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Falso innocuo e retrodatazione: la Cassazione decide

Un funzionario pubblico ha retrodatato il protocollo di un atto, sostenendo in sua difesa che si trattasse di un falso innocuo. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile. La sentenza chiarisce che alterare la data di un protocollo lede la fede pubblica e la funzione certificativa dell’atto, pertanto non può mai essere considerato un falso penalmente irrilevante.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso Innocuo: La Retrodatazione di un Atto Pubblico è Sempre Reato? La Cassazione Chiarisce

Introduzione: Quando un Falso Non È “Innocuo”

La falsificazione di documenti è un tema delicato nel nostro ordinamento, specialmente quando coinvolge atti della Pubblica Amministrazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un funzionario pubblico condannato per aver retrodatato un atto, il quale si era difeso invocando la tesi del falso innocuo. La Corte, con una motivazione netta, ha ribadito un principio fondamentale: alterare la data di un protocollo pubblico non è mai un’azione penalmente irrilevante, poiché mina alla base la fiducia e la certezza che tali atti devono garantire.

I Fatti del Caso: La Retrodatazione Contestata

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condotta di un responsabile dell’ufficio tecnico di un Comune. L’imputato era stato accusato di aver falsamente attestato l’acquisizione al protocollo comunale di una relazione tecnica in una data antecedente a quella effettiva. In particolare, il documento riportava la data del 23 giugno, ma le prove raccolte, tra cui alcuni messaggi scambiati tramite un’app di messaggistica con il tecnico di fiducia dell’impresa richiedente, dimostravano in modo inequivocabile che in quella data l’atto non era stato ancora redatto, essendo stato completato solo il 26 giugno. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna per il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.).

I Motivi del Ricorso: Tra Vizio di Motivazione e Falso Innocuo

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomentazioni principali.

1. Errata Valutazione delle Prove

In primo luogo, ha lamentato un’errata applicazione delle norme sulla valutazione della prova e un vizio di motivazione. A suo dire, i giudici di merito avrebbero fondato la condanna su un giudizio ipotetico e illogico, desunto dai messaggi, senza avere la certezza che la comunicazione si riferisse proprio all’atto contestato.

2. La Tesi del Falso Innocuo

In secondo luogo, ha sostenuto la tesi del falso innocuo. Secondo la difesa, la retrodatazione non avrebbe avuto alcuna conseguenza pratica, non incidendo sul significato dell’atto né sul suo valore probatorio. L’alterazione della data, quindi, sarebbe stata un’azione “innocua”, incapace di ledere gli interessi della Pubblica Amministrazione o di terzi e, come tale, non punibile penalmente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando entrambe le argomentazioni difensive con motivazioni chiare e precise.

Sulla Valutazione delle Prove

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha ricordato che il giudizio di legittimità non consente un riesame delle prove. Il compito della Cassazione non è quello di fornire una lettura alternativa dei fatti, ma di verificare la logicità e la coerenza della motivazione dei giudici di merito. In questo caso, la valutazione delle prove (inclusi i messaggi) è stata ritenuta non manifestamente illogica, rendendo la censura inammissibile.

L’Inesistenza del Falso Innocuo nel Caso di Specie

Il punto centrale della sentenza riguarda la reiezione della tesi del falso innocuo. La Corte ha spiegato che tale concetto si applica solo in casi eccezionali, ovvero quando la falsità riguarda un atto assolutamente privo di valenza probatoria (ad esempio, un documento inesistente o nullo).

Nel caso della retrodatazione di un protocollo, la situazione è radicalmente diversa. La funzione del protocollo è proprio quella di attestare con “fede privilegiata” la data e la successione temporale della ricezione o spedizione di atti da parte di un ufficio pubblico. Alterare questa data significa minare la funzione certificativa essenziale dell’atto. È un’azione intrinsecamente idonea a trarre in inganno sia la Pubblica Amministrazione sia i terzi, indipendentemente dall’uso concreto che si farà del documento falsificato.

Le Conclusioni: Nessuna Tolleranza per la Falsificazione di Date

La decisione della Cassazione è perentoria: il ricorso è inammissibile. La sentenza riafferma con forza che la retrodatazione di un atto pubblico non può mai essere derubricata a falso innocuo. La data non è un elemento accessorio, ma il cuore della funzione di certificazione temporale del protocollo. Qualsiasi alterazione compromette la fede pubblica e la certezza dei rapporti giuridici, integrando pienamente il reato di falso. Questa pronuncia serve da monito sulla serietà e l’intangibilità delle attestazioni temporali negli atti amministrativi, confermando una linea di rigore a tutela della trasparenza e della legalità.

Retrodatare un documento pubblico può essere considerato un ‘falso innocuo’?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la retrodatazione di un atto, in particolare l’alterazione della data di protocollo, non è mai un falso innocuo. Questo perché incide sulla funzione certificativa dell’atto, che è quella di attestare con fede privilegiata la data e la successione temporale, ingannando la Pubblica Amministrazione e i terzi.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove, come i messaggi di una chat, per decidere se la valutazione del giudice precedente era corretta?
No, la Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione delle prove. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Non può sostituire il proprio giudizio a quello del giudice di merito, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia manifestamente illogica o contraddittoria.

Cosa succede se il reato si prescrive dopo la sentenza di secondo grado ma prima della decisione della Cassazione?
Se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile (come in questo caso), l’eventuale prescrizione maturata dopo la sentenza di secondo grado non può essere dichiarata. L’inammissibilità del ricorso impedisce la formazione di un valido rapporto processuale e, di conseguenza, preclude l’esame di eventuali cause di estinzione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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