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Falso innocuo: quando la contraffazione è punibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un professionista condannato per aver contraffatto un Attestato di Prestazione Energetica (A.P.E.). La Corte chiarisce che il motivo del cosiddetto ‘falso innocuo’ non può essere sollevato per la prima volta in Cassazione e, in ogni caso, la falsificazione di un documento è penalmente rilevante a prescindere dal fatto che il suo utilizzo fosse o meno indispensabile per lo scopo finale.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso innocuo: La Cassazione chiarisce quando la contraffazione è reato

Contraffare un documento è sempre un reato, anche se si ritiene che tale documento non sia strettamente necessario? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito principi fondamentali in materia di reati di falso, chiarendo i limiti del cosiddetto falso innocuo. Questo concetto, spesso invocato dalla difesa, si riferisce a quelle falsificazioni considerate talmente grossolane o irrilevanti da non ledere la pubblica fede. La pronuncia in esame offre spunti cruciali sia sul piano del diritto sostanziale che su quello processuale, delineando quando un ricorso può essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso: La Contraffazione di un Attestato Energetico

Il caso trae origine dalla condanna di un professionista per aver contraffatto un Attestato di Prestazione Energetica (A.P.E.), un documento fondamentale che certifica le caratteristiche energetiche di un immobile. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano confermato la sua colpevolezza, condannandolo a una pena di quattro mesi di reclusione e al pagamento delle spese processuali. L’imputato ha quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la presunta natura di falso innocuo della sua condotta. A suo dire, la falsificazione non avrebbe dovuto essere punita perché non era realmente dannosa.

Il ricorso e il concetto di falso innocuo

L’argomentazione difensiva si fondava sull’idea che l’alterazione dell’A.P.E. fosse, in sostanza, irrilevante ai fini pratici. Secondo la difesa, il professionista avrebbe potuto portare a termine il proprio incarico anche senza allegare quel documento specifico, rendendo la sua contraffazione un’azione priva di reali conseguenze lesive. Questa tesi mirava a far rientrare la condotta nell’alveo del falso innocuo, sostenendo che il reato non si fosse concretizzato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando la tesi difensiva con argomentazioni precise e basate su consolidati orientamenti giurisprudenziali. La decisione si fonda su due pilastri principali.

1. Inammissibilità per Novità del Motivo

Il primo motivo di rigetto è di natura puramente processuale. I giudici hanno rilevato che la questione del falso innocuo non era mai stata sollevata specificamente nell’atto di appello. La legge processuale penale (in particolare l’art. 606, comma 3, c.p.p.) vieta di introdurre per la prima volta in sede di legittimità motivi di ricorso basati su elementi di fatto che potevano e dovevano essere presentati al giudice d’appello. Consentire ciò significherebbe trasformare il giudizio di Cassazione, che è un controllo di pura legalità, in un terzo grado di merito, snaturandone la funzione.

2. L’Infondatezza della Tesi del Falso Innocuo

Anche superando l’ostacolo processuale, la Corte ha sottolineato come la tesi del falso innocuo fosse manifestamente infondata nel merito. La giurisprudenza costante della Cassazione ha chiarito che un falso può essere considerato ‘innocuo’ solo quando l’alterazione è del tutto irrilevante ai fini del significato dell’atto e non ha alcuna incidenza sulla sua funzione documentale.

L’innocuità, precisa la Corte, non deve essere valutata in base all’uso che si fa del documento falso. In altre parole, il fatto che l’agente potesse raggiungere il suo scopo anche senza utilizzare il documento contraffatto non rende la falsificazione lecita. Il reato di falso tutela la fiducia che la collettività ripone negli atti e nei documenti. La contraffazione di un certificato come l’A.P.E. mina questa fiducia a prescindere dal fatto che il suo utilizzo fosse, nel caso specifico, indispensabile o meno. L’uso dell’atto falso, pertanto, non può mai essere considerato di per sé innocuo solo perché non era necessario.

Le conclusioni: Le implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza riafferma con forza due principi cardine. Dal punto di vista processuale, sottolinea l’importanza di strutturare una difesa completa fin dai primi gradi di giudizio, poiché non è possibile ‘riservarsi’ argomentazioni per il ricorso in Cassazione.

Dal punto di vista sostanziale, il messaggio è ancora più netto: la contraffazione di un documento con valenza probatoria è un reato che si perfeziona con l’alterazione stessa. La valutazione sulla sua ‘utilità’ o ‘necessità’ è irrilevante ai fini della sussistenza del reato. La pubblica fede viene lesa nel momento in cui un documento falso viene creato, perché viene minata la sua funzione di certificazione della realtà. Di conseguenza, appellarsi al falso innocuo è una strada difensiva estremamente difficile e percorribile solo in casi eccezionali di alterazioni palesemente grossolane o insignificanti, e non quando si discute della mera opportunità del suo utilizzo.

Cos’è un ‘falso innocuo’ secondo la Corte di Cassazione?
Un falso è ‘innocuo’, e quindi non punibile, solo quando l’alterazione del documento è talmente irrilevante da non modificare in alcun modo il significato dell’atto e non incidere sulla sua funzione documentale. La valutazione non deve basarsi sull’uso che viene fatto del documento.

È possibile sollevare un’argomentazione difensiva per la prima volta nel ricorso in Cassazione?
No, di regola non è consentito. La Corte di Cassazione ha ribadito che i motivi di ricorso non possono basarsi su elementi e argomentazioni (cosiddetti ‘motivi inediti’) che non siano stati precedentemente sottoposti al giudice dell’appello, specialmente se riguardano questioni di fatto.

La contraffazione di un documento è reato anche se il suo uso non è strettamente necessario?
Sì. Secondo la Corte, il reato si perfeziona con la falsificazione stessa, poiché lede la pubblica fede. L’eventuale non necessità di utilizzare quel documento per raggiungere un determinato scopo non rende la condotta ‘innocua’ e quindi non esclude la punibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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