Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17659 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME COGNOME
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17659 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME SESSA
Presidente –
Sent. n. sez. 475/2025
Relatore –
UP – 10/04/2025
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/10/2024 RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; udito il Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17 ottobre 2024, la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in parziale riforma RAGIONE_SOCIALEa sentenza del locale Tribunale, dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per i delitti meglio indicati in dispositivo, consumati nel corso del 2015, e rideterminava la pena per i residui delitti, commessi negli anni successivi, nella misura complessiva di anni 2, mesi 11 e giorni 12 di reclusione.
NOME COGNOME, carabiniere, appuntato scelto presso la Stazione di Borgetto (in provincia di RAGIONE_SOCIALE), eletto nell’organo di rappresentanza militare RAGIONE_SOCIALE (il RAGIONE_SOCIALE), erano stati contestati una pluralità di reati rubricati ai sensi degli artt. 483, 48 e 479 cod. pen. e 234 c.p.m.p. (codice penale militare di pace), per le false attestazioni compiute (nei fogli di viaggio e nel memoriale RAGIONE_SOCIALEa Stazione di appartenenza) in relazione alle sue trasferte a Roma presso il RAGIONE_SOCIALE, lucrandone illecitamente le relative indennità.
1.1. La Corte di merito, in risposta ai dedotti motivi di appello, osservava quanto segue.
Rigettava l’istanza RAGIONE_SOCIALEa difesa di riapertura RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria dibattimentale volta ad ottenere una perizia tecnico-contabile che accertasse il danno patito dall’amministrazione, considerando che già la relazione redatta dalla Sezione RAGIONE_SOCIALE, in atti, aveva consentito di quantificare gli importi illecitamente lucrati dal prevenuto.
Quanto al merito, dovevano ritenersi concretati i contestati delitti di falso (e la conseguente competenza del giudice ordinario, rispetto al giudice militare, in ragione RAGIONE_SOCIALEa contestazione del falso ideologico per induzione, reato più grave RAGIONE_SOCIALEa truffa militare), avendo l’imputato falsamente attestato, nei ‘fogli di viaggio’ – aventi natura di atto pubblico – di avere compiuto le missioni indicate come rappresentante del RAGIONE_SOCIALE, missioni in realtà non effettuate (così consumando il delitto di cui all’art. 483 cod. pen.), con la conseguente annotazione RAGIONE_SOCIALEe trasferte nel memoriale di servizio RAGIONE_SOCIALEa Stazione, la cui natura di atto pubblico era stata riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 45441/2019), così consumando, anche, il delitto di cui agli artt. 48 e 479 cod. pen.
In concreto, l’imputato aveva, nelle occasioni riportate nelle imputazioni, falsamente dichiarato di essersi recato a Roma per i suoi compiti di delegato al RAGIONE_SOCIALE, compilando il relativo foglio di viaggio che il suo diretto superiore doveva completare, per poi annotare la trasferta del militare nel memoriale RAGIONE_SOCIALEe attività di servizio svolte dai suoi subordinati.
Quanto alla prova RAGIONE_SOCIALEa falsità di quanto attestato, era indiscutibilmente emerso come, nelle occasioni indicate in imputazione, l’imputato non si fosse recato a Roma ma fosse rimasto in RAGIONE_SOCIALE, pur avendo richiesto le indennità ed i rimborsi spese apparentemente conseguenti alla non effettuata trasferta.
I predetti falsi (ex art. 483 cod. pen. in relazione ai figli di viaggio ed ex artt. 48 e 479 cod. pen. in relazione al memoriale RAGIONE_SOCIALEa Stazione) avevano poi costituito quegli artifici e raggiri che avevano consentito all’imputato di lucrare l’ingiusto profitto RAGIONE_SOCIALEe indennità e dei rimborsi-spese ricevuti per le inesistenti trasferte.
