Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 16012 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 16012 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile CONSIGLIO NOTARILE DISTRETTUALE DI ROVIGO nel procedimento a carico di:
NOME nato a AVELLINO il 27/07/1981
avverso la sentenza del 07/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
uditi i difensori:
l’avv. COGNOME del foro di VENEZIA, che insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
l’avv. COGNOME del foro di BOLOGNA, che insiste per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Venezia, in riforma della pronuncia di primo grado, ha assolto, con la formula “perché il fatto non sussiste”, NOME COGNOME, notaio in Rovigo, da due residue contestazioni di falso in atto pubblico fidefacente, precisamente in verbali di aste immobiliari; la sentenza ha anche revocato le statuizioni civili. In primo grado, l’imputata era stata assolta da altre analoghe contestazioni e da altri reati di falso in atto pubblico da lei formato e condannata solo per le due imputazioni, poi risolte nell’assoluzione in grado di appello, riferite ai verbali datati 13.1.2017.
L’imputata era stata tratta a giudizio perché, quale notaio delegato alle vendite presso il Tribunale di Rovigo, falsamente dichiarava, in più occasioni, in verbali fidefacenti di aste immobiliari, che erano comparsi davanti a lei i difensori dei creditori, pur non essendo ella fisicamente presente in Tribunale e non avendo mai incontrato detti legali nella data indicata negli atti.
La Corte d’appello ha assolto l’imputata ritenendo i falsi “innocui”.
Avverso la citata sentenza d’appello ha proposto ricorso la parte civile, il Consiglio Notarile Distrettuale di Rovigo, in persona del suo legale rappresentante e tramite il procuratore speciale e difensore di fiducia, l’avv. COGNOME impugnando la decisione agli effetti civili, con riguardo ai capi di imputazione contestat all’imputata (A, nn. 4 e 5), relativi a due dei verbali fidefacenti di aste immobiliar precisamente quelli del giorno 13.1.2017.
2.1. Il primo motivo di ricorso denuncia manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione della sentenza impugnata, che, contrariamente a quanto accertato, ha ritenuto il falso innocuo poiché relativo soltanto al luogo, ove il notaio avrebbe incontrato i due avvocati dei quali si attesta la presenza e redatto il verbale (il suo studio piuttosto che il Tribunale), laddove, invece, risulta dall dichiarazioni di tali due avvocati, testimoni nel processo (gli avvocati COGNOME e COGNOME), che il notaio COGNOME il 13.1.2017 non li incontrò affatto, in nessun luogo, mentre in Tribunale giunse, circa due ore dopo l’orario indicato nei verbali, soltanto la segretaria del notaio. Ciò risulta dal verbale stenotipico dell’udienza del 18.2.2020 alla pagina 34 (teste COGNOME) e alla pagina 35 (teste COGNOME).
2.2. Il secondo motivo di censura eccepisce violazione di legge in relazione agli artt. 479-476, comma 2, cod. pen. e 49 cod. pen., nonché agli arrt. 2699 e 2700 cod. civ.; si denuncia, altresì, vizio di manifesta illogicità della motivazione.
Poste le premesse in fatto già enunciate nel primo motivo, quanto all’accertamento processuale della circostanza che il notaio non incontrò affatto, nel giorno indicato, i due avvocati dei quali si attesta la presenza nei verbali
fidefacenti, il ricorso rileva come le disposizioni del codice civile evocate rendono rilevanti, al fine della valenza di piena prova dell’atto pubblico fidefacente fino querela di falso, non soltanto i contenuti dell’atto indicativi della provenienza dal pubblico ufficiale che l’ha formato, delle dichiarazioni delle parti e degli altri f che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ma anche quelli indicativi del luogo dove l’atto è formato, ai sensi dell’art. 2699 cod. civ.
Se i due verbali attestano la presenza del notaio all’udienza del 13.1.2017 e la comparizione dei due legali innanzi al notaio stesso, allora i verbali sono falsi nella misura in cui il notaio non si è recato quel giorno nell’udienza fissata per la vendita in esecuzione della delega del giudice dell’esecuzione immobiliare, né ha incontrato i due avvocati. La funzione notarile non può esercitarsi per interposta persona, sostiene la difesa, mentre la sentenza impugnata sembra equiparare la presenza della segretaria del notaio a quella del notaio stesso, tanto da ritenere innocuo il falso che attiene soltanto a tale aspetto.
