Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20924 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20924 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato il 7.11.1941 a Milano nel procedimento a carico del medesimo: avverso la sentenza del 18/11/2024 della Corte di appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; COGNOME che ha lette le conclusioni del difensore del ricorrente avv.to insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza del tribunale di Milano con la quale NOME NOME era stato condannato in ordine al reato ex art. 483 c.p.
Avverso la predetta sentenza COGNOME COGNOME mediante il proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di impugnazione.
Si rappresenta, con il primo, il vizio di motivazione, contestando che si possa dedurre la insussistenza originaria di un soppalco, che invece, secondo la Scia sottoscritta dall’imputato sarebbe stato preesistente, sulla sola base della inesistenza di previ titoli abilitativi del medesimo, posto che sarebbe frequente
constatare, specie in immobili datati, la presenza di opere realizzate in assenza di titoli edilizi eppur esistenti. Di conseguenza, non esisterebbe il dolo del reato attesa la ritenuta rappresentazione da parte dell’imputato di una situazione di fatto ( la inesistenza originaria di un soppalco) ricostruita in base a prove logiche viziate. Sarebbero deficitarie le ulteriori argomentazioni sviluppate in punto di responsabilità, sempre perché fondate sull’assioma della inesistenza originaria del soppalco.
Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione per illogicità, laddove si è escluso che l’imputato, come da lui prospettato, possa avere sottoscritto la Scia descrittiva della preesistenza del soppalco senza esaminarne il contenuto e senza essersi accorto delle difformità tra lo stato di fatto (privo del soppalco) e la sua rappresentazione negli elaborati planimetrici allegati alla pratica edilizia.
Con il terzo motivo deduce il vizio di motivazione per contraddittorietà, per la mancata considerazione da parte della Corte di appello di informazioni ricavabili da documentazione prodotta dalla difesa, costituita da due verbali di assemblea condominiale funzionali ad escludere la responsabilità dell’imputato, posta la emersione di circostanze quali la mancata sollevazione, da parte della assemblea condominiale, di censure nei confronti dell’imputato quale amministratore del condominio, e il mancato coinvolgimento, da parte del solo tecnico incaricato della pratica edilizia, dello stesso amministratore.
Con il quarto motivo rappresenta l’omessa motivazione dell’elemento soggettivo del reato, non fondato sulla illustrazione di circostanze concrete ma su un originario criterio inferenziale illogico, già in precedenza illustrato e in grado di pregiudicare ogni ulteriore considerazione motivazionale.
Il primo e secondo motivo sono inammissibili. I giudici hanno escluso la sussistenza originaria di un soppalco, come invece rappresentato in una Scia sottoscritta dal ricorrente, sulla base di solide argomentazioni logiche, quali la appurata assenza di titoli abilitativi di riferimento. Solide in ragione del dato di sistema per cui la creazione di un soppalco, come più in generale la realizzazione di interventi di una certa consistenza edilizia, si accompagna e deve accompagnarsi con corrispondenti titoli abilitativi. Cosicchè, la opposta tesi difensiva della possibilità della esistenza di interventi di tal fatta sine titulo non traduce in una massima di esperienza bensì in una mera asserzione soggettiva, non corroborata da alcuna circostanza e come tale del tutto astratta e ipotetica, e inidonea a superare un argomento quale quello predetto. Lungo tale linea, anche le ulteriori argomentazioni dei giudici delle due conformi sentenze, che la
difesa stessa correla al primo presupposto argomentativo sopra citato, appaiono coerenti: da un amministratore di condominio, che per sua stessa ammissione ha curato molteplici pratiche edilizie e cui è affidata la cura dell’immobile interessato da Scia, tanto da averne libero accesso (cfr. su tale punto la prima sentenza, pure citata da quella qui impugnata), bisogna aspettarsi che curi con diligenza la relativa pratica, a partire dalla attenta lettura della stessa, rispetto alla qual appare altrettanto congruo, e comunque non “manifestamente” illogico come richiede l’art. 606 cod. proc. pen., ritenere facilmente individuabile – dalla lettura dei grafici rappresentativi dello stato di fatto, presentati nel quadro di interventi di portata edilizia alquanto semplice, quali definiti di manutenzione straordinaria – la rappresentazione di un soppalco in realtà consapevolmente, per le ragioni suesposte, inesistente. Corrobora la ricostruzione, anche la coerente considerazione della inverosimiglianza di una iniziativa del condomino incaricato della pratica edilizia incriminata realizzata ad insaputa del suo formale committente ovvero il ricorrente quale amministratore. Rispetto a tale adeguata motivazione, della quale, per quanto osservato, non si evidenziano vizi “manifesti”, si oppone in sostanza una rivalutazione del merito della vicenda, come tale inammissibile.
Egualmente rivalutativo è il terzo motivo, con cui si propongono ancora una volta argomentazioni di parte, prive di una portata oggettiva e dirimente, posto che la limitata reazione soggettiva del condominio a fronte delle problematiche insorte con la pratica edilizia in contestazione, non è di per sé inequivoco segnale della assenza di responsabilità di altri, a partire dall’amministratore, ben potendo essere giustificata da molteplici quanto variabili e talvolta impalpabili ragioni e dinamiche intersoggettive.
Anche il quarto motivo è manifestamente infondato, avendo le due sentenze, attraverso il percorso GLYPH logico-motivazionale prima sintetizzato, spiegato le ragioni per cui si è ritenuto che il ricorrente abbia consapevolmente dichiarato il falso, nella pratica edilizia, quanto alla rappresentata preesistenza del soppalco.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.