Falso in Documento: Quando il Possesso Diventa Partecipazione alla Contraffazione?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20415/2024, è tornata a pronunciarsi sul delicato tema del falso in documento, offrendo un importante chiarimento sulla gravità del reato a seconda delle modalità di falsificazione. Il caso in esame riguarda un individuo condannato per tentata truffa e per il possesso di un documento d’identità che, pur riportando la sua fotografia, conteneva generalità false. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato, dichiarando il ricorso inammissibile.
I Fatti di Causa
La vicenda giudiziaria ha origine da una sentenza della Corte di Appello di Bologna, che confermava la condanna di un imputato per i reati di tentata truffa (artt. 56 e 640 c.p.) e possesso di documenti di identificazione falsi (art. 497-bis c.p.), fatti commessi nel 2016. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, contestando l’affermazione della sua responsabilità penale e lamentando una violazione di legge.
L’Analisi del Ricorso e la questione del Falso in Documento
Il ricorso presentato alla Suprema Corte è stato rapidamente liquidato come generico e manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la difesa non si è confrontata in modo critico e specifico con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, limitandosi a una contestazione generale. Questo tipo di approccio rende il ricorso inammissibile, in quanto non assolve alla sua funzione di evidenziare precisi errori di diritto commessi dal giudice di merito.
Il punto centrale dell’ordinanza, tuttavia, risiede nell’analisi del reato di falso in documento previsto dall’art. 497-bis del codice penale.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il reato di cui all’art. 497-bis c.p. punisce il possesso e la fabbricazione di documenti di identificazione falsi. La norma, però, prevede due diverse fattispecie con gravità differente.
Il comma 1 punisce il possesso o la fabbricazione di un documento di identificazione falso. Il comma 2, invece, prevede una pena più severa e si applica quando il documento, pur riportando la fotografia del possessore, reca generalità o altri dati falsi.
Nel caso di specie, l’imputato era in possesso di un documento con la propria foto ma con dati anagrafici non corrispondenti al vero. Secondo la Cassazione, questa circostanza non integra il reato meno grave del comma 1, bensì quello più severo del comma 2. La ragione è logica e stringente: se la foto è quella del possessore, è evidente che quest’ultimo ha necessariamente partecipato, o comunque concorso, alla contraffazione del documento, fornendo la propria immagine per completare il falso. Non si tratta quindi di un mero possesso di un documento creato da altri, ma di una condotta che presuppone un coinvolgimento diretto nella falsificazione.
La Corte ha richiamato un suo precedente (Sez. 5, n. 25659 del 13/03/2018), confermando che la presenza della foto del detentore su un documento con generalità false è prova della sua partecipazione al processo di contraffazione.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in commento offre due importanti spunti di riflessione. Sul piano processuale, ribadisce la necessità di redigere ricorsi per cassazione specifici e puntuali, che dialoghino criticamente con la sentenza impugnata, pena l’inammissibilità. Sul piano sostanziale, consolida un’interpretazione rigorosa del reato di falso in documento. Chi viene trovato in possesso di un documento d’identità con la propria foto e dati falsi non potrà sostenere di essere un mero utilizzatore inconsapevole, ma sarà ritenuto responsabile della più grave fattispecie di reato, che implica un ruolo attivo nella falsificazione. Questa decisione rafforza la tutela della fede pubblica, punendo più severamente chi non solo utilizza, ma contribuisce a creare strumenti di inganno come i documenti falsificati.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando è generico, non si confronta in maniera critica con le motivazioni della sentenza impugnata e, di conseguenza, risulta manifestamente infondato.
Qual è la differenza legale tra possedere un documento falso con la foto di un altro e uno con la propria foto?
La differenza è sostanziale. Il possesso di un documento con la propria foto ma con generalità false integra una fattispecie di reato più grave (art. 497-bis, comma 2, c.p.), perché la presenza della foto dimostra la partecipazione del possessore alla contraffazione del documento stesso, a differenza del mero possesso di un documento interamente falso.
Perché il ricorso dell’imputato è stato respinto?
È stato respinto perché la Corte lo ha ritenuto inammissibile su due fronti: era generico per aspecificità, in quanto non contestava puntualmente le ragioni della Corte d’Appello, ed era manifestamente infondato alla luce della consolidata giurisprudenza sia sul tentativo di truffa sia sul reato di falso in documento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20415 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20415 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che, con la sentenza pronunciata in data 22 settembre 2023, la Corte di Appello di Bologna ha confermato la condanna inflitta a COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 56 e 640 (capo A) e 497-bis cod. pen. (capo B) (fatti commessi in Bologna il 15 settembre 2016);
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando un solo motivo;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il motivo di ricorso, che denuncia la violazione degli artt. 640 e 497-bis cod. pen. contestando l’affermazione di responsabilità dell’imputato per i delitti ascrittigli, è generi aspecificità, in quanto non si confronta, men che meno in maniera critica, con la motivazione rassegnata nella sentenza impugnata sul punto (vedasi pag. 2 della sentenza impugnata), e, comunque, manifestamente infondato, avuto riguardo all’insegnamento impartito dalla giurisprudenza di questa Corte sia in tema di tentativo di truffa, come correttamente evocato, nella sentenza impugnata, sia in tema di falso in documento identificativo, secondo cui integr il reato di cui all’art. 497-bis, comma 2, cod. pen., e non quello meno grave di cui al comma 1 della stessa norma, il possesso di un documento d’identità recante la foto del possessore con false generalità, essendo evidente, in tal caso, la partecipazione di quest’ultimo a contraffazione del documento (Sez. 5, n. 25659 del 13/03/2018, Rv. 273303);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso 1’8 maggio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente