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Falso in autocertificazione: reato anche senza norma

Un soggetto, condannato per appropriazione indebita e falso in autocertificazione per aver venduto un’auto non sua tramite una delega falsificata, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha annullato la condanna per appropriazione indebita a seguito della remissione della querela, ma ha confermato la responsabilità per il reato di falso in autocertificazione. È stato stabilito che le dichiarazioni sostitutive rese a un pubblico ufficiale, ai sensi del D.P.R. 445/2000, sono destinate a provare la verità dei fatti e la loro falsificazione integra il delitto di falsità ideologica.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso in Autocertificazione per Vendere un’Auto: la Cassazione Conferma il Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di dichiarazioni rese ai pubblici ufficiali: il falso in autocertificazione integra il reato di falsità ideologica previsto dall’art. 483 del codice penale, anche quando non esista una norma specifica che imponga al dichiarante di dire il vero. Il caso analizzato riguarda la vendita illecita di un’autovettura tramite un modello di delega falsificato, ma le implicazioni della decisione si estendono a tutte le dichiarazioni sostitutive rese alla Pubblica Amministrazione.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo per i reati di appropriazione indebita e falsità ideologica. L’imputato, dopo aver ricevuto un’autovettura tramite un contratto estimatorio dal legittimo proprietario (titolare di una concessionaria), invece di restituirla o perfezionarne l’acquisto, decideva di venderla a un terzo.

Per portare a termine la vendita, predisponeva un “Modello di delega per la presentazione delle formalità” recante la firma falsificata del proprietario. Questo documento veniva poi inoltrato all’ufficio ACI competente per ottenere un nuovo certificato di proprietà, inducendo così in errore l’ente pubblico e agendo come se fosse il legittimo titolare del bene.

La Decisione della Corte di Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali: la tardività della querela per l’appropriazione indebita e l’insussistenza del reato di falsità ideologica.

Estinzione del Reato di Appropriazione Indebita

Durante la pendenza del ricorso, è intervenuto un fatto decisivo: la persona offesa ha rimesso la querela e l’imputato ha accettato la remissione. La giurisprudenza consolidata stabilisce che la remissione di querela, se ritualmente accettata, determina l’estinzione del reato. Questo principio prevale anche su eventuali cause di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna limitatamente al reato di appropriazione indebita, ormai estinto.

La Conferma del Reato di Falso in Autocertificazione

Ben diverso è stato l’esito per il secondo capo d’imputazione. Il reato di falsità ideologica commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) è procedibile d’ufficio, pertanto la remissione di querela non ha alcun effetto su di esso. La difesa sosteneva che non si potesse configurare il reato, in quanto mancava una specifica norma giuridica che attribuisse al “modello di delega” la funzione di provare i fatti attestati. Secondo tale tesi, si sarebbe trattato di un “falso inutile”.

La Corte ha respinto categoricamente questa argomentazione, dichiarando il motivo manifestamente infondato.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione sul Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. n. 445 del 2000). Il “modello di delega” utilizzato dall’imputato non era un semplice scritto privato, ma una vera e propria dichiarazione sostitutiva, riconducibile a quelle previste dagli articoli 46 e 47 del suddetto decreto.

L’articolo 76 dello stesso D.P.R. punisce, “ai sensi del codice penale”, chiunque rilascia dichiarazioni mendaci. La Corte ha chiarito che queste disposizioni creano un sistema in cui l’obbligo di affermare il vero è imposto direttamente dalla legge. Le dichiarazioni sostitutive sono considerate come “fatte a pubblico ufficiale” e sono per loro natura “destinate a provare la verità” dei fatti, stati e qualità personali in esse affermati. Quando un privato rilascia una dichiarazione falsa a un pubblico ufficiale, che la raccoglie in un atto pubblico, commette il reato di cui all’art. 483 c.p. perché lede la fede pubblica.

In altre parole, non è necessario cercare una norma esterna che imponga la veridicità; è la stessa funzione dell’autocertificazione, come definita dal D.P.R. 445/2000, a richiederla, sanzionandone penalmente la violazione.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce la serietà e il valore legale delle autocertificazioni nel nostro ordinamento. Qualsiasi dichiarazione resa a un ente pubblico attraverso i moduli di dichiarazione sostitutiva è considerata un atto destinato a produrre effetti giuridici e a provare la veridicità di quanto attestato. La tesi del “falso inutile” non trova spazio quando la dichiarazione è funzionale a ottenere un provvedimento amministrativo, come un nuovo certificato di proprietà.

Questa pronuncia serve da monito: la semplificazione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione, basata sulla fiducia nel cittadino, comporta una corrispondente responsabilità penale per chi abusa di tale strumento. Il reato di falso in autocertificazione è quindi pienamente configurabile ogni volta che si attesta il falso in documenti destinati a essere trasfusi in un atto pubblico, con conseguenze penali significative.

Cosa succede se la querela per un reato come l’appropriazione indebita viene ritirata durante il processo in Cassazione?
Se la querela viene rimessa dalla persona offesa e l’imputato accetta la remissione, il reato si estingue. La Corte di Cassazione deve prenderne atto e annullare la sentenza di condanna per quel specifico reato, anche se il ricorso presentasse altri profili di inammissibilità.

Presentare un’autocertificazione con dati falsi a un ente pubblico come l’ACI per vendere un’auto costituisce reato?
Sì, costituisce il reato di falsità ideologica commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.). Secondo la sentenza, le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi del D.P.R. 445/2000 sono per loro natura destinate a provare la verità dei fatti e sono considerate come rese a un pubblico ufficiale. Dichiarare il falso in tali documenti lede la fede pubblica e integra il reato.

Perché la dichiarazione falsa su un “modello di delega” non è considerata un “falso inutile”?
Non è un “falso inutile” perché tale documento, essendo una dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 445/2000, è specificamente destinato a provare la verità dei fatti in esso affermati (in questo caso, il potere di agire in nome del proprietario). L’atto ha quindi un’efficacia probatoria riconosciuta dalla legge, e la sua falsificazione è penalmente rilevante in quanto idonea a trarre in inganno la Pubblica Amministrazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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