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Falso in bilancio di previsione: reato e confisca

Un commissario straordinario di un ente pubblico falsificava i bilanci di previsione per ottenere fondi regionali. La Corte di Cassazione ha confermato che il falso in bilancio di previsione costituisce reato, poiché non si basa solo su valutazioni discrezionali ma su dati oggettivi. Di conseguenza, ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato e ha confermato la confisca del suo compenso, ritenuto profitto diretto del reato di truffa, nonostante i reati fossero stati dichiarati prescritti in appello.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso in bilancio di previsione: quando una stima diventa reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1739 del 2024, ha affrontato un tema di grande rilevanza nel diritto penale dell’economia: la configurabilità del falso in bilancio di previsione. Spesso si ritiene che un documento previsionale, basato su stime e proiezioni, non possa essere oggetto di falsità materiale o ideologica. Tuttavia, la Suprema Corte ha ribadito un principio cruciale: anche un bilancio di previsione deve ancorarsi a dati oggettivi e veritieri. La loro alterazione per indurre in errore la pubblica amministrazione e ottenere fondi integra i reati di falso e truffa, con la conseguente confisca dei profitti illeciti.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda il Commissario Straordinario di un Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza (Ipab), un ente che versava in una grave crisi finanziaria. Per garantire la sopravvivenza dell’istituto e l’erogazione di contributi pubblici da parte della Regione, il commissario aveva redatto i bilanci di previsione per gli anni 2013 e 2014 attestando un fittizio pareggio di bilancio. Tale risultato era stato ottenuto attraverso l’iscrizione di poste attive inesistenti, come crediti per assistenza a persone fragili, per i quali era già intervenuto un diniego di accreditamento, e mutui bancari mai richiesti né discussi con alcun istituto di credito.

Questi documenti falsificati inducevano in errore la Regione e il Comune, che continuavano a erogare contributi pubblici indispensabili per il mantenimento in vita dell’ente. Grazie a questa operazione, il Commissario si procurava un profitto ingiusto, costituito dagli emolumenti percepiti per il suo incarico, quantificati in circa 28.000 euro. La Corte d’Appello, pur dichiarando i reati di falso e truffa prescritti, aveva confermato la confisca diretta di tale somma, ritenuta profitto del reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso dell’imputato inammissibile, confermando integralmente la decisione impugnata. I giudici hanno respinto la tesi difensiva secondo cui il bilancio di previsione, avendo natura valutativa e programmatoria, non potesse essere oggetto del reato di falso.

Le motivazioni: perché il falso in bilancio di previsione è reato?

La Cassazione ha chiarito che, sebbene il bilancio di previsione contenga proiezioni future, esso non è un atto di pura discrezionalità. Al contrario, deve fondarsi su presupposti oggettivi e dati storici, come la situazione finanziaria attuale e passata dell’ente. L’attestazione di poste attive palesemente inesistenti o irrealizzabili non rappresenta una stima errata, ma una vera e propria falsificazione di dati materiali che sono il presupposto della valutazione. Citando precedenti giurisprudenziali, la Corte ha affermato che la falsità è configurabile quando gli enunciati valutativi si basano su dati di fatto diversi da quelli reali o su elementi inesistenti.

In questo caso, l’aver inserito crediti già negati e mutui mai richiesti ha trasformato il bilancio in uno strumento ingannevole, idoneo a rappresentare una realtà economica artefatta. Questo ha condotto all’induzione in errore degli enti pubblici, integrando il reato di truffa. La Corte ha inoltre specificato che l’eventuale conoscenza della crisi finanziaria da parte di alcuni funzionari regionali non esclude il reato, poiché l’idoneità del raggiro è dimostrata dall’effettivo conseguimento del risultato, ovvero l’erogazione dei fondi.

Le conclusioni

Infine, la sentenza ha confermato che il compenso percepito dal Commissario costituisce il profitto diretto del reato. La condotta fraudolenta ha ‘inquinato’ l’intero procedimento amministrativo, rendendo illegittimo l’incarico stesso e, di conseguenza, gli emolumenti percepiti. Il vantaggio economico è derivato direttamente dalla commissione dell’illecito, poiché senza la falsificazione dei bilanci, l’ente sarebbe stato probabilmente sciolto e il Commissario non avrebbe mantenuto la sua posizione e il relativo stipendio. La decisione ribadisce quindi un principio di rigore: chi ottiene un vantaggio personale attraverso la falsificazione di documenti contabili, anche se previsionali, non può trattenere i frutti della propria condotta illecita, anche in caso di prescrizione del reato.

Un bilancio di previsione, che contiene stime future, può essere oggetto del reato di falso?
Sì. La Corte di Cassazione chiarisce che un bilancio di previsione, pur contenendo stime, deve basarsi su dati oggettivi e reali. L’attestazione di fatti inesistenti (come crediti non esigibili o mutui mai richiesti) per alterare la rappresentazione della realtà economica integra il delitto di falso perché non si tratta di una valutazione errata, ma di una falsificazione della base informativa.

La conoscenza della difficile situazione finanziaria da parte dell’ente erogatore esclude il reato di truffa?
No. Secondo la sentenza, è irrilevante che alcuni funzionari dell’ente pubblico erogatore potessero essere a conoscenza della crisi finanziaria. Il reato di truffa si perfeziona con l’effettiva induzione in errore causata dagli artifici e raggiri, che ha portato all’erogazione di contributi che altrimenti non sarebbero stati concessi. L’idoneità dell’inganno è provata dal risultato ottenuto.

Lo stipendio percepito dal responsabile può essere considerato profitto del reato e quindi essere confiscato?
Sì. La Corte ha stabilito che il compenso percepito dal Commissario costituisce profitto diretto del reato. La condotta fraudolenta ha ‘inquinato’ l’intero procedimento, consentendo all’ente di continuare a operare e al commissario di mantenere il suo incarico. Pertanto, lo stipendio è un vantaggio economico derivato immediatamente dalla commissione dell’illecito e, come tale, è soggetto a confisca.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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