Si era pertanto configurata anche la contestata ipotesi di truffa militare.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando le proprie censure in cinque motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all’omessa motivazione, da parte RAGIONE_SOCIALEa Corte di merito, che si era limitata a richiamare per relationem le argomentazioni spese dal Tribunale, in particolare in ordine alla configurabilità dei delitti rubricati ai sensi degli artt. 48 e 479 cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in riferimento alla ritenuta natura di atto pubblico dei ‘fogli di viaggio’ redatti dall’imputato e ritenuti ideologicamente falsi.
I fogli di viaggio, infatti, non sono attestativi RAGIONE_SOCIALE‘attività del militare ma attengono al solo rapporto di lavoro fra il medesimo e l’ente di appartenenza.
Come hanno precisato plurimi arresti RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione in ordine ai ‘fogli di servizio’ (da cui non si discostano i ‘fogli di viaggio’): n. 8426/2013, 41426/2018, 2248/2019.
Affermazione condivisa anche dalle Sezioni unite, con la sentenza n. 15983/2006, in cui si erano ricondotte tali attestazioni al rapporto di lavoro, di natura privatistica, fra il dipendente pubblico e l’ente di appartenenza.
2.3. Con il terzo motivo denuncia l’insussistenza del reato di falso, e, in subordine, invoca la derubricazione del falso ideologico per induzione nelle ipotesi gradate di cui agli artt. 483 e 480 cod. pen. (con la conseguente competenza a decidere del giudice militare).
Il mandato al RAGIONE_SOCIALE si svolge senza limitazione di tempo e con piena esenzione dai turni di servizio per cui la presenza RAGIONE_SOCIALE‘imputato in RAGIONE_SOCIALE, sebbene fosse stato autorizzato a recarsi a Roma, non concretava il contestato delitto.
Così che il superiore gerarchico non poteva neppure essere indotto in errore non dovendo compiere alcun controllo, dovendo limitarsi a prendere atto RAGIONE_SOCIALEa missione indicatagli dal militare.
Si trattava, infatti, quella inserita nel ‘foglio di viaggio’ (e poi riportata nel ‘memoriale di servizio’), di una mera dichiarazione di dati e fatti, che vengono registrati senza poteri autorizzativi o attestativi, così da configurare, se del caso, il solo delitto di cui all’art. 483 cod. pen. o, se i dati medesimi erano stati riportati in certificazioni o autorizzazioni, quello di cui all’art. 480 cod. pen.
Ogni settimana l’imputato era convocato a Roma in trasferta, a cagione del suo ruolo di rappresentante CoRAGIONE_SOCIALE, ed il suo superiore gerarchico non poteva che prenderne atto e, conseguentemente, emettere il foglio di viaggio limitandosi a registrare quanto riferitogli dall’imputato.
Dalla derubricazione RAGIONE_SOCIALEe condotte contestate ai sensi degli artt. 48 e 479 cod. pen. derivava che il delitto più grave diveniva quello di truffa militare con la conseguente competenza del giudice militare.
2.4. Con il quarto motivo lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva, in riferimento al delitto di truffa militare.
Non era stata raggiunta la prova che l’imputato non avesse assolto ai suoi compiti di rappresentanza. Egli, nello svolgerli, godeva di ampia libertà, senza limiti di tempo, senza dover rispettare alcun turno di servizio
Era in posizione di fuori-ruolo.
Né si era data prova del danno patrimoniale subito dall’amministrazione e del correlativo ingiusto profitto conseguito dal prevenuto.
Si era contestata la relazione del RAGIONE_SOCIALE con apposita consulenza tecnica che ne aveva chiarito l’inadeguatezza e, ciò nonostante, la Corte di merito non aveva disposto la perizia tecnica richiesta.
2.5. Con il quinto motivo eccepisce la competenza a decidere del giudice militare, posto che, con l’esclusione del delitto di falso per induzione o con la sua derubricazione, diveniva più grave il delitto di truffa militare.
Il Procuratore generale RAGIONE_SOCIALEa Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha inviato una memoria scritta in cui ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse RAGIONE_SOCIALE‘imputato è manifestamente infondato.
1. Le censure del ricorrente muovono dalla sostanziale affermazione che l’imputato, quale delegato eletto nel CoRAGIONE_SOCIALECe.R. (l’organo sia interforze, sia in rappresentanza di ciascuna RAGIONE_SOCIALE, creato dalla legge 11 luglio 1978 n. 382 ed ora superato, e quindi abrogato, dalla legge del 28 aprile 2022 n. 46 e dal d.lgs. del 24 novembre 2023, che hanno riconosciuto ai militari una più ampia libertà sindacale, che comprende la possibilità di costituire proprie associazioni sindacali, sia che i militari appartengano alle Forze armate, sia che siano inquadrati nelle Forze di polizia a ordinamento militare), dovesse considerarsi un ‘fuori ruolo’ (così nel quinto motivo di ricorso) rispetto al suo stesso incardinamento nell’RAGIONE_SOCIALE ed al servizio reso presso la Stazione dei RAGIONE_SOCIALE di Borgetto.
Nulla, invece, di meno esatto.
Già, infatti, con il d.P.R. del 4 novembre 1979 n. 691, emesso in attuazione RAGIONE_SOCIALEa già citata legge n. 378/1992, si era precisato, all’art. 12 (con la rubrica ‘ facoltà e limiti del mandato ‘, si intendeva dei rappresentanti Co.Ce.R.), che:
‘ i militari eletti quali delegati rappresentano le categorie di appartenenza nei consigli dei quali fanno parte.
Tutte le operazioni inerenti le rappresentanze militari sono svolte dal personale ‘per motivi di servizio’.
Il mandato, il cui esercizio è limitato alle attività previste dal presente regolamento, non esime i delegati dai doveri inerenti il proprio stato di militare.
I membri dei consigli di rappresentanza devono essere messi in condizione di espletare le funzioni per le quali sono stati eletti ed avere a disposizione il tempo che si renda necessario, fatte salve le esigenze operative e quelle di servizio non altrimenti assolvibili’ .
L’intera materia – RAGIONE_SOCIALEa rappresentanza militare costituita dal RAGIONE_SOCIALE (quale organo centrale e da altri organi, diversamente nominati, nei territori) – veniva poi rivisitata in sede di adozione del Testo unico RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento militare (con il d.P.R. 15 marzo 2010 n. 90), al cui art. 882 si ripetevano, pressoché identiche (con l’eccezione nominalistica più che di contenuto del terzo paragrafo che veniva così riformulato: l’esercizio del mandato è limitato alle attività previste dal regolamento e non sottrae i delegati ai diritti e ai doveri derivanti dal proprio stato militare) , le disposizioni sopra ricordate.
Testo unico che era vigente al momento dei fatti contestati all’imputato.
Ed è allora evidente come un rappresentante RAGIONE_SOCIALE, come era il prevenuto, non fosse affatto paragonabile ad un ‘fuori-ruolo’ ma mantenesse pienamente il suo incardinamento nel Corpo, e non solo nell’RAGIONE_SOCIALE ma anche nella Stazione di appartenenza, visto che:
– gli impegni relativi allo svolgimento del mandato rientravano nei ‘motivi di servizio’ (il virgolettato era riportato anche nel citato Testo unico) e i delegati non erano esentati
dai doveri (oltre che godere dei diritti) derivanti dal proprio stato militare, nel caso di specie, di militare RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
seppure i diretti superiori (fra i quali il Comandante di Stazione, che contribuiva a compilare il foglio di viaggio ed annotava la trasferta nel memoriale di servizio) dovessero tenere conto dei relativi impegni del militare, gli stessi potevano e dovevano essere vagliati dal momento che potevano divenire recessivi rispetto alle ‘ esigenze operative e quelle di servizio non altrimenti assolvibili’ .
