LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Falso ideologico: la consapevolezza del sindaco

Una sindaca, per risolvere una crisi idrica, dispone lavori d’urgenza. Successivamente, per regolarizzare la spesa, include tali opere, già completate, in una delibera pubblica attestando falsamente che fossero ancora da eseguire. La Corte di Cassazione conferma la responsabilità per il reato di falso ideologico in atto pubblico, dichiarando inammissibile il ricorso. La Corte ha ritenuto provata la consapevolezza dell’imputata sulla base di intercettazioni telefoniche, sottolineando che l’urgenza non giustifica la falsificazione di documenti ufficiali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso Ideologico in Atto Pubblico: Quando la Delibera “Sana” il Pregresso

L’amministrazione pubblica si basa su principi di trasparenza e legalità, soprattutto nella gestione delle risorse. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico di falso ideologico in atto pubblico, commesso da una sindaca nel tentativo di regolarizzare lavori eseguiti in una situazione di emergenza. La decisione finale sottolinea come neppure la necessità e l’urgenza possano giustificare la falsificazione di documenti ufficiali.

Il Contesto: Emergenza Idrica e Lavori d’Urgenza

I fatti traggono origine da una grave carenza idrica che ha colpito un Comune durante il periodo estivo. Per risolvere la criticità, la sindaca ha disposto in via d’urgenza la sostituzione di una condotta idrica. Tali lavori sono stati eseguiti da un operatore economico senza che venisse adottata alcuna ordinanza o provvedimento formale che ne legittimasse l’affidamento.

La Delibera Incriminata e il Falso Ideologico

Per sanare la situazione e liquidare le spese sostenute, mesi dopo è stata approvata una delibera di giunta. Tale atto, però, presentava una grave anomalia: nel computo metrico dei lavori da affidare formalmente a una seconda ditta, erano stati inseriti anche gli interventi sulla condotta idrica già realizzati dalla prima impresa. La delibera attestava falsamente che tutti i lavori elencati fossero ancora da eseguire. Proprio questa attestazione non veritiera all’interno di un atto pubblico ha configurato il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.).

Il Percorso Giudiziario e l’Interesse a Impugnare

In primo grado, la sindaca era stata assolta. La Corte d’Appello, tuttavia, ha parzialmente riformato la decisione, riconoscendo la sua colpevolezza per il falso ideologico, ma dichiarandola non punibile per la particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p. È interessante notare come la Cassazione abbia preliminarmente confermato l’interesse dell’imputata a impugnare tale sentenza. Infatti, una declaratoria di non punibilità non è un’assoluzione piena: accerta la commissione del reato, viene iscritta nel casellario giudiziale e può precludere la futura applicazione dello stesso beneficio.

Le Motivazioni della Cassazione: la Prova della Piena Consapevolezza

La difesa aveva tentato di sostenere la mancanza di consapevolezza da parte della sindaca riguardo all’inserimento dei lavori già eseguiti nella nuova delibera. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile. Il motivo è cruciale: il ricorso non presentava vizi di legittimità, ma mirava a una nuova valutazione dei fatti, operazione preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva infatti adeguatamente motivato la sua decisione, basandosi su prove inequivocabili come le intercettazioni telefoniche. Da queste emergeva chiaramente che l’imputata era non solo a conoscenza della situazione, ma discuteva attivamente con il titolare della prima ditta per gli importi inseriti nel computo, promettendogli di recuperare la somma spettante tramite futuri lavori.

Le Conclusioni: l’Urgenza non Giustifica il Falso

La sentenza della Cassazione consolida un principio fondamentale: la correttezza formale e sostanziale degli atti amministrativi non può essere derogata, neanche di fronte a situazioni di emergenza. La decisione di includere lavori già eseguiti in un nuovo affidamento, attestando il falso, costituisce un reato. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica, completa e immune da vizi, rendendo l’impugnazione un mero tentativo di riesame del merito. La condanna finale al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende sancisce la fine della vicenda, lasciando un importante monito per tutti gli amministratori pubblici sulla necessità di agire sempre nel perimetro della legalità.

È possibile includere lavori già eseguiti in una nuova delibera per regolarizzarli?
No. La sentenza chiarisce che attestare in un atto pubblico (come una delibera) che lavori sono ancora da eseguire, quando in realtà sono già stati completati, integra il reato di falso ideologico in atto pubblico.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché, invece di contestare vizi di legittimità della sentenza d’appello, tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti (in particolare, la consapevolezza dell’imputata), operazione non permessa in sede di Cassazione, la quale giudica solo sulla corretta applicazione della legge.

Una dichiarazione di ‘non punibilità per particolare tenuità del fatto’ equivale a un’assoluzione?
No. La sentenza ribadisce che tale pronuncia presuppone l’accertamento della sussistenza del reato e della sua commissione da parte dell’imputato. La decisione viene iscritta nel casellario giudiziale e può impedire una futura applicazione dello stesso beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati