Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13304 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13304 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Aversa il 17/09/1985
avverso la sentenza del 01/07/2024 della Corte d’appello di Firenze Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere dott. NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore ljenerale
Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la conci arma di COGNOME NOME, finanziere scelto in servizio presso il Gruppo della Guardia di Finanza di Prato, per il reato di falso ideologico in atto pubblico di cui ai capi c) e d) d’impJlazio nonché per il reato di abbandono di posto di servizio di cui all’art. 120 del C. D.m.p., perpetrato nelle medesime circostanze di tempo e di luogo descritte nei citati api. In parziale riforma della pronuncia di primo grado, la Corte territoriale ha invece assolto l’imputato dal reato di falso ideologico in certificato amministrativo perché il laito n sussiste e conseguentemente ha provveduto a rideterminare la pena.
All’imputato è contestato di avere, in due distinte occasioni, falsamente attestato r ei fogli di servizio di aver svolto continuamente l’attività di ascolto di intercettazioni ‘gesso Procura della Repubblica di Prato, omettendo di annotare di avere invece inter -otto il servizio per un lasso di tempo tale da consentirgli, con riferimento alla giornata del 28 febbraio 2017, di recarsi presso gli uffici del proprio Comando ed ottenere dall’ai iagrafe tributaria una visura relativa al codice fiscale del proprio cugino, mentre, con riguardo alla giornata del 5 aprile 2017, di recarsi presso l’esercizio commerciale formalmente intestato al cugino ma di cui l’imputato era di fatto il gestore, a seguito di un controllo ispett effettuato dall’AUSL presso la suddetta attività.
Avverso la sentenza propone ricorso l’imputato articolando quattro motivi.
2.1 Con il primo motivo il ricorrente deduce erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito alla qualificazione di atti pubblici fidefacienti dei docimen redatti dall’imputato, lamentando l’omessa valutazione delle doglianze formulalie dalla difesa con i motivi d’appello con i quali si era contestato che gli atti in questio -le siano effettivamente dei “fogli di servizio” piuttosto che dei meri “fogli di presenza”. Al riquard il ricorrente osserva come i suddetti documenti siano sprovvisti di un contenuto dichiarativo idoneo a certificare in maniera dettagliata le attività svolte dal ‘pubbli ufficiale, in quanto privi dell’indicazione degli elementi circostanziati degli atti di serv compiuti, come invece richiesto dalla circolare n. 47/1998 della Guardia di Finanzia, e necessari al fine di qualificare un foglio di servizio come atto pubblico fid&a:iente, limitandosi, al contrario, ad attestare unicamente la circostanza materiale delle ore di servizio prestate.
2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente deduce erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito all’omessa valutazione della ricostruzione fornita dal a difesa delle ragioni di servizio che avevano costretto l’imputato ad allontanarsi il 28 febbraio 2017 e che sarebbero idonee ad escludere la sussistenza del reato.
In particolare, la difesa, dopo aver evidenziato come dall’analisi dell’asserito fcglio d servizio relativo alla data menzionata emergerebbe che l’Arzano avesse prolungato il turno di servizio di un’ora senza annotarla come lavoro straordinario, aveva sot:olineato che, pur volendo ammettere l’allontanamento dell’imputato – circostanza, peraltrD, non confortata da alcuna prova documentale e ricostruita solo in via induttiva dai giudici del merito – lo stesso sarebbe da collocare nel periodo eccedente l’orario di servizio.
In aggiunta, si denuncia il travisamento del fatto in cui sarebbe incorso il ‘giudice d’appello, il quale, nel valutare la motivazione fornita dall’imputato in merito alle ragioni d servizio che avevano giustificato il suo allontanamento, avrebbe erroneamente ritenuto che lo stesso abbia dichiarato di aver abbandonato la sua postazione per la nece!sità di testare la nuova password di accesso alle banche dati assegnatagli. La difesa rilev,: come l’Arzano abbia in realtà chiarito in maniera del tutto verosimile che il re! credenziali sarebbe avvenuto per esigenze del sistema SDI dopo che egli aveva richiesto l’accesso alla banca dati per ragioni di servizio conosciute dal suo superiore e che a visura del cugino omonimo sia stata richiesta in maniera non intenzionale dall’imputato allorquando, al fine di verificare, come da prassi, la funzionalità del sistema, era ii:.parso una volta inseriti i propri dati, un elenco di soggetti omonimi.