Se ne deduce, allora, che il prevenuto non potesse semplicemente affermare di non poter prestare l’ordinario servizio di Stazione perché genericamente impegnato in attività inerenti la sua appartenenza all’organo di rappresentanza militare ma dovesse riferirle in modo compiuto e specifico, onde consentire al superiore la ricordata valutazione comparativa (fra gli impegni di delegato e le necessità del servizio).
E, comunque, nell’odierno caso di specie, l’imputato – come si è già osservato, e come avevano accertato i giudici del merito con motivazione in fatto manifestamente priva di vizi logici – non si era limitato ad attestare RAGIONE_SOCIALEe trasferte a Roma piuttosto che RAGIONE_SOCIALEe trasferte nella sua stessa regione, la RAGIONE_SOCIALE (per ragioni solo asseritamente attinenti al suo mandato) ma si era anche premurato di ottenerne le relative indennità, facendo figurare sia le dette trasferte sia le spese, di vitto ed alloggio, asseritamente sostenute laddove, invece, non si era affatto recato.
Attestando pertanto degli impegni per ‘motivo di servizio’ del tutto inesistenti. E ciò, ripetutamente, in plurime occasioni, come si evince dalle imputazioni e dalle sentenze di merito.
Deve ora affrontarsi l’ulteriore parte RAGIONE_SOCIALEa argomentazione difensiva (segmentata nei plurimi motivi di ricorso), inerente la natura pubblica degli atti oggetto RAGIONE_SOCIALEe falsità ideologiche contestate, il foglio di viaggio prima, il memoriale RAGIONE_SOCIALEa Stazione poi.
2.1. Non può, allora che muoversi dalla sentenza RAGIONE_SOCIALEe Sezioni unite Sepe (citata anche dal ricorrente) – n. 15983 del 11/04/2006 – che, sul tema RAGIONE_SOCIALEa falsità ideologica nell’attestazione RAGIONE_SOCIALEa presenza in ufficio di un dipendente pubblico, ha fissato il seguente principio di diritto:
Non integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la falsa attestazione del pubblico dipendente circa la sua presenza in ufficio riportata nei cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, in quanto documenti che non hanno natura di atto pubblico, ma di mera attestazione del dipendente inerente al rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica, documenti che, peraltro, non contengono manifestazioni dichiarative o di volontà riferibili alla P.A..
Le Sezioni unite aggiungevano, tuttavia, che la fattispecie in questione si referiva ‘agli imputati, pubblici dipendenti, si erano allontanati dal luogo di lavoro senza far
risultare tale allontanamento, non dovuto a ragioni di servizio, attraverso la prescritta marcatura del cartellino ‘ .
E, in motivazione, nella sentenza Sepe, si chiariva ancora quando l’attestazione del dipendente doveva considerarsi operare nel solo ambito del rapporto di lavoro di natura privatistica:
‘Premesso, invero, che secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte e la prevalente dottrina, «agli effetti RAGIONE_SOCIALEe norme sul falso documentale, il concetto di atto pubblico è più ampio rispetto a quello che si desume dalla definizione contenuta nell’articolo 2699 Cc, in quanto comprende non soltanto quei documenti che sono redatti con le richieste formalità da un notaio o da un altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede, ma anche i documenti formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato incaricato di pubblico servizio nell’esercizio RAGIONE_SOCIALEe sue funzioni, attestanti fatti da lui compiuti o avvenuti in sua presenza ed aventi attitudine ad assumere rilevanza giuridica» (così, fra altre, Cassazione, Sezione quinta 8151/76, COGNOME), rimane che – come si esprime autorevole dottrina – «la falsa rappresentazione RAGIONE_SOCIALEa realtà che viene documentata deve essere rilevante in relazione alla specifica attività del pubblico ufficiale… e ciò significa che la falsità deve investire un fatto che, in relazione al concreto esercizio RAGIONE_SOCIALEa funzione o attribuzione pubblica, abbia la potenzialità di produrre effetti giuridici».