Né rileva che gli avvocati siano stati effettivamente in Tribunale nel giorno indicato negli atti, poiché l’aspetto di falsità atterrebbe comunque: a) all’attestazione della loro presenza dinanzi al notaio delegato “personalmente” e nell’orario indicato; b) all’identificazione dei soggetti comparsi; c) all’attestazion del notaio, pure contenuta negli atti, di aver dato atto ai presenti che l’asta era andata deserta. Tutte circostanze non vere perché mai accadute, secondo quanto accertato pacificamente nella sentenza impugnata.
La difesa dell’imputata ha depositato ampia memoria in vista dell’udienza con cui evidenzia l’errata prospettiva della parte civile e chiede che il ricorso venga rigettato, tenuto conto anche che nessuna lesione dell’onore e della reputazione dell’Ordine dei Notai vi è stata nel caso di specie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, per le ragioni che si indicheranno di seguito.
1.1. Deve premettersi che, secondo la sentenza impugnata, al di là del rilievo delle molte circostanze di fatto evocate dalla motivazione e dal ricorso della parte civile o dalla memoria depositata dall’imputata, è provato che l’imputata, quale notaio delegato dal giudice per l’esecuzione immobiliare ai sensi dell’art. 591-bis cod. proc. civ., nel giorno e nel tempo in cui sono stati da lei sottoscritti i d verbali di aste immobiliari deserte contestati, non si recò nella sede del Tribunale di Rovigo, ove l’atto risulta testualmente che sia stato redatto e sottoscritto, né
acclarò dinanzi a sé, contestualmente, la presenza dei due avvocati, interessati alle aste immobiliari alle quali i verbali si riferivano.
Viceversa, i verbali sono stati da lei sottoscritti come se fossero stati formati proprio nell’ufficio giudiziario, cui si riferiscono l’intestazione e i contenuti dell’ e con l’attestazione dell’intervento, alla presenza dell’imputata delegata dal giudice per l’esecuzione immobiliare, dei due citati avvocati.
I giudici d’appello ritengono che l’attestazione del luogo ove è stato redatto l’atto e le ulteriori indicazioni relative ai presenti dinanzi al notaio ed alla identità non abbiano rilievo penale, sebbene tali dati non siano corrispondenti al vero, stante la diversa funzione fidefacente del verbale di asta immobiliare andata deserta, avente altro e differente oggetto.
L’immutatio veri sarebbe intrinsecamente priva di effetti giuridici, essendo stati correttamente rappresentati gli elementi di fatto di cui l’atto era destinato provare la veridicità, vale a dire l’assenza di aspiranti all’asta immobiliare acclarata con procedura già chiusa nei termini di legge.
Poiché la funzione del verbale redatto era solo quella di attestare il mancato pervenimento di offerte per le due aste immobiliari, fissare la data di rinvio per la nuova asta, con ribasso della base, e dare atto della presenza dei rappresentanti dei creditori (i due avvocati dei quali si contesta l’attestazione di falsa presenza dinanzi al notaio, nel tempo e luogo di formazione dell’atto), vista la veridicità d dette circostanze, il falso relativo agli ulteriori elementi di tempo e luogo d accertamento della presenza degli avvocati di parte, al cospetto del notaio, sarebbe irrilevante, in quanto innocuo.
1.2. La prospettiva della Corte territoriale non è esatta se si opera un confronto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice, cui si farà cenno nel prosieguo dell’analisi della questione sottoposta al Collegio, che, in sintesi, può essere riassunta come segue: se sussista un’ipotesi di falso innocuo nel caso di falsa attestazione relativa ai soli dati di formale contesto dell’att pubblico fidefacente redatto dal notaio (presenza delle parti dinanzi al pubblico ufficiale; tempo e luogo di formazione dell’atto), nella specie i verbali di aste immobiliari formati su delega del giudice dell’esecuzione.
Bisogna prendere l’avvio dall’esame della ratio di tutela alla base della criminalizzazione dei reati di falso.
Ebbene, la disciplina penale dei reati di falso in atto pubblico e, di conseguenza, l’interpretazione “formante” che ad essa conferisce la giurisprudenza di legittimità puntano ad un obiettivo di tutela massima dei contenuti dell’atto proveniente da un pubblico ufficiale, al fine di garantire il bene giuridico primario della “fede pubblica”, vale a dire la fiducia che deve riporsi nella
veridicità delle attestazioni contenute in documenti pubblici, pena l’incertezza di posizioni e situazioni giuridiche per i cittadini, gli individui, gli enti.
