Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29461 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29461 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/06/2025
In nome del Popolo Italiano
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 1015/2025
NOME SESSA
CC – 27/06/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 15703/2025
IRENE SCORDAMAGLIA
NOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ENNA il 15/12/1970
avverso la sentenza del 29/01/2025 della Corte d’appello di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso.
Con sentenza emessa il 22 maggio 2024, il Tribunale di Enna aveva condannato COGNOME NOME NOME per il reato di cui agli artt. 479-476, comma 2, cod. pen., contestato al capo 2 dellÕoriginaria imputazione, di cui facevano parte anche i reati di cui agli artt. 40-483 cod. pen. e 76 d.P.R. n. 445
del 2000 (capo 1) e 56-640-bis cod. pen. (capo 3), in ordine ai quali, giˆ in precedenza, era intervenuta sentenza di estinzione per prescrizione.
Con sentenza pronunziata il 29 gennaio 2025, la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la pronuncia di primo grado.
Secondo la Corte di appello, COGNOME NOME COGNOME nella qualitˆ di legale rappresentante del Centro di assistenza agricola ÒCAA Eurocaa Enna 006Ó, nel ricevere la ÇDomanda unica di pagamentoÈ dell’azienda agricola di COGNOME NOME COGNOME, relativa alla campagna 2014, e nel formare la scheda di valutazione, avrebbe falsamente attestato la correttezza formale e la completezza documentale della domanda. In particolare, avrebbe falsamente attestato che la domanda contenesse gli allegati posti a fondamento della richiesta dei fondi comunitari e che gli stessi fossero depositati presso gli uffici del ÒC.A.A.Ó. La Fascetto, in realtˆ, non avrebbe avuto i requisiti richiesti per l’ottenimento dei contributi comunitari (tra i quali anche quello di essere titolare di alcuni fondi), che, invece, nella domanda in questione aveva rappresentato di avere e di documentare con presunti allegati.
Avverso la sentenza della Corte di appello, lÕimputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 125, 192 e 546 cod. proc. pen. e 43, 56, 640-bis e 476 cod. pen.
Lamenta la carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, sostenendo che la Corte di appello avrebbe limitato la sua valutazione al solo reato ÇresiduoÈ, di cui agli artt. 479-476, comma 2, cod. pen., quando, invece, sarebbe stato necessario valutare tutti e tre i reati originariamente contestati, per valutare la sussistenza del Çfine ultimoÈ, che sarebbe stato quello di percepire indebitamente i contributi comunitari.
2.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 125, 192 e 546 cod. proc. pen. e 56, 640-bis e 476 cod. pen.
Sostiene che la Corte di appello non avrebbe adeguatamente motivato in ordine alla tesi della difesa, secondo la quale la documentazione in questione potrebbe essere stata smarrita nel trasferimento di essa dal ÒC.RAGIONE_SOCIALEÓ di Enna a quello di Caltanissetta.
2.3. Con un terzo motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 125, 192 e 546 cod. proc. pen. e 493 e 476 cod. pen.
Sostiene che mancherebbe il necessario requisito soggettivo richiesto per integrazione del reato di falso contestato, non essendo lÕimputato legato da rapporto di pubblico impiego allo Stato o ad altro ente pubblico. LÕimputato, invero, sarebbe legato solo al Centro di assistenza agricola di Enna e i ÒC.A.A.Ó sarebbero dei soggetti di diritto privato.
2.4. Con un quarto motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 125, 192 e 546 cod. proc. pen. e 476 cod. pen.
Contesta la natura fidefacente dell’atto, sostenendo che non vi sarebbe alcuna norma che attribuisca ai ÒC.A.A.Ó il potere di attribuire a un atto la Çmassima certezza, eliminabile solo con l’accoglimento della querela di falso o con sentenza penaleÈ. NŽ si potrebbe fa riferimento allÕart. 25 comma 2, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, atteso che tale norma non sarebbe riferibile ai ÒC.A.A.Ó. LÕintervento dei ÒC.A.A.Ó sarebbe limitato al Çmero controllo della regolaritˆ formale della documentazione e delle dichiarazioni rilasciate dall’imprenditore agricoloÈ. Gli operatori dei ÒC.A.A.Ó si limiterebbero a raccogliere la documentazione e le dichiarazioni, senza avere alcun potere di accertare la genuinitˆ delle stesse. D’altronde, se i poteri dei ÒC.A.A.Ó non fossero stati cos’ limitati, non sarebbe stato necessario attribuire agli organi ispettivi della ÒA.G.E.A.Ó gli ampi poteri di verifica e controllo previsti dalla normativa di settore.
2.5. Con un quinto motivo (erroneamente indicato come quarto), deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod. pen.
Contesta il bilanciamento delle circostanze, effettuato dai giudici di merito in termini di equivalenza, sostenendo che la Corte di appello non avrebbe valutato Çtutte le circostanze emerse dall’istruttoria dibattimentale, quali la partecipazione al processo e il comportamento assuntoÈ.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di rigettare il ricorso.
Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. Il primo motivo è inammissibile.