Quanto dire che – secondo altre voci RAGIONE_SOCIALEa dottrina – la nozione di atto pubblico «si fonda sulla qualità del soggetto (pubblico ufficiale o impiegato RAGIONE_SOCIALEo Stato o di altro ente pubblico incaricato di un pubblico servizio articolo 493) e sul piano del documento che si redige per una ragione inerente all’esercizio RAGIONE_SOCIALEe pubbliche funzioni o del pubblico servizio, o per uno scopo cui l’atto è destinato»; e nei reati di falso, in generale, «funzionali (o propri), data la posizione giuridica RAGIONE_SOCIALE‘agente (che è un pubblico ufficiale), si delinea uno stretto collegamento tra il soggetto ed il bene, in virtù del quale la cura del bene medesimo… è ‘affidata’ al soggetto per essere quest’ultimo titolare di un potere pubblicistico ben individuato (il potere certificativo’), attributivo di ‘certezza pubblica».
E la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha, da tempo, puntualizzato che atto pubblico è «ogni scritto redatto da un pubblico ufficiale per uno scopo inerente alle sue funzioni» (Cassazione, Sezione quinta, 1576/75, Pansa).
Tale ineludibile collegamento tra esercizio di funzioni pubbliche ed attività falsificatoria dei pubblici ufficiali (che «non consente di ritenere automaticamente che tutti gli atti dagli stessi compiuti siano atti pubblici»: Cassazione 12789/03, cit.), non può, quindi, condurre ad annoverare nella nozione di atto pubblico, rilevante ai fini penali, attività attestative che, invece, appaiono collegate direttamente ed immediatamente ad «istituti sicuramente riconducibili alla disciplina privatistica» (per mutuare altra espressione dottrinaria) e che, soprattutto, in tale ambito esauriscono la loro funzione di rilevanza attestativa.
Deve, allora, convenirsi che, in effetti, il cartellino marcatempo ed i fogli di presenza sono destinati ad attestare solo una circostanza materiale che afferisce al rapporto di lavoro tra il pubblico dipendente e la Pa, ed in ciò esauriscono in via immediata i loro effetti, non involgendo affatto manifestazioni dichiarative, attestative o di volontà riferibili alla Pa. Il pubblico dipendente, in sostanza «non agisce neppure indirettamente per conto RAGIONE_SOCIALEa Pa, ma opera come mero soggetto privato, senza attestare alcunché in ordine all’attività RAGIONE_SOCIALEa Pa» (come rileva Cassazione, Sezione quinta, 15271/05, Piano Del Balzo ed altro, ancorché in fattispecie concernente attestazioni relative a ‘missioni’ fuori sede del pubblico funzionario, ma con principio valido anche nella fattispecie qui in esame).
Va, quindi, affermato il seguente principio di diritto: i cartellini marcatempo ed i fogli di presenza dei pubblici dipendenti non sono atti pubblici, essendo essi destinati ad attestare da parte del pubblico dipendente solo una circostanza materiale che afferisce al rapporto di lavoro tra lui e la Pa (oggi soggetto a disciplina privatistica), ed in ciò esauriscono in via immediata i loro effetti, non involgendo affatto manifestazioni dichiarative, attestative o di volontà riferibili alla Pa.
Tanto ritenuto, pure torna opportuno, da ultimo, rilevare che, ove, poi, tali attestazioni del pubblico dipendente siano utilizzate, recepite, in atti RAGIONE_SOCIALEa Pa a loro volta attestativi, dichiarativi o di volontà RAGIONE_SOCIALEa stessa, tanto può dar luogo ad ipotesi di falso per induzione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘articolo 48 Cp.’
