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Falso in atto pubblico e prescrizione: la Cassazione

La Corte di Cassazione annulla la condanna per falso in atto pubblico di un portalettere. La prescrizione del reato è maturata perché l’aggravante della natura fidefacente dell’atto non era stata correttamente contestata nell’imputazione. Restano validi gli effetti civili della sentenza.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso in Atto Pubblico: Quando la Prescrizione Annulla la Condanna

Il reato di falso in atto pubblico rappresenta una grave violazione dei doveri di veridicità legati a una funzione pubblica. Tuttavia, la sua punibilità è subordinata al rispetto di precise regole procedurali, inclusa la corretta formulazione del capo d’imputazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha annullato una condanna proprio per un vizio in tal senso, dichiarando il reato estinto per prescrizione. Analizziamo il caso per comprendere le implicazioni di questa decisione.

I Fatti del Caso: La Falsa Attestazione di Consegna

Un portalettere veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di falso in atto pubblico. L’accusa era di aver attestato falsamente, sul bollettario delle consegne e sulle relative ricevute, di aver recapitato due lettere raccomandate alla legittima destinataria, mentre in realtà tali lettere non erano mai state consegnate.

L’imputato, ritenendo ingiusta la condanna, proponeva ricorso per Cassazione tramite il proprio difensore, sollevando un’unica, ma decisiva, questione: l’intervenuta prescrizione del reato.

Il Ricorso in Cassazione e il Falso in Atto Pubblico

La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente omesso di pronunciarsi sulla prescrizione. Il punto cruciale dell’argomentazione era il calcolo del termine necessario a prescrivere. Secondo il ricorrente, tale termine doveva essere calcolato sulla base della fattispecie base del reato (art. 476, comma 1, c.p.) e non su quella aggravata (comma 2).

L’aggravante in questione si applica quando il falso riguarda un atto “fidefacente”, ovvero un documento dotato di una speciale forza probatoria. La difesa evidenziava che tale circostanza aggravante non era stata esplicitamente contestata nel capo d’imputazione, rendendo illegittima l’applicazione del termine di prescrizione più lungo ad essa collegato.

La Decisione della Cassazione: La Contestazione dell’Aggravante

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Richiamando un fondamentale principio stabilito dalle Sezioni Unite (sentenza Sorge n. 24906/2019), i giudici hanno ribadito che la fattispecie aggravata del falso in atto pubblico non può considerarsi legittimamente contestata se nel capo d’imputazione non viene esplicitata la natura fidefacente dell’atto.

Come si contesta l’aggravante

Perché la contestazione sia valida, è necessario che l’accusa utilizzi almeno una delle seguenti modalità:

1. Indicazione della norma specifica (art. 476, comma 2, c.p.).
2. Qualificazione espressa dell’atto come “fidefacente”.
3. Uso di formule equivalenti che descrivano la natura fidefacente dell’atto.
4. Riferimento alla fede privilegiata del documento.

Nel caso di specie, nessuna di queste modalità era stata seguita. Di conseguenza, la Corte ha dovuto escludere l’applicazione dell’aggravante e ricalcolare la prescrizione sulla base del reato semplice.

le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio di garanzia e sul diritto di difesa dell’imputato. Un’accusa deve essere chiara, precisa e completa, permettendo all’imputato di conoscere esattamente i contorni del fatto-reato che gli viene addebitato, incluse tutte le circostanze aggravanti che incidono sulla pena e sulla prescrizione. La semplice indicazione del documento falsificato (es. “bollettario delle consegne”) non è sufficiente a comunicare all’imputato che gli viene contestata anche la sua particolare natura fidefacente. Questa omissione viola il diritto di difesa e impedisce al giudice di ritenere in sentenza un’aggravante che non è mai stata formalmente parte del processo.

le conclusioni

La sentenza stabilisce che, calcolando il termine massimo di prescrizione per il reato di falso in atto pubblico non aggravato (pari a sette anni e sei mesi), questo era già decorso prima della pronuncia della sentenza d’appello. Pertanto, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza senza rinvio agli effetti penali, dichiarando il reato estinto per prescrizione. È importante notare che, come previsto dall’art. 578 c.p.p., sono state mantenute ferme le statuizioni civili, ovvero l’obbligo dell’imputato di risarcire il danno alla parte civile. Questa decisione sottolinea l’importanza cruciale della precisione nella formulazione dei capi d’imputazione e offre un’importante via di difesa nei casi in cui l’accusa sia generica o incompleta.

Perché è stata annullata la condanna per falso in atto pubblico?
La condanna è stata annullata perché il reato è risultato estinto per prescrizione. Il termine di prescrizione è stato calcolato sulla base del reato semplice, e non di quello aggravato, poiché l’aggravante della natura fidefacente dell’atto non era stata correttamente contestata nel capo d’imputazione.

Cosa è necessario per contestare correttamente l’aggravante della natura fidefacente di un atto?
Per contestare validamente tale aggravante, l’accusa deve indicare esplicitamente nell’imputazione la norma specifica (art. 476, c. 2, c.p.), qualificare l’atto come ‘fidefacente’, usare formule equivalenti o fare riferimento alla sua ‘fede privilegiata’. La sola menzione dell’atto falsificato non è sufficiente.

Cosa succede al risarcimento del danno se il reato viene dichiarato prescritto?
Anche se il reato viene dichiarato estinto per prescrizione e la condanna penale viene annullata, le statuizioni della sentenza relative agli interessi civili, come l’obbligo di risarcire il danno alla parte civile, possono essere mantenute ferme, come accaduto in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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