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Falso in atto pubblico: quando un file Word è reato?

Un dirigente di un’azienda sanitaria, per ottenere incentivi economici, avrebbe indotto un collega a modificare un verbale di valutazione delle performance, ancora in formato digitale editabile. La Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso contro la misura cautelare della sospensione, stabilendo un principio chiave sul falso in atto pubblico: anche un documento intermedio e non definitivo, come una bozza di verbale, può essere considerato atto pubblico se destinato ad avere rilevanza giuridica all’interno di un procedimento amministrativo. La Corte ha confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso in atto pubblico: anche una bozza in Word può costare caro

Nell’era digitale, la linea di demarcazione tra una bozza di lavoro e un documento ufficiale può sembrare sottile, ma le conseguenze legali possono essere enormi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico di falso in atto pubblico, chiarendo che anche la modifica di un file Word, non ancora firmato e definitivo, può integrare un grave reato se inserito in un procedimento della Pubblica Amministrazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il caso: la modifica di un verbale per ottenere incentivi

I fatti al centro della vicenda riguardano un dirigente di un’Azienda Sanitaria, indagato per aver istigato il segretario dell’Organismo Indipendente di Valutazione (O.I.V.) a modificare un verbale. L’obiettivo era alterare le percentuali di raggiungimento degli obiettivi aziendali della propria unità operativa, al fine di ottenere illecitamente degli incentivi economici legati alla performance.

La falsificazione sarebbe avvenuta su un file del verbale, prima che questo venisse formalmente finalizzato e firmato digitalmente da tutti i componenti. La scoperta è avvenuta grazie al confronto tra la versione modificata e una copia informale conservata da un membro dello staff tecnico. A seguito della scoperta, il segretario dell’O.I.V. avrebbe ammesso le sue responsabilità, dichiarando di aver agito su pressione del dirigente. Ciò ha portato all’applicazione di una misura cautelare interdittiva, ovvero la sospensione dalle funzioni per 12 mesi, nei confronti del dirigente.

I motivi del ricorso: una semplice bozza non è un atto pubblico

La difesa del dirigente ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su alcuni punti chiave:

* Natura del documento: Il file modificato era un semplice file Word editabile, una bozza non ancora approvata né firmata da tutti. Pertanto, secondo la difesa, non poteva essere considerato un “atto pubblico” la cui alterazione potesse configurare il reato contestato.
* Mancanza di prove: Non vi sarebbero state prove sufficienti a dimostrare le presunte pressioni esercitate sul segretario, la cui confessione era ritenuta inattendibile.
* Esigenze cautelari: La misura della sospensione era considerata sproporzionata, data l’assenza di precedenti penali del dirigente e il tempo trascorso dai fatti.

La questione centrale: la qualificazione del falso in atto pubblico

Il cuore della controversia giuridica risiedeva nella definizione di “atto pubblico” ai fini del reato di falso ideologico. Può un documento interno, ancora in fase di lavorazione e tecnicamente modificabile, assumere tale qualifica? La difesa sosteneva di no, equiparandolo a una semplice bozza priva di valore legale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo motivazioni molto chiare e di grande rilevanza pratica. I giudici hanno stabilito che la nozione di atto pubblico non si limita ai soli documenti formali, definitivi e destinati a provare fatti all’esterno (ai sensi dell’art. 2699 c.c.). La qualifica si estende anche agli atti endoprocedimentali.

Un atto endoprocedimentale è un documento che, pur essendo interno a un procedimento amministrativo complesso, è destinato ad avere una propria rilevanza giuridica o probatoria interna. Nel caso di specie, il verbale modificato, sebbene ancora in bozza, era un atto cruciale del processo di valutazione. Il suo contenuto era destinato a essere trasfuso in un prospetto riepilogativo per la liquidazione degli incentivi economici. Pertanto, era un atto dotato di rilevanza giuridica e suscettibile di produrre effetti concreti.

La Corte ha specificato che è irrilevante se l’atto non sia stato ancora sottoscritto da tutti i componenti o se fosse in un formato “editabile”. Ciò che conta è il suo inserimento funzionale nel procedimento amministrativo e la sua capacità di incidere sulla decisione finale. Di conseguenza, l’alterazione del suo contenuto integra pienamente il delitto di falso in atto pubblico.

Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte ha ritenuto che la valutazione del Tribunale del Riesame sui gravi indizi di colpevolezza (basati sulla confessione del co-indagato e sui riscontri documentali) fosse logica e ben motivata. Anche la valutazione sulla proporzionalità della misura cautelare è stata giudicata corretta, in considerazione delle modalità della condotta e del rischio di reiterazione del reato.

Le conclusioni

Questa sentenza rappresenta un monito importante per chiunque operi all’interno della Pubblica Amministrazione. La Corte Suprema ha rafforzato un principio fondamentale: l’integrità e la veridicità dei documenti pubblici sono tutelate in ogni fase del procedimento amministrativo, non solo al momento della loro formalizzazione finale. L’alterazione di una “semplice bozza” su un server condiviso o su un cloud, se finalizzata a ingannare e a produrre effetti giuridici, non è una leggerezza, ma un reato grave. Nell’era del lavoro digitale, la responsabilità sulla correttezza degli atti inizia dal primo click e non solo dall’apposizione dell’ultima firma.

La modifica di un file Word, non ancora firmato da tutti, può essere considerata falso in atto pubblico?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che anche un documento intermedio e non definitivo (atto endoprocedimentale), come una bozza di verbale, può essere qualificato come atto pubblico se è destinato ad avere rilevanza giuridica o probatoria all’interno del procedimento amministrativo, a prescindere dal suo stato di finalizzazione o dal formato editabile.

Per applicare una misura cautelare come la sospensione dal lavoro è necessaria la prova certa della colpevolezza?
No. Per l’applicazione di una misura cautelare non è richiesta la prova piena della responsabilità, come nel giudizio finale, ma la sussistenza di ‘gravi indizi di colpevolezza’. Questo standard si basa su un giudizio di qualificata probabilità che l’indagato sia responsabile del reato contestato.

La confessione di un co-indagato che accusa un’altra persona è sufficiente per una misura cautelare?
Da sola non è sufficiente. La chiamata in correità (quando un indagato ne accusa un altro) deve essere supportata da riscontri esterni, ovvero altri elementi di prova che ne confermino l’attendibilità e colleghino in modo diretto e oggettivo la persona accusata ai fatti contestati. In questo caso, il Tribunale ha ritenuto che tali riscontri fossero presenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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