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Falso innocuo in edilizia: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un presidente di associazioni condannato per aver falsamente attestato la natura temporanea di opere edilizie in una CIL. La Corte ribadisce che il cosiddetto ‘falso innocuo’ va valutato ex ante e non in base alla facile riconoscibilità da parte di un tecnico. Inoltre, viene sottolineato che non è possibile introdurre motivi di ricorso nuovi in sede di legittimità.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso innocuo in edilizia: quando una bugia palese è comunque reato

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema del falso innocuo in materia edilizia, chiarendo i confini tra una bugia palese e una dichiarazione penalmente rilevante. Il caso riguarda la falsa attestazione della natura temporanea di opere edilizie in una Comunicazione di Inizio Lavori (CIL), una situazione che solleva importanti questioni sulla idoneità dell’atto a ingannare la Pubblica Amministrazione. Analizziamo la decisione per capire i principi applicati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il presidente di due associazioni veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.). L’imputato, in concorso con il progettista, aveva presentato una CIL in sanatoria, attestando falsamente che le opere edilizie in corso di esecuzione fossero destinate a soddisfare esigenze ‘contingenti e temporanee’ e che sarebbero state rimosse entro 90 giorni. In realtà, le opere avevano un carattere stabile e permanente. La falsa dichiarazione era finalizzata a ottenere una concessione in sanatoria che altrimenti non sarebbe stata concessa.

I Motivi del Ricorso e la tesi del falso innocuo

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali.

La tesi del falso grossolano

In primo luogo, la difesa sosteneva che si trattasse di un falso innocuo o ‘grossolano’. La falsità della dichiarazione sarebbe stata così evidente dalla stessa descrizione delle opere contenuta nella CIL da non poter trarre in inganno nessuno, tantomeno i tecnici specializzati dell’Ufficio Urbanistica del Comune. Secondo questa tesi, la non temporaneità delle opere era palese, rendendo la falsa attestazione inidonea a ledere la fede pubblica e configurando quindi un ‘reato impossibile’.

L’inidoneità probatoria della CIL

In secondo luogo, si argomentava che la CIL non fosse un atto destinato a ‘provare la verità dei fatti attestati’, essendo il suo contenuto sempre soggetto a verifica da parte degli uffici competenti. Pertanto, l’atto sarebbe stato privo di quella ‘valenza probatoria privilegiata’ richiesta dalla norma per integrare il reato di falso ideologico.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni della difesa con motivazioni nette sia nel merito che nel rito.

La valutazione del falso innocuo deve essere ‘ex ante’

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la valutazione sull’inidoneità dell’azione, e quindi sulla sussistenza di un falso innocuo, deve essere compiuta ‘ex ante’, cioè in base a un giudizio che si colloca nel momento in cui la dichiarazione viene resa. Tale valutazione non deve basarsi sulla prospettiva di un destinatario particolarmente qualificato (come un tecnico comunale), ma sulla generalità dei consociati.

Il fatto che un tecnico esperto, a seguito di un controllo, abbia potuto scoprire la falsità non rende la dichiarazione ‘grossolana’ o ‘innocua’ in origine. L’attestazione sulla temporaneità delle opere era un elemento centrale e non irrilevante, poiché mirava a ottenere la concessione in sanatoria. Di conseguenza, la Corte ha escluso che la falsità fosse riconoscibile ‘ictu oculi’ (a colpo d’occhio) e ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello logica e coerente.

L’inammissibilità dei motivi nuovi in Cassazione

La seconda argomentazione, relativa alla presunta assenza di valore probatorio della CIL, è stata giudicata inammissibile per una ragione procedurale cruciale. La Corte ha osservato che questa specifica questione non era stata sollevata nei motivi di appello. I motivi presentati nel secondo grado di giudizio si erano concentrati sull’elemento soggettivo e sulla tesi del falso grossolano.

Secondo un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale, non è possibile presentare in Cassazione questioni che non siano state specificamente devolute alla Corte d’Appello con i motivi di gravame. Ciò serve a evitare che il giudice di legittimità si pronunci su punti che non sono stati sottoposti al controllo del giudice precedente. Di conseguenza, questo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ‘nuovo’.

Conclusioni

La decisione offre due importanti insegnamenti. Sul piano sostanziale, rafforza un’interpretazione rigorosa del concetto di falso innocuo, specificando che la capacità di ingannare va valutata in astratto e ‘ex ante’, senza tener conto delle specifiche competenze del soggetto che riceve l’atto. Una dichiarazione falsa finalizzata a un obiettivo illecito non diventa ‘innocua’ solo perché un esperto potrebbe smascherarla. Sul piano processuale, l’ordinanza ricorda l’importanza strategica di articolare in modo completo ed esaustivo tutti i motivi di contestazione sin dal primo atto di impugnazione, poiché le questioni non sollevate in appello non potranno, di regola, essere introdotte per la prima volta in Cassazione.

Quando una dichiarazione falsa è considerata ‘falso innocuo’ e quindi non punibile?
Secondo la Corte, una falsità è ‘innocua’ solo quando l’attestazione non veritiera appare del tutto irrilevante ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio. La valutazione va fatta ‘ex ante’ (al momento della dichiarazione) e con riguardo alla generalità delle persone, non alla capacità di un esperto di scoprire l’inganno.

È possibile sollevare una nuova questione legale per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione?
No, di regola non è possibile. La Corte ha ribadito che non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Introdurre un argomento nuovo rende il relativo motivo di ricorso inammissibile.

Una falsa attestazione in una CIL è sempre reato anche se l’ufficio tecnico comunale può facilmente verificarla?
Sì, può configurare reato. La Corte ha chiarito che l’idoneità a trarre in inganno la fede pubblica non deve essere valutata in base alla possibilità di verifica da parte di un destinatario qualificato. Ciò che conta è la funzione dell’atto e l’intenzione di ingannare al momento della presentazione della dichiarazione per ottenere un vantaggio illecito, come una concessione in sanatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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