Ecco perché costituisce opzione consolidata di questa Suprema Corte ritenere che, in tema di falsità in atti, il falso innocuo si configura solo in caso di inesisten dell’oggetto tipico della falsità, di modo che questa riguardi un atto assolutamente privo di valenza probatoria, quale un documento inesistente o assolutamente nullo (Sez. 5, n. 28599 del 7/4/2017, COGNOME, Rv. 270245; Sez. 5, n. 11498 del 5/7/1990, COGNOME, Rv. 185132).
Detto altrimenti, sussiste il “falso innocuo” quando l’infedele attestazione (nel falso ideologico) o la compiuta alterazione (nel falso materiale) sono del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio e, perta non esplicano effetti sulla sua funzione documentale, con la conseguenza che l’innocuità deve essere valutata non con riferimento all’uso che dell’atto falso venga fatto, ma avendo riguardo all’idoneità dello stesso ad ingannare comunque la fede pubblica (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 47601 del 26/5/2014, COGNOME, Rv. 261812; Sez. 5, n. 5896 del 29/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280453).
E ciò – si anticipa, in chiave di soluzione della questione sottoposta al Collegio – vale per ciascuna parte dei suoi contenuti che abbia valenza documentatrice e comunicativa.
Recentemente, anche le Sezioni Unite hanno siglato una definizione di falso c.d. innocuo, quale “falso irrilevante ai fini del significato dell’atto e del suo val probatorio e che, dunque, si rivela inidoneo ad esplicare effetti sulla sua funzione documentale”, coerente la giurisprudenza di legittimità consolidata (ex multis, oltre alle sentenze già richiamate, anche Sez. 5, n. 2809 del 17/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258946; Sez. 5, n. 35076 del 21/04/2010, Immordino, Rv. 248395).
Le Sezioni Unite hanno, altresì, rammentato – perché essenziale alla decisione della questione controversa risolta – che, essendo così rilevante ed ampio il livello di protezione del bene giuridico della fede pubblica nel nostro ordinamento, anche gli atti pubblici “stranieri” ricevono tutela attraverso la incriminazione del fal documentale, purché siano idonei a produrre un qualsiasi effetto nell’ordinamento giuridico italiano (ex multis Sez. 3, n. 7783 del 30/01/1985, COGNOME, Rv. 170270; Sez. 5, n. 1797 del 03/07/1984, COGNOME, Rv. 165256).
2.1. In tale contesto, la speciale categoria di documenti dotati di fede privilegiata, ex art. 476, comma secondo, cod. pen., riceve ancor più spiccata tutela (dimostrata dal più elevato editto sanzionatorio della fattispecie incriminatrice aggravata ai sensi della citata disposizione).
Si tratta di quella categoria di documenti destinati “ah initio” alla prova, ossia precostituiti a garanzia della pubblica fede, e redatti da un pubblico ufficiale
investito di una speciale potestà documentatrice, attribuita da una legge o da norme regolamentari, anche interne, ovvero desumibili dal sistema, in forza delle quali l’atto assume una presunzione di verità assoluta, ossia di massima certezza eliminabile solo con l’accoglimento della querela di falso o con sentenza penale (cfr., da ultimo, sul principio, Sez. 6, n. 15641 del 19/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286376; nonché Sez. 5, n. 28047 del 11/4/2019, COGNOME, Rv. 277246).
Tra questi, rientra certamente la tipologia di atti al centro dell’imputazione oggi all’esame del Collegio, vale a dire i verbali di aste immobiliari (nel caso di specie andate deserte), formati dal notaio, all’uopo delegato dal giudice delle esecuzioni immobiliari ex art. 591-bis cod. proc. civ., per dare atto dell’incanto e dei suoi esiti e redigere i relativi verbali, appunto.
Tali verbali rientrano in quella tipologia di atti che, in quanto provenienti d un pubblico ufficiale investito di potestà certificative e documentatrici, sono sempre considerati atti pubblici ai fini della tutela penale (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 15901 del 15/2/2021, COGNOME, Rv. 281041).
In un’ipotesi pressochè analoga nei contenuti al caso di specie, si è ricordato come ciò che caratterizza l’atto pubblico fidefacente è, oltre all’attestazione di fatt appartenenti all’attività del pubblico ufficiale o caduti sotto la sua percezione, l circostanza che esso sia destinato ab initio alla prova, ossia precostituito a garanzia della pubblica fede e redatto da un pubblico ufficiale autorizzato, nell’esercizio di una speciale funzione certificatrice, che deve intendersi diretta, cioè, per legge, alla prova di fatti che lo stesso funzionario redigente riferisce come visti, uditi o compiuti direttamente da lui (Sez. 6, n. 10414 del 12/12/1989, dep. 1990, COGNOME, Rv. 184934; conforme Sez. 5, n. 2837 del 9/2/1983, COGNOME, Rv. 158265).
Nella fattispecie decisa dalla sentenza COGNOME la questione riguardava proprio un atto in cui un notaio aveva attestato di aver identificato un soggetto precisamente firmatario di atti di costituzione di una società e di accettazione di carica – che non era invece comparso alla sua presenza.
Anche una sentenza più recente – Sez. 5, n. 8200 del 15/1/2018, COGNOME, Rv. 272419 – torna utile per ricostruire le opzioni ermeneutiche in relazione al reato di falso avente ad oggetto gli elementi contenutistici accessori, ma necessariamente previsti per la forma documentatrice dell’atto pubblico, diversi dai dati per la cui attestazione esso è funzionalmente predisposto.
Tale pronuncia ha chiarito come risponde del delitto di falso ideologico il segretario comunale che, nel rogare un atto di donazione, attesta falsamente la presenza, al momento della sottoscrizione dell’atto, dei testimoni e delle parti e la lettura dell’atto medesimo alla presenza dei predetti; ed in motivazione, la Corte ha escluso che una simile ipotesi potesse rientrare nella categoria del “falso
innocuo”, in quanto la condotta era comunque idonea a ledere la fede pubblica e l’affidamento dei terzi, nonostante l’atto, quale donazione, potesse essere considerato nullo o annullabile, mancando alcuni requisiti essenziali. Ciò perché esso al di là della sua funzione precipua, era comunque capace di produrre affidamento e di spiegare effetti giuridici sino a quando non rimosso dall’universo giuridico.
Ed è proprio quest’ultimo il tema centrale che deve orientare la decisione anche nella fattispecie oggi all’esame del Collegio: risponde del reato di falso il pubblico ufficiale – quale certamente è il notaio rogante delegato dal giudice a redigere il verbale di asta immobiliare – che forma e sottoscrive attestazioni contrarie al vero contenute nell’atto, qualsiasi sia il loro oggetto ed a prescindere dall’uso che dell’atto si faccia, ovvero a prescindere dalla funzione specifica dell’atto ed ancorchè sia veritiera l’attestazione nella parte relativa (nel caso d specie, con riguardo al fatto che le aste immobiliari riportate nei verbali erano andate deserte).
Se la falsità ricade su contenuti diversi da quelli alla prova dei quali l’atto specificamente destinato, vale a dire sull’attestazione di presenza delle parti intervenute dinanzi a sé e del luogo e del tempo ove l’atto stesso è stato formato, ciò non esclude la configurabilità del reato, né integra un’ipotesi di falso innocuo, che è tale solo se la condotta, pur incidendo sul significato letterale di un atto, non incide sul suo significato comunicativo e non ne altera il senso in alcun modo (vedi Sez. 5, n. 38720 del 19/06/2008, COGNOME, Rv. 241936).
Tali attestazioni false, infatti, tradiscono comunque la funzione autenticativa e certificativa che è propria del pubblico ufficiale-notaio e sono, in sé, capaci di ledere il bene giuridico della fede pubblica e dell’affidamento dei terzi, poiché comprovano, con il crisma probatorio della verità, l’esistenza di un fatto in realtà inesistente; e ciò è sufficiente ai fini della configurazione del reato di fal ideologico (Sez. 5, n. 12693 del 10/02/2006, COGNOME, Rv. 234706; Sez. 5, n. 45295 del 07/07/2005, COGNOME, Rv. 232722).
Del resto, l’art. 2699 cod. civ., che dà la nozione di atto pubblico valida anche a fini penalistici – ancorchè, nella visione dell’ordinamento penale, tale nozione sia ritenuta più ampia (cfr. la citata sentenza n. 15901 del 2021 e la successiva Sez. 5, n. 37880 del 8/9/2021, COGNOME, Rv. 282028) – lo definisce come “il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato”.