In estrema sintesi, pertanto, il falso, per la sentenza Sepe, non si configura solo quando la presenza del pubblico dipendente sul luogo di lavoro, falsamente attestata, si limiti ad incidere sul rapporto di lavoro stesso (come del resto nel caso di specie all’esame RAGIONE_SOCIALEe Sezioni unite in cui i dipendenti non aveva segnalato la loro mera assenza fisica dall’ufficio), senza riflesso alcuno sulla complessiva attività RAGIONE_SOCIALE‘ente pubblico interessato.
2.2. Senonché, la presente fattispecie è del tutto diversa da quella da cui la sentenza Sepe ha preso le mosse.
L’odierno imputato, infatti, non si era limitato ad attestare falsamente la sua presenza/assenza dalla Stazione in cui doveva prestare la sua attività quale sottoufficiale dei RAGIONE_SOCIALE ma aveva falsamente attestato lo svolgimento di un impegno per ‘motivi di servizio’, quale la trasferta a Roma come delegato all’organo di rappresentanza militare, del tutto inesistente.
Una trasferta che essa stessa costituiva una ‘servizio’ reso in quanto militare ma che presupponeva, anche, una valutazione del suo superiore gerarchico, in ordine alle ulteriori esigenze di servizio (pur non altrimenti assolvibili) ed ai compiti da affidare agli altri militari, rimasti in servizio in Stazione.
Così che era del tutto evidente sia l’inerenza RAGIONE_SOCIALEa trasferta al pubblico servizio, reso dall’imputato, sia l’incidenza RAGIONE_SOCIALEa medesima sul complessivo servizio prestato dall’ufficio a cui l’imputato apparteneva.
Non può pertanto che concludersi nel senso che le false attestazioni fornite dall’imputato abbiano travalicato il mero rapporto lavorativo intercorrente fra il medesimo e l’ente di appartenenza ed abbiamo, invece, direttamente inciso sul servizio complessivamente reso dall’ente medesimo.
2.3. Entrambi gli atti indicati in imputazione devono considerarsi di natura pubblica.
Quanto al ‘foglio di viaggio’, questo era un atto complesso, in parte compilato dall’imputato, in altra parte dal suo superiore gerarchico ed era questa la parte ritenuta falsa ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 483 cod. pen.
Una conclusione, questa, dei giudici del merito, del tutto corretta se si pensa, appunto, che l’imputato compilava la prima parte del foglio di viaggio attestando il compimento RAGIONE_SOCIALEa trasferta e unendovi poi le conseguenti richieste economiche, così determinando la falsità, ideologica, anche RAGIONE_SOCIALEa parte compilata dal superiore gerarchico, la cui natura pubblica derivava, secondo quanto si è già rilevato, dal fatto che quella parte era destinata ad attestare proprio quella attività compiuta dal militare nello svolgimento di un compito rientrante nel ‘servizio’ prestato.
Analogamente, l’inevitabile trascrizione di tale trasferta nel memoriale di servizio RAGIONE_SOCIALEa Stazione, sempre ad opera del superiore gerarchico RAGIONE_SOCIALE‘imputato, concretava sia una diversa condotta (diverso essendo il memoriale dal foglio di viaggio anche per la diversa finalità per cui vengono compilati: il primo per dare ragione del servizio del singolo militare, anche ai conseguenti fini economici, il secondo per dare conto RAGIONE_SOCIALE‘attività dei militari RAGIONE_SOCIALEa Stazione, giorno per giorno, anche per consentire il controllo RAGIONE_SOCIALE‘operatività di quella Stazione) sia un falso ideologico per induzione, costituendo, come si è detto, il memoriale, l’atto pubblico che consentiva appunto la verifica RAGIONE_SOCIALE‘attività di istituto svolta da ciascuno, e da tutti, i militari RAGIONE_SOCIALEa Stazione.
2.4. Tali conclusioni trovano conferma in una pluralità di arresti di questa Corte.
Con la sentenza Sez. 5, n. 28316 del 05/05/2021, Fuoco, Rv. 281628 – 01 si era, infatti, affermato che commette il delitto di falsità ideologica del privato in atto pubblico il pubblico funzionario che nei fogli di viaggio attesti falsamente l'”avvenuta missione”, trattandosi di dichiarazioni certificative destinate a provare la verità dei fatti attestati.
