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Falso ideologico per induzione: avvocato condannato

Un avvocato è stato condannato in via definitiva per il reato di falso ideologico per induzione. Aveva sostituito atti processuali in una causa civile per inserire una domanda riconvenzionale tardiva, inducendo in errore il giudice sulla sua tempestività. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che ingannare un magistrato sulla tempestività di un atto, portandolo a emettere una decisione che non avrebbe altrimenti preso, integra pienamente il reato, a prescindere dalla qualificazione giuridica della domanda inserita.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso Ideologico per Induzione: la Cassazione sulla Sostituzione di Atti Processuali

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20084/2024, ha ribadito importanti principi in materia di falso ideologico per induzione, specialmente quando l’inganno è rivolto a un magistrato. Il caso esaminato riguarda un avvocato condannato per aver sostituito atti processuali al fine di inserire una domanda tardiva, inducendo così il giudice civile a pronunciarsi su di essa. Questa pronuncia chiarisce come la condotta fraudolenta che altera il corretto svolgimento del processo integri un reato grave, a prescindere dalle sottigliezze procedurali.

I Fatti di Causa: L’Alterazione degli Atti Processuali

Un legale, nell’ambito di un procedimento civile di opposizione all’esecuzione, sostituiva la comparsa di costituzione e risposta e una successiva memoria difensiva. In questi nuovi atti, inseriva una domanda riconvenzionale che, altrimenti, sarebbe risultata depositata fuori termine e quindi intempestiva.

La manomissione traeva in inganno il Giudice civile, il quale, basandosi sulla falsa attestazione di tempestività derivante dalla sostituzione degli atti, accoglieva la domanda e si pronunciava nel merito. A seguito di ciò, il legale veniva condannato in primo e secondo grado per il delitto di falso ideologico per induzione, ai sensi degli artt. 48 e 479 del codice penale.

I Motivi del Ricorso e l’analisi del Falso Ideologico per Induzione

L’imputato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due tesi difensive. In primo luogo, argomentava che si trattasse di un “falso innocuo” o inutile, poiché la domanda inserita non era una vera e propria domanda riconvenzionale, ma una semplice domanda subordinata, e che la sua alterazione non aveva inciso sulla sostanza della controversia.

In secondo luogo, sosteneva che, non essendo stati rispettati i termini e le modalità previste dal codice di procedura civile per la proposizione di una domanda riconvenzionale, non si potesse contestare di aver tratto in inganno il giudice sulla “regolarità” della stessa. Secondo la difesa, il fatto avrebbe dovuto essere ricondotto alla meno grave fattispecie di soppressione di atti (art. 490 c.p.).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando su tutta la linea le argomentazioni difensive e confermando la condanna. I giudici hanno chiarito punti fondamentali sulla configurabilità del reato.

La Piena Configurabilità del Reato

La Corte ha ribadito un principio consolidato: il reato di falso ideologico per induzione si configura ogni volta che la dichiarazione non veritiera di un privato riguardi fatti che l’atto del pubblico ufficiale è destinato a provare. Questo vale anche per un provvedimento giurisdizionale, come una sentenza, quando recepisce elementi fattuali falsi che ne costituiscono i presupposti necessari.

Nel caso di specie, la sostituzione degli atti ha indotto il Tribunale civile in errore su un presupposto fondamentale: l’esistenza di una domanda tempestivamente proposta. Questo inganno ha portato il giudice ad assumere “statuizioni non dovute”. È irrilevante la qualificazione giuridica della domanda (riconvenzionale o subordinata); ciò che conta è che la condotta fraudolenta ha viziato il processo decisionale del magistrato.

L’Esclusione del Falso Innocuo e il Difetto di Autosufficienza

La tesi del “falso innocuo” è stata nettamente respinta. Un falso è considerato innocuo solo quando è del tutto inidoneo a produrre conseguenze giuridiche. In questo caso, invece, la conseguenza è stata concreta e dannosa: il giudice ha emesso una pronuncia basata su un presupposto fattuale falso.

Inoltre, la Corte ha rilevato un difetto di “autosufficienza” del ricorso. La difesa, infatti, ha criticato la valutazione dei fatti senza riprodurre integralmente gli atti processuali falsificati e la decisione civile oggetto di revocazione. Ciò ha impedito alla Cassazione di verificare la fondatezza delle censure, rendendo il ricorso inammissibile anche sotto questo profilo formale.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Cassazione si fondano sulla tutela della fede pubblica e del corretto funzionamento della giustizia. L’atto del pubblico ufficiale (in questo caso, il provvedimento del giudice) è stato viziato alla radice da un’alterazione della realtà processuale operata dal privato. La Corte ha affermato che colui che produce l’atto falso, su cui si basa la decisione del pubblico ufficiale, risponde del reato ai sensi dell’art. 48 c.p. La condotta dell’avvocato non è stata una mera irregolarità procedurale, ma un’azione dolosa volta a ingannare il giudice per ottenere un vantaggio indebito, alterando così la parità delle armi nel processo civile.

Le Conclusioni

La sentenza in commento rafforza la responsabilità penale di chiunque, e in particolare di un professionista legale, ponga in essere condotte fraudolente all’interno di un procedimento giudiziario. Viene confermato che indurre in errore un giudice su presupposti fattuali, come la tempestività di un atto, integra pienamente il reato di falso ideologico per induzione, poiché mina la fiducia nel sistema giudiziario e la correttezza del processo decisionale. La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha reso definitiva la condanna, con l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali, una sanzione pecuniaria e la rifusione delle spese alla parte civile.

Quando si configura il reato di falso ideologico per induzione in errore di un giudice?
Il reato si configura quando un privato, con dichiarazioni o atti non veritieri, induce un giudice a emanare un provvedimento che recepisce elementi fattuali falsi, i quali costituiscono un presupposto necessario per la decisione stessa. L’inganno sulla tempestività di un atto processuale rientra in questa casistica.

La sostituzione di un atto processuale con uno falso è punibile anche se la domanda inserita è proceduralmente irregolare?
Sì. Secondo la Corte, è irrilevante la qualificazione giuridica o la regolarità formale della domanda inserita fraudolentemente. Ciò che rileva penalmente è il fatto di aver indotto in errore il giudice circa l’esistenza di un presupposto processuale (la tempestività), portandolo ad assumere decisioni che altrimenti non avrebbe preso.

Cosa si intende per “falso innocuo” e perché in questo caso non è stato riconosciuto?
Per “falso innocuo” si intende una falsificazione documentale che non è in grado di ledere l’interesse protetto dalla norma, risultando quindi penalmente irrilevante. In questo caso, la tesi non è stata accolta perché la falsificazione ha avuto una conseguenza concreta e dannosa: ha indotto il giudice a emettere statuizioni basate su un presupposto fattuale falso, alterando così il corso della giustizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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