La stessa disposizione normativa, pertanto, impone di considerare rilevante, tra i contenuti dell’atto, anche quelli di forma, primo tra tutti quello del luogo dov l’atto è formato.
2.2. Trasportando tali considerazioni di ordine interpretativo al caso di specie, i verbali di asta immobiliare redatti dall’imputata rilevano a fini documentali sott un duplice profilo: quello riferito ai contenuti funzionali dell’atto (vale a dir mancanza effettiva e provata di aspiranti acquirenti) e quello riferito ai requisit formali e necessari dell’attestazione dei dati di presenza, tempo e luogo accertati dal pubblico ufficiale.
E come si è chiarito, l’innocuità del falso non deve essere valutata con riferimento all’uso che dell’atto falso venga fatto, ma deve emergere dall’atto stesso (cfr., oltre alle sentenze già richiamate, anche Sez. 5, n. 2809 del 17/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258946).
In altre parole, se l’atto è idoneo a comunicare un determinato contenuto, a prescindere dal suo uso e dalla sua funzione, deve ritenersi configurabile il reato ove tale contenuto sia falso.
Nel caso di specie, l’atto è utile ad attestare la presenza degli avvocati dei quali si dà contezza nel verbale (e dello stesso ufficiale rogante) in un determinato luogo, ad una certa ora; e tanto basta, se sono non veritiere tali indicazioni, a renderlo falso.
Del resto, l’uso di un atto pubblico non è preventivabile al momento della sua formazione, potendo il suo contenuto rilevare nel futuro per scopi diversi da quello funzionale, proprio in relazione ai dati formali relativi all’indicazione delle presenz accertate, nei tempi e luoghi trascritti (si pensi all’ipotesi estrema di pot utilizzare l’atto come prova della non presenza di un soggetto sulla scena di un crimine nelle medesime circostanze spazio-temporali).
Ecco perché la giurisprudenza si preoccupa di sottolineare sempre l’irrilevanza dell’uso che dell’atto falso venga fatto.
Tanto più se, come nel caso di specie, si tratta di atto pubblico fidefacente, dotato di fede privilegiata fino a querela di falso.
La prospettiva del ricorso della parte civile coglie l’incoerenza della decisione del giudice d’appello in punto di qualificazione giuridica della condotta, all’esit delle premesse in fatto poste dalla stessa Corte di secondo grado, che non sono in discussione non essendo state oggetto di ricorso neppure da parte del notaio.
2.3. Deve aggiungersi, altresì, che non hanno rilievo le osservazioni svolte dalla difesa dell’imputata al fine di sostenere la tesi del falso innocuo, con le qual si sono evidenziate la modifica normativa del procedimento di asta immobiliare, oggi solo telematica, e la prassi di disapplicazione delle forme rituali “fisiche vigenti all’epoca dei fatti contestati, che certo non può incidere sulla portata del precetto penale; nè assumono importanza le circostanze che il documento “falso” non sia stato oggetto dei provvedimenti di cui all’art. 537 cod. proc. pen. – che conseguono alla condanna per un reato di falsità in atti o documentale che, nel
caso di specie, è stato escluso – oppure che il notaio non abbia subito procedimento disciplinare, per aver rinunciato ai compensi derivati dalla formazione degli atti
oggetto della contestazione.
2.3. Deve affermarsi, in conclusione, anche nella fattispecie in esame, che è
configurabile il reato di falso quando la falsità ricade, oltre che su contenuti all prova dei quali l’atto è specificamente destinato, anche su requisiti formali e
necessari dell’attestazione, quali i dati di presenza, relativi al tempo e al luogo d essa e di formazione dell’atto, asseverati dal pubblico ufficiale.
In tale ipotesi, infatti, non può ritenersi sussistente il cd. falso innocuo, ch
è tale solo se la condotta, pur incidendo sul significato letterale di un atto, non incide sul suo significato comunicativo e non ne altera il senso in alcun modo.
3. Il ricorso, in tutti i motivi svolti, ha colto le aporie della sentenza impugna che, pertanto, deve essere annullata agli effetti civili, con rinvio al giudice civ
competente per valore in grado di appello.
Le spese richieste dalle parti nel grado di legittimità saranno oggetto di decisione in quella sede competente.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, agli effetti civili, e rinvia per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
Così deciso il 28/2/2025.