La deduzione del ricorrente Ð secondo il quale la Corte di appello non avrebbe adeguatamente valutato tutti e tre i reati originariamente contestati, per verificare
la sussistenza del fine ultimo, che sarebbe stato quello di percepire indebitamente i contributi comunitari Ð risulta manifestamente infondata.
Al riguardo, va rilevato che la Corte di appello era tenuta a motivare con riferimento al reato per il quale intervenuta condanna, ossia quello di cui agli artt. 479-476, comma 2, cod. pen., per configurare il quale Çè sufficiente il dolo generico, da ritenersi sussistente in presenza della falsa attestazione, contenuta nell’atto, di un accertamento in realtˆ mai compiutoÈ (Sez. 5, n. 12547 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 276505; Sez. 6, n. 39010 del 10/04/2013, COGNOME, Rv. 256594).
1.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Con esso, il ricorrente ha articolato alcune censure che, pur essendo state da lui riferite alla categorie dei vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, non evidenziano alcuna effettiva violazione di legge nŽ travisamenti di prova o vizi di manifesta logicitˆ emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere una non consentita rivalutazione delle fonti probatorie e un inammissibile sindacato sulla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di appello (cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano).
Va, in ogni caso, rilevato che la Corte di appello ha valutato la tesi alternativa prospettata dalla difesa, rilevando come essa fosse completamente indimostrata.
Sotto tale profilo, la decisione della Corte territoriale si pone in linea con la giurisprudenza di legittimitˆ, secondo la quale una diversa ricostruzione dei fatti pu˜ assumere rilevanza solo se basata su elementi concreti, desunti da dati acquisiti al processo e non meramente ipotetici o congetturali (cfr. Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, C., Rv. 260409; Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, COGNOME, Rv. 278237).
Ebbene, nel caso in esame, la difesa si era limitata a prospettare un’ipotesi alternativa meramente possibile, senza rappresentare alcun elemento di fatto che potesse attribuirle concretezza.
1.3. Il terzo motivo è infondato.
I giudici di merito, invero, hanno correttamente attribuito allÕimputato la qualitˆ di incaricato di pubblico servizio, osservando che i ÒC.A.A.Ó operano in funzione della convenzione stipulata con Òl’Agenzia per le erogazioni in agricolturaÓ, alla quale l’art. 2 del decreto legislativo 165 del 27 maggio 1999, ha espressamente attribuito la natura di ente di diritto pubblico. Ne Çconsegue che, nel momento in cui la ÒA.G.E.A.Ó trasferisce i suoi poteri ai ÒC.A.A.Ó, questi ultimi di fatto si sostituiscono alla ÒA.G.E.A.Ó e pertanto rivestono lo status di incaricati di pubblico servizioÈ (Sez. 2, n. 21411 del 25/03/2021, Natoli, n.m.).
1.4. Il quarto motivo è infondato.
La Corte di appello, invero, ha correttamente rilevato che la norma espressamente attributiva della fidefacenza è lÕart. 25, comma 2, del decretolegge 9 febbraio 2012, n. 5 (disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), secondo il quale Çi dati relativi alla azienda agricola contenuti nel fascicolo aziendale elettronico di cui all’articolo 9 del d.P.R. 1¡ dicembre 1999, n. 503, e all’articolo 13, del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, fanno fede nei confronti delle pubbliche amministrazioni per i rapporti che il titolare della azienda agricola instaura ed intrattiene con esse anche per il tramite dei centri autorizzati di assistenza agricola di cui all’articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n.165, e successive modificazioni, che ne curano la tenuta e l’aggiornamentoÈ.
La Corte territoriale, poi, ha posto in rilievo che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il controllo effettuato dagli operatori dei ÒC.A.A.Ó non era solo di natura formale, atteso che l’art. 3-bis, comma 3, d.lgs. n. 165 del 1999, espressamente disponeva che, Çper le attivitˆ di cui al comma 1, i Centri hanno, in particolare, la responsabilitˆ della identificazione del produttore e dell’accertamento del titolo di conduzione dell’azienda, della corretta immissione dei dati, del rispetto per quanto di competenza delle disposizioni dei regolamenti (CE) n. 1287/95 e n. 1663/95, nonchŽ la facoltˆ di accedere alle banche dati del SIAN, esclusivamente per il tramite di procedure di interscambio datiÈ (cfr. pagine 2 e 3 della sentenza impugnata).
1.5. Il quinto motivo è inammissibile.
Va ricordato che Çle statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimitˆ qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concretoÈ (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
Ebbene, nel caso in esame, la Corte di appello ha motivato, in maniera adeguata e coerente, in ordine all’esercizio del suo potere discrezionale, rappresentando che la Çpositiva condotta processuale tenuta dallÕimputato, É in assenza di reali manifestazioni di resipiscenza rispetto al delitto perpetratoÈ, non potesse assumere valore prevalente Çrispetto all’aggravante dell’aver falsificato un atto fidefacente, attestando la presenza di titoli invero del tutto inesistentiÈ.
Al rigetto del ricorso, consegue, ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cos’ deciso, il 27 giugno 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME Rosa COGNOME