motivi di impugnazione. Introdurre nuove questioni in Cassazione è proceduralmente scorretto. In secondo luogo, viene chiarito che il reato di falso si consuma nel momento in cui la falsificazione lede la pubblica fede, e non può essere considerato innocuo se il documento contraffatto si dimostra idoneo a raggiungere lo scopo per cui è stato creato. Nel caso di specie, l’ottenimento dei farmaci è la prova lampante dell’efficacia ingannatoria del documento e, quindi, della sua offensività.
Le Conclusioni
L’ordinanza ha conseguenze pratiche rilevanti. Dichiarando l’inammissibilità del ricorso, la condanna è diventata definitiva. Inoltre, a causa della palese infondatezza dei motivi, che denota una colpa nell’impugnazione, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito dove ridiscutere i fatti, ma un controllo di legittimità che richiede motivi solidi e proceduralmente corretti. La tesi del falso innocuo, in particolare, non può essere invocata quando il falso ha sortito i suoi effetti concreti.
È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in appello?
No, di regola non è possibile. La Corte ha chiarito che non si possono dedurre in Cassazione questioni sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato perché non gli sono state sottoposte, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
Quando una falsificazione può essere considerata un “falso innocuo”?
Una falsificazione è “innocua” solo quando è del tutto inidonea a ledere l’interesse protetto dalla norma, ovvero la pubblica fede. In questo caso, la Corte ha stabilito che non si trattava di falso innocuo perché la ricetta falsificata aveva permesso all’imputato di ottenere effettivamente i farmaci, raggiungendo lo scopo illecito.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in caso di colpa (come in questo caso, per l’evidente infondatezza dei motivi), anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6619 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6619 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MARTIRANO LOMBARDO il 20/02/1965
avverso la sentenza del 18/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Venez che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui agli artt. 81, cpv., 477 e 482 cod. pen.;
considerato che il primo motivo di ricorso – che denuncia la contraddittorietà d motivazione posta alla base della dichiarazione di responsabilità dell’imputato, nonché la carenza spiegazione in ordine all’individuazione del sanitario che avrebbe rilasciato la ricetta falsif inedito, perché nell’atto di appello non veniva contestata la commissione del fatto e «non poss essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giu non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza» (Sez. 5, n. 37875 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277637 – 01; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017 Bolognese, Rv. 269745 – 01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME), il che esime dal rimarcare come la sentenza di primo grado (come esposto, in parte qua non censurata con l’appello, avesse chiaramente argomentato al riguardo);
considerato che il secondo motivo di ricorso – che lamenta la violazione della legge pena in ordine all’esclusione della sussistenza di un falso innocuo, non avendo la Corte tenut considerazione la disciplina di cui al d.lgs. 219 del 2006 – è manifestamente infondato in qu fondato su motivi che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntua disattesi dalla Corte di merito che, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, ha esclus configurabilità nel caso di specie di un falso innocuo in modo conforme al diritto (cfr. par. 2. sentenza impugnata), evidenziando, tra l’altro, come tramite la presentazione degli atti l’imputato abbia ottenuto i farmaci;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegu ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna COGNOME> ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 13/11/2024.