2.3 Con il terzo motivo, si deduce l’inutilizzabilità della prova acquisita in reilazio all’allontanamento verificatosi il 5 aprile 2017 attraverso l’attività di sollecitazione de ispettori AUSL, i quali, sostiene la difesa, avrebbero agito come agenti provocil:)ri. In particolare, si lamenta l’omessa valutazione da parte dei giudici di merito della incidenza causale della condotta tenuta da questi ultimi rispetto all’induzione alla commissione del reato da parte dell’Arzano, evidenziando il ricorso come l’allontanamento dal Y sto di lavoro per recarsi all’esercizio commerciale, di cui l’imputato è rico n i sci ut amministratore di fatto, sia stato suscitato della richiesta degli ispettori rivolla dipendente dell’attività di contattare il titolare per raggiungere l’esercizio.
2.4 Con l’ultimo motivo, il ricorrente deduce erronea applicazione della legge per aie in riferimento al reato di cui all’art. 120 c.p.m.p., osservando come l’accoglimerti: delle descritte doglianze difensive conducano ad escludere la sussistenza dell’ele – nento materiale costitutivo del delitto di abbandono del posto di servizio.
3. Il difensore dell’imputato ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
2. Privo di qualsivoglia fondamento è il primo motivo, non potendosi condividereV3ssunto difensivo secondo il quale i documenti redatti dal ricorrente non sarebbero qualifici:ibili all stregua di fogli di servizio, ma al più come meri fogli di presenza, f i nal i zzati esclusivamente ad attestare il rapporto di lavoro privato tra l’imputato e il C:Dr -p° di appartenenza.
In particolare, si dà atto di come la Corte territoriale abbia fatto un buon gorno del quadro di principi che regolano la materia in esame, uniformandosi all’insec:riamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte secondo cui costituiscono agli effetti della legge penale atti pubblici fidefacienti le relazioni di servizio formate dagli ufficiali :11:: ag di polizia giudiziaria, poiché destinate ad attestare che il pubblico ufficiale ha etpleta una certa attività, o che determinate circostanze sono cadute nella sua diretta per:ezione e vengono così rievocate (ex multis Sez. 6, n. 5907 del 22/01/2013, COGNOME – ;:o, Rv. 254310).
Ne consegue, pertanto, che integra il delitto di falsità ideologica commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico la falsa attestazione compiuta da un militare sui fogli di !;ervi giornaliero con riferimento alla durata e alle modalità dell’attività svolta, qualo -ai, per il contenuto relativo anche ad una manifestazione esterna della volontà e dell’azicre della P.A., il documento dispieghi, come per l’appunto è avvenuto nel caso in esame, un oggettivo rilievo e un interesse eccedente l’area del mero rapporto di impiego tri: l’ente pubblico ed un suo dipendente (Sez. 6, n. 8934 del 10/12/2014, dep. 2015, Franz( si, Rv. 262649).
Nel caso di specie, i giudici di merito, all’esito di un attenta valutazione del c:11 tenu concreto dei documenti in discussione, hanno correttamente sostenuto la loro ria:ura di fogli di servizio, evidenziando, in particolare, come l’imputato non si sia lirritato attestarvi la presenza al lavoro e la durata della sua attività, ma vi abbia cer:ifica l’espletamento di una continuativa funzione di polizia giudiziaria, consistita, nel c citagli in un’attività di ascolto in diretta di comunicazioni intercettate.
Infatti, si rileva come lo stesso ricorrente, al momento della redazione dei donimenti, abbia descritto l’attività da lui esercitata avvalendosi della dicitura “attività di inda;ii l servizio prestata presso la sala intercettazioni della Procura di Prato”. Orbene, è n Jubbio come l’impiego di una tale espressione sia di per sé idonea a manifestare, ancle nei confronti di soggetti estranei alla pubblica amministrazione, la funzione e l’attivilà svolt dal pubblico ufficiale, risultando ultronea e irrilevante la mancata indicazione degli aggiuntivi elementi precisati nel ricorso.
In virtù dell’evidente riflesso esterno attribuibile ai documenti in esame, non Vi ne in rilievo, nel caso di specie, l’indirizzo espresso da questa Suprema Corte, secondo c:Ji non integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la falsa attestazione della presenza
ufficio riportata dal pubblico dipendente nei “cartellini marcatempo” o nei Fogli di presenza, in quanto documenti contenenti la mera attestazione di un dato inerente al rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica (Sez. U, n. 15983 del 11/01/2006, dep. 10/05/2006, Sepe, Rv. 233423).
Anche il secondo motivo di ricorso, incentrato sulle ragioni dell’allontanamento dell’imputato dal posto di lavoro il 28 febbraio 2017, è privo di fondamento, atteso che la tesi difensiva non è in grado di confutare la tenuta logica della motivazione impuc rata.
In particolare, si osserva come la ricostruzione alternativa della difesa, prcspettata, peraltro, solo in via meramente ipotetica, non influisce in alcun modo sul g udizio di penale responsabilità dell’imputato compiuto dai giudici di merito, dal nnornarto che l’addebito mosso nei suoi confronti non concerne l’abbandono del posto di servizio per ragioni personali, ma l’aver falsamente attestato nei fogli di servizio lo svolgimento di una ininterrotta funzione di polizia giudiziaria.
Infatti, come correttamente osservato dai giudici di merito, la disposizione incriminatrice, nel sanzionare il pubblico ufficiale che attesti falsamente che un fatto è stato , da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, punisce anche la condotta del pubblicc ufficiale che, formando una relazione di servizio, espone una parziale rappresentazione di quanto accaduto, tacendo dati la cui omissione, non ultronea nell’economia dell’atto, produce il risultato di una documentazione incompleta e comunque contraria, anche se parzialmente, al vero (Sez. 5, n. 32951 del 21/05/2014, COGNOME, Rv. 261651).
Quindi, l’imputato, per andare esente da ogni profilo di responsabilità, avrebbe dovuto trascrivere nei fogli di servizio non solo le ragioni d’ufficio che l’avevano coslutto a interrompere la sua attività, ma anche la fascia oraria in cui si sarebbe n fe-ificato l’allontanamento, incidendo inevitabilmente tale annotazione sulla stessa affidabilità dell’attività di ascolto in diretta del flusso di comunicazione sull’utenza intercetta Quindi, la circostanza che il suo allontanamento non sia stato registrato nel foglio di servizio è un elemento sufficiente per valutare come inverosimile e non ci edibile l’alternativa versione dei fatti esposta.
Peraltro, destituito di fondamento è anche l’argomento secondo cui l’abbandono de posto di servizio sarebbe dipeso da ragioni d’ufficio conosciute dai suoi superiori gerarcni :i, non trovando tale asserzione alcuna conferma nelle loro dichiarazioni o in altra risultanza processuale comunque non documentata dal ricorrente.
In maniera analoga, si deve ritenere meramente apodittica e non supportata da alcuna prova la censura relativa al fatto che l’Arzano avrebbe lasciato la sua postazione di :iscolto in una fascia oraria eccedente l’ordinario orario lavorativo e non segnata come straordinario.
4. Inammissibile è anche il terzo motivo di ricorso relativo all’allontanamento verificatosi il 5 aprile 2017, in quanto inedito, avendo ad oggetto una questione che non era stata devoluta al giudice dell’appello con il gravame di merito.
Infatti, la cognizione del giudice dell’appello è limitata, in ossequio al principio deA)lutiv ai punti della decisione impugnata attinti dai motivi di gravame e a quelli stre t ‘mente connessi e da essi dipendenti (Sez. 5, Sentenza n. 23042 del 04/04/2023, a, Rv. 284544).
Ad ogni modo, la censura difensiva non merita accoglimento, in quanto manifetamente infondata nel merito e generica.
Al riguardo, è sufficiente evidenziare come la deduzione difensiva si sia li nitata a prospettare, in via del tutto ipotetica, che gli ispettori RAGIONE_SOCIALE avrebbero agito in qu3lità d agenti provocatori al fine di sollecitare l’intervento dell’imputato presso il predet esercizio commerciale, omettendo, tuttavia, di indicare gli elementi a sostegno) di tale asserzione. Infatti, il ricorrente ha trascurato non solo di specificare le ragioni pe – le quali gli ispettori avrebbero agito perché innescati dalla polizia giudiziaria, ma anche di indicare le evidenze in grado di dimostrare che gli ispettori non si fossero recati al nego.:io per svolgere un’autonoma attività ispettiva.
Peraltro, a riprova della non fondatezza della ricostruzione alterativa proposta dalla difesa milita anche la circostanza, valorizzata dai giudici di merito, che l’intervento dell’ilTputat presso l’esercizio commerciale non è stato specificamente richiesto dagli ispettori, ma è stato il frutto di un’autonoma iniziativa della dipendente presente nel locale, la i)o..ale, fronte alla sollecitazione degli ispettori di contattare il suo titolare allo scopo di p -ci:edere in sua presenza al controllo ispettivo, ha provveduto a contattare telefoni:; mente l’Arzano, formalmente privo di un ruolo nell’azienda.
Infine, carente di rilevanza è l’ulteriore circostanza apprezzata dalla difesa circa I fatt che in contemporanea al controllo ispettivo era in corso di svolgimento anche un’att vità di intercettazione svolta dalla P.G. sull’utenza dell’imputato, in quanto qualificabile ollne una mera coincidenza.
Le argomentazioni fin qui spese conducono ad escludere la rilevanza e a cn. dicare manifestamente infondato anche l’ultimo motivo di ricorso relativo al delitto di cui all’art 120 c.p.m.p., dal momento che l’esame della doglianza dipendeva dall’accoglim2rto dei precedenti motivi di gravame.
6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versament) della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe5;e processual e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27/ /202