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Falso in atto pubblico: firma falsa su verbale scolastico

Una docente viene accusata di falso in atto pubblico per aver apposto la firma di una collega su verbali del consiglio di classe. La preside è accusata di omessa denuncia. Dopo un’assoluzione in primo grado, la Corte d’Appello condanna entrambe. La Corte di Cassazione annulla la sentenza d’appello, stabilendo che per il reato di falso in atto pubblico non basta l’alterazione del vero, ma va provato l’elemento soggettivo del dolo, non potendosi escludere a priori una condotta meramente colposa. Inoltre, ha ribadito l’obbligo per il giudice d’appello di rinnovare l’istruttoria dibattimentale prima di ribaltare una sentenza di assoluzione.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso in Atto Pubblico: La Cassazione Annulla la Condanna per Firma Falsa su Verbale Scolastico

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso delicato di falso in atto pubblico in ambito scolastico, offrendo importanti chiarimenti sulla necessità di provare l’intenzionalità (dolo) del reato e sui doveri del giudice d’appello nel riesaminare le prove. La vicenda vede coinvolte una docente, accusata di aver falsificato la firma di una collega sui verbali del consiglio di classe, e la preside, imputata per non aver denunciato il fatto all’autorità giudiziaria.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di accesso agli atti scolastici da parte della madre di un alunno, la quale lamentava un trattamento penalizzante nei confronti del figlio. Dall’esame dei documenti, emerge un’incongruenza: in un verbale del consiglio di classe del 2 maggio 2013, una docente risultava contemporaneamente ‘assente giustificata’ e firmataria del documento.

Questa scoperta spinge la docente, la cui firma era stata apposta falsamente non solo su quel verbale ma anche su altri quattro precedenti, a presentare un esposto alla Procura della Repubblica. La collega, vicepreside e segretaria verbalizzante, ammette di aver apposto le firme, giustificandosi e porgendo le sue scuse. La preside, informata dei fatti, avvia un procedimento disciplinare concluso con un ammonimento, ma omette di sporgere denuncia penale, fidandosi del fatto che le dirette interessate avrebbero risolto la questione.

L’Iter Giudiziario e le Decisioni dei Giudici di Merito

In primo grado, il Tribunale assolve entrambe le imputate. La docente accusata del falso viene assolta perché il fatto non sussiste, ritenendo che avesse agito senza dolo, e la preside per aver comunque ottemperato in altro modo all’obbligo di denuncia e per l’insussistenza dell’elemento soggettivo.

La Corte d’Appello, su impugnazione della parte civile (la docente la cui firma era stata falsificata), ribalta completamente la decisione. Condanna la docente autrice materiale del falso per il reato di falso continuato in atto pubblico e la preside, ai soli effetti civili, per l’omessa denuncia, ritenendo che l’autorità giudiziaria non fosse a conoscenza dei fatti quando lei ne venne a sapere.

Falso in Atto Pubblico: La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, investita dei ricorsi di entrambe le imputate, annulla con rinvio la sentenza d’appello, accogliendo parzialmente le doglianze difensive e stabilendo principi fondamentali sia sul piano sostanziale che processuale.

L’Analisi sull’Elemento Soggettivo del Reato

Per quanto riguarda la posizione della docente accusata di falso, la Suprema Corte chiarisce un punto cruciale: l’alterazione della verità in un atto pubblico (immutatio veri) non comporta automaticamente la sussistenza del dolo. Il reato di falso in atto pubblico è punibile solo a titolo di dolo, che deve essere rigorosamente provato. Non è configurabile, infatti, un falso documentale colposo.

I giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’Appello non abbia adeguatamente esplorato la possibilità che la condotta della docente fosse dovuta a mera negligenza o leggerezza, ipotesi non punibili. La stessa peculiare circostanza del verbale del 2.5.2013, che attestava l’assenza e contemporaneamente riportava la firma della docente, avrebbe dovuto indurre i giudici a un’analisi più approfondita dell’elemento psicologico, invece di liquidare il tutto come un atto compiuto ‘in fretta’. La mancanza di un movente chiaro, unita a queste incongruenze, rendeva necessario un esame più attento per escludere la semplice colpa.

L’Obbligo di Rinnovazione della Prova in Appello

Per la posizione della preside, la Cassazione ha censurato la sentenza d’appello sotto un profilo prettamente processuale. La Corte ha ribadito il principio, ormai consolidato, secondo cui il giudice d’appello che intende ribaltare una sentenza di assoluzione di primo grado, basandosi su una diversa valutazione di prove dichiarative (come le testimonianze), ha l’obbligo di procedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. In altre parole, deve risentire i testimoni chiave la cui attendibilità è stata valutata in modo difforme rispetto al primo giudice.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva condannato la preside (ai fini civili) valorizzando le testimonianze senza però procedere a una nuova audizione, violando così una fondamentale garanzia processuale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha riaffermato che i verbali del consiglio di classe sono atti pubblici a tutti gli effetti, in quanto documentano l’attività di un organo collegiale della pubblica amministrazione. Di conseguenza, la falsificazione della firma di un docente presente integra il reato di falso in atto pubblico ai sensi dell’art. 476 c.p. Tuttavia, la colpevolezza non può essere presunta. La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata carente perché non ha indagato a fondo l’elemento soggettivo, ossia se la docente avesse agito con la coscienza e la volontà di commettere un falso o se la sua condotta fosse riconducibile a una mera leggerezza. Per la preside, la violazione procedurale sull’omessa rinnovazione della prova testimoniale è stata decisiva per l’annullamento.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna per entrambe le imputate e ha rinviato il processo a un’altra sezione della Corte d’Appello di Catania. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi espressi: per la docente, sarà necessario un approfondito accertamento del dolo, distinguendolo dalla mera colpa; per la preside, prima di qualsiasi decisione di riforma, dovrà essere disposta la rinnovazione dell’istruttoria con una nuova audizione dei testimoni. Questa decisione rafforza le garanzie difensive, sottolineando che una condanna, soprattutto se in riforma di un’assoluzione, deve fondarsi su un’indagine completa e proceduralmente corretta.

Firmare un verbale scolastico al posto di un collega è reato?
Sì, può configurare il reato di falso in atto pubblico. La Corte di Cassazione conferma che il verbale di un consiglio di classe è un atto pubblico, e la falsificazione di una firma su di esso può integrare tale delitto.

Per essere condannati per falso in atto pubblico è sufficiente aver materialmente alterato il documento?
No, non è sufficiente. La sentenza chiarisce che il reato non è automatico (‘in re ipsa’). È indispensabile che venga provato l’elemento soggettivo del dolo, cioè la coscienza e la volontà di commettere il falso. Una condotta dovuta a semplice negligenza, leggerezza o errore non è sufficiente per una condanna.

Una Corte d’Appello può condannare un imputato che era stato assolto in primo grado senza risentire i testimoni?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, qualora la Corte d’Appello intenda ribaltare una sentenza di assoluzione basandosi su una diversa valutazione dell’attendibilità di prove dichiarative (come le testimonianze), ha l’obbligo di procedere alla ‘rinnovazione dell’istruttoria’, cioè deve ascoltare nuovamente i testimoni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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