Falso in Atto Pubblico: La Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso Reiterativo
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini dell’ammissibilità dei ricorsi in materia di falso in atto pubblico, sottolineando come la semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nei gradi di merito conduca a una inevitabile declaratoria di inammissibilità. Questo principio è cruciale per comprendere la strategia difensiva in sede di legittimità.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dalla condanna di un imputato, confermata in primo e secondo grado dalla Corte d’Appello di Napoli, per il delitto di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici, previsto dall’art. 479 del codice penale. L’imputato, ritenuto responsabile, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: il vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato. In particolare, la difesa sosteneva l’assenza di dolo, ovvero della consapevolezza e volontà di commettere l’illecito, tentando di derubricare la condotta a una mera negligenza.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: il ricorso non può limitarsi a una “pedissequa reiterazione” delle doglianze già sollevate e puntualmente respinte dalla Corte di merito. Il giudice di secondo grado, infatti, aveva già analizzato e disatteso in modo corretto ed esaustivo la tesi difensiva, individuando elementi concreti che provavano la responsabilità penale dell’imputato.
Le Motivazioni: Il Dolo nel Falso in Atto Pubblico e l’Inammissibilità
Le motivazioni della Corte si concentrano su due aspetti fondamentali.
In primo luogo, viene ribadito che il ricorso per Cassazione è “manifestamente infondato” e non consentito quando si traduce in una semplice riproposizione di argomenti già vagliati. La Corte d’Appello aveva infatti motivato la sua decisione sulla base di specifici elementi probatori, tra cui la nomina fittizia di un professionista e il coinvolgimento in altre vicende correlate, elementi che escludevano la possibilità di una semplice negligenza.
In secondo luogo, la Cassazione conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, per la configurazione del reato di falso in atto pubblico, è sufficiente il cosiddetto “dolo generico”. Ciò significa che per essere colpevoli basta la coscienza e la volontà di porre in essere una condotta contraria alla verità, senza che sia richiesto un fine specifico. Di conseguenza, l’argomento difensivo basato sulla mancanza di un intento specifico o sull’errore colposo è stato ritenuto inefficace e non idoneo a scalfire la logicità della sentenza impugnata.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: per accedere con successo al giudizio di Cassazione, non è sufficiente dissentire dalla valutazione dei fatti operata dai giudici di merito. È necessario, invece, individuare vizi di legittimità specifici, come un’errata applicazione della legge o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, presentando argomentazioni nuove e pertinenti. La mera riproposizione delle stesse tesi difensive, soprattutto in relazione all’elemento psicologico di reati come il falso in atto pubblico dove il dolo generico è sufficiente, si scontra con il rigido filtro di ammissibilità della Suprema Corte, comportando non solo il rigetto del ricorso ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato, in quanto si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di legittimità.
Qual è l’elemento soggettivo richiesto per il reato di falso in atto pubblico secondo questa ordinanza?
L’ordinanza conferma che per il reato di falso in atto pubblico previsto dall’art. 479 c.p. è sufficiente il dolo generico, ovvero la semplice coscienza e volontà di attestare il falso, rendendo irrilevante la tesi della mera negligenza.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2932 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2932 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 30/11/1962
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, che ha confermato la sentenza di primo grado con cui l’imputato era stato ritenuto responsabile per il delitto di falso di cui all’art. 479 cod. pen.;
letta la memoria pervenuta via PEC in data 27/11/2024 a firma dell’avv. COGNOME e presentata nell’interesse di NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia vizi di motivazione in ordine alla valutazione del quadro probatorio, deducendo, in particolare, l’assenza dell’elemento soggettivo del dolo, sia manifestamente infondato e non consentito in sede di legittimità, perché fondato su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito, la quale – in modo corretto ed esaustivo – ha individuato gli elementi posti a fondamento della responsabilità del ricorrente (si veda, in particolare, quanto specificato a pag. 9 del provvedimento impugnato: dalla nomina fittizia dell’arch. COGNOME, alla partecipazione alla vicenda di Collaro, all impossibilità di accedere alla tesi della negligenza anche rispetto alla giurisprudenza sul dolo generico del delitto previsto dall’art. 479 cod. pen.);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 18 dicembre 2024
r DEPOSITATA
Il consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
Michele Romano