Con la sentenza Sez. 5, n. 5079 del 10/01/2020, Cosimati, Rv. 278739 – 01 si era precisato che integra il delitto di cui all’art. 479 cod. pen. la compilazione da parte di un agente di polizia di una relazione di servizio, completa di nota di straordinario e di foglio di viaggio, attestante falsamente la presenza ad un servizio di ordine pubblico fuori sede, funzionale a conseguire l’indennità di straordinario.
Con la sentenza Sez. 5, n. 34817 del 05/07/2011, Giorgi, Rv. 250942 – 01 si era ricordato come hanno natura di atti pubblici i fogli di comunicazione di lavoro straordinario redatti da agenti di polizia in quanto, non diversamente dalle relazioni di
servizio, attestano attività di ordine pubblico svolta dai pubblici ufficiali nell’esercizio RAGIONE_SOCIALEe loro funzioni.
Con la pronuncia Sez. 5, n. 45441 del 07/10/2019, COGNOME, Rv. 276992 – 01 si era affermato che integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la condotta del carabiniere che, in sede di compilazione del memoriale di servizio giornaliero RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, attesti falsamente di avere eseguito in un determinato contesto temporale attività di servizio, poiché le annotazioni di detto memoriale hanno natura di atto pubblico, ai sensi del Regolamento generale RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, che assegna a detto documento la funzione di registrare i comandi impartiti e i servizi, interni ed esterni alla caserma, assegnati ai militari dipendenti.
Da ultimo si è affermato che integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la condotta del pubblico ufficiale che, nell’ordine di servizio e di uscita di una vettura in uso alla sezione di polizia giudiziaria, attesta falsamente l’uso del mezzo per finalità istituzionali in luogo di quelle private (Sez. 5, n. 11928 del 26/02/2025, Muto, Rv. 287749 – 01).
E si è peraltro precisato come sia possibile il concorso fra il delitto di falsa attestazione ed il delitto di falsità ideologica per induzione (Sez. 5, n. 40800 del 22/09/2022, COGNOME, Rv. 283876 – 01), come del resto si evince dal caso in esame, in cui l’imputato era a perfetta conoscenza del fatto che le sue mendaci attestazioni avrebbero costituito il contenuto sia RAGIONE_SOCIALEa parte del foglio di viaggio compilata dal superiore sia del memoriale di servizio RAGIONE_SOCIALEa Stazione.
Configurandosi pertanto entrambi i delitti di falso contestati, nelle divere occasioni indicate in imputazione, debbono ritenersi manifestamente infondate anche le ulteriori censure, relative sia alla diversa qualificazione RAGIONE_SOCIALEe condotte consumate, sia alla competenza a decidere del giudice militare.
3.1. Quanto poi, appunto, al delitto di cui all’art. 234 c.p.m.p., alla truffa militare, risulta del tutto evidente come la prova del medesimo, degli artifici e raggiri, derivi dai falsi compiuti dall’imputato nella compilazione dei fogli di viaggio e nella consegna di ricevute di spese, anch’esse non rispondenti al vero.
Né a fronte di tali falsità, anche considerando che la condanna al risarcimento del danno cagionato alla parte civile (il RAGIONE_SOCIALE) era stata generica, rinviandosi così al separato giudizio civile la sua quantificazione, risultava del tutto superfluo disporre perizia in ordine alle osservazioni fatte dal consulente di parte a contrasto RAGIONE_SOCIALEa relazione proveniente dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali e, versando il medesimo in colpa, RAGIONE_SOCIALEa somma di euro 3.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALEa Cassa RAGIONE_SOCIALEe ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali e RAGIONE_SOCIALEa somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALEa cassa RAGIONE_SOCIALEe ammende. Così deciso, in Roma il 10 aprile 2025.
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME