LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Falso in atto pubblico: la responsabilità del C.A.A.

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di falso in atto pubblico a carico del legale rappresentante di un Centro di Assistenza Agricola (C.A.A.). L’imputato aveva falsamente attestato la regolarità e completezza documentale della domanda di un’imprenditrice agricola per l’ottenimento di fondi comunitari, pur in assenza dei requisiti e degli allegati necessari. La Corte ha stabilito che gli operatori dei C.A.A. rivestono la qualifica di incaricati di pubblico servizio e che le loro attestazioni hanno natura fidefacente. Per integrare il reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza di attestare il falso, senza che sia necessario provare un fine specifico.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso in atto pubblico: la responsabilità penale degli operatori C.A.A.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29461/2025, ha affrontato un’importante questione relativa alla responsabilità penale degli operatori dei Centri di Assistenza Agricola (C.A.A.). La pronuncia chiarisce la natura giuridica della loro funzione e le conseguenze derivanti da attestazioni non veritiere, configurando il reato di falso in atto pubblico. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere i doveri e le responsabilità di chi opera in un settore delicato come quello delle erogazioni di fondi comunitari.

Il Caso: La Falsa Attestazione nella Domanda di Fondi Agricoli

Il legale rappresentante di un Centro di Assistenza Agricola era stato condannato in primo e secondo grado per il reato di falsità ideologica commessa da incaricato di pubblico servizio in atti pubblici. L’accusa era di aver falsamente attestato la correttezza formale e la completezza documentale della ‘Domanda unica di pagamento’ presentata da un’azienda agricola per la campagna 2014.

In particolare, l’imputato aveva certificato che la domanda conteneva tutti gli allegati necessari a comprovare i requisiti per l’accesso ai fondi comunitari e che tali documenti erano depositati presso gli uffici del C.A.A. In realtà, l’azienda agricola non possedeva i requisiti richiesti, come la titolarità di alcuni fondi, e i presunti allegati non erano mai stati depositati.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su cinque motivi principali:
1. Carenza di motivazione sull’elemento soggettivo: la difesa sosteneva che il fine ultimo (la truffa per i fondi UE, reato ormai prescritto) dovesse essere considerato per valutare l’intenzione.
2. Mancata valutazione di una tesi difensiva: si ipotizzava che la documentazione potesse essere andata smarrita durante un trasferimento di sede del C.A.A.
3. Insussistenza della qualifica di incaricato di pubblico servizio: secondo il ricorrente, i C.A.A. sono enti di diritto privato.
4. Assenza della natura fidefacente dell’atto: si contestava che la legge attribuisse valore di fede pubblica alle attestazioni dei C.A.A., il cui controllo sarebbe meramente formale.
5. Errato bilanciamento delle circostanze: la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente considerato la condotta processuale positiva dell’imputato.

Falso in atto pubblico: L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo tutti i motivi infondati o inammissibili. L’analisi della Corte fornisce chiarimenti essenziali sul ruolo e le responsabilità dei C.A.A.

La Qualifica di Incaricato di Pubblico Servizio dei C.A.A.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Cassazione ha ribadito che gli operatori dei C.A.A., quando agiscono in funzione della convenzione stipulata con l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (A.G.E.A.), ente di diritto pubblico, rivestono la qualifica di incaricati di pubblico servizio. In queste attività, i C.A.A. si sostituiscono di fatto all’A.G.E.A., esercitando una funzione pubblica delegata. Pertanto, sono soggetti alle medesime responsabilità penali previste per tale qualifica.

La Natura Fidefacente degli Atti e il Dolo Generico

La Corte ha confermato che le attestazioni dei C.A.A. hanno natura fidefacente. La legge (in particolare l’art. 25, comma 2, del D.L. 9/2012) stabilisce espressamente che i dati contenuti nel fascicolo aziendale elettronico, curato dai C.A.A., fanno fede nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Il loro ruolo non è un mero controllo formale, ma include la responsabilità dell’identificazione del produttore e dell’accertamento del titolo di conduzione dell’azienda.

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo del reato di falso in atto pubblico, la Corte ha specificato che è sufficiente il dolo generico. Non è necessario dimostrare un fine ultimo specifico (come l’ottenimento indebito dei contributi). È sufficiente la consapevolezza e la volontà di attestare un fatto non vero, come la presenza di documenti in realtà inesistenti. L’argomentazione difensiva sul ‘fine ultimo’ è stata quindi respinta come irrilevante.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda su principi giuridici consolidati. In primo luogo, il trasferimento di funzioni da un ente pubblico (A.G.E.A.) a un soggetto convenzionato (C.A.A.) comporta anche il trasferimento dello status giuridico-penale rilevante, qualificando gli operatori come incaricati di pubblico servizio. In secondo luogo, la legge attribuisce espressamente fede pubblica agli atti formati dai C.A.A. nell’ambito di queste funzioni, rendendoli responsabili della veridicità di quanto attestano. Infine, la configurazione del dolo generico per il reato di falso ideologico esclude la necessità di indagare su motivazioni ulteriori rispetto alla cosciente falsificazione dell’atto. La Corte ha inoltre giudicato inammissibili i motivi che miravano a una nuova valutazione dei fatti (l’ipotesi dei documenti smarriti) e ha ritenuto logica e ben motivata la valutazione del giudice di merito sul bilanciamento delle circostanze.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza il principio di responsabilità per chiunque eserciti funzioni delegate dalla pubblica amministrazione. Gli operatori dei Centri di Assistenza Agricola devono essere pienamente consapevoli che le loro attestazioni non sono mere formalità, ma atti dotati di fede pubblica, la cui falsificazione integra il grave reato di falso in atto pubblico. La decisione sottolinea che la semplice attestazione di una regolarità documentale, se non corrispondente al vero, è sufficiente per incorrere in una condanna penale, indipendentemente dal raggiungimento di un profitto o di altri scopi illeciti.

Un operatore di un Centro di Assistenza Agricola (C.A.A.) può essere considerato un incaricato di pubblico servizio?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che quando i C.A.A. operano in base a una convenzione con un ente pubblico come l’A.G.E.A. per la gestione delle domande di contributo, i loro operatori si sostituiscono all’ente stesso e assumono la qualifica di incaricati di pubblico servizio.

Per configurare il reato di falso in atto pubblico, è necessario dimostrare un fine specifico, come quello di ottenere un profitto ingiusto?
No. Secondo la sentenza, per il reato di falsità ideologica in atti pubblici è sufficiente il ‘dolo generico’, ovvero la semplice coscienza e volontà di attestare il falso. Non è necessario provare che l’agente avesse un fine ulteriore, come quello di truffare lo Stato.

Le attestazioni rilasciate da un C.A.A. hanno valore di atto pubblico con fede privilegiata?
Sì. La Corte ha stabilito che la normativa di settore (in particolare l’art. 25 del D.L. n. 5/2012) attribuisce espressamente ‘natura fidefacente’ ai dati contenuti nel fascicolo aziendale elettronico gestito dai C.A.A. Questo significa che tali atti fanno piena prova fino a querela di falso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati