Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14918 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14918 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a REGGIO EMILIA DATA_NASCITA avverso la sentenza del 29/03/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 29 marzo 2023 dalla Corte di appello di Brescia, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Mantova (del 22 gennaio 2019), che aveva condannato COGNOME NOME, per il reato di cui agli artt. 476 e 493 cod. pen., alla pena di un anno e due mesi di reclusione nonché al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato – nella qualità di portalettere responsabile della distribuzione della corrispondenza – avrebbe attestato falsamente, sul bollettario delle consegne e sulle ricevute, di avere consegnato alla destinataria COGNOME NOME due lettere raccomandante, che invece non erano state mai recapitate.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore.
2.1. Con un unico motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorrente contesta la sentenza impugnata, sostenendo che la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine alla prescrizione del reato, tempestivamente eccepita dalla difesa. Sostiene che il termine di prescrizione dovrebbe essere calcolato facendo riferimento al massimo edittale previsto per la fattispecie di cui al primo comma dell’art. 476 cod. pen., atteso che la circostanza aggravante di cui al secondo comma non risulta contestata nel capo d’imputazione.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
AVV_NOTAIO, per l’imputato, ha depositato memoria scritta con la quale ha chiesto di annullare la sentenza impugnata e di dichiarare la prescrizione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto.
1.1. L’unico motivo di ricorso è fondato.
Come chiarito in termini puntuali dalle Sezioni Unite, «in tema di reato di falso in atto pubblico, non può ritenersi legittimamente contestata, sì che non può essere ritenuta in sentenza dal giudice, la fattispecie aggravata di cui all’art. 476, comma 2, cod. pen., qualora nel capo d’imputazione non sia esposta la natura fidefacente dell’atto, o direttamente, o mediante l’impiego di formule equivalenti, ovvero attraverso l’indicazione della relativa norma» (Sez. U, n. 24906 del 18/04/2019, Sorge, Rv. 275436).
In particolare, le Sezioni Unite hanno chiarito che la qualificazione dell’atto come fidefacente non può ritenersi debitamente contestata con la mera indicazione dell’atto stesso nell’imputazione, che non consente di portare a
effettiva conoscenza dell’imputato la componente valutativa della circostanza, costituita dall’attribuzione all’atto della qualità di documento fidefacente. La compiuta contestazione richiede che la valutazione accusatoria sia esplicitata mediante almeno una delle seguenti modalità: l’indicazione, nell’imputazione, della norma; l’espressa qualificazione dell’atto come fidefacente; l’adozione di formulazioni testuali che descrivano in termini equivalenti la natura fidefacente dell’atto; il riferimento alla fede privilegiata dello stesso; la necessità della quere di falso affinché venga esclusa la sua funzione probatoria.
Ebbene, nel caso in esame, atteso che, nella formulazione dell’imputazione, non risulta seguita alcuna delle modalità sopra descritte, si deve escludere che sia stata compiutamente contestata l’aggravante di cui all’art. 476, comma 2, cod. pen.
Il termine massimo di prescrizione per il reato contestato – ossia quello previsto dall’art. 476, comma 1, cod. pen. – risulta, dunque, pari ad anni sette e mesi sei. Essendo iniziato a decorrere il 21 marzo 2012, risulta decorso in data 21 settembre 2019, prima della sentenza di secondo grado, che è del 29 marzo 2023.
Al riguardo deve essere ribadito che «è ammissibile il ricorso per cassazione col quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, Ricci, Rv. 266818).
Ne segue che, in difetto dell’evidenza di cause di non punibilità riconducibili all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il reato è estinto per prescrizione.
Vanno, però, mantenute ferme, ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., le statuizioni della sentenza sugli interessi civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Così deciso, il 19 gennaio 2024.