Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26134 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26134 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 331/2025
UP – 07/05/2025
R.G.N. 5176/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
nel procedimento a carico di:
avverso la sentenza del 05/02/2025 della CORTE RAGIONE_SOCIALE APPELLO di Roma
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.1 Ritiene, infatti, che l’art. 220 cod. pen. mil. pace ricomprenda nella propria forbice sanzionatoria anche le condotte di falsità ideologica, in quanto la rubrica dell’articolo non specifica quale sia la condotta di falso punita dalla norma.
Quale ulteriore argomento rileva come il verbo ‘formare’ non alluda solo al falso materiale, bensì anche al falso ideologico, poichØ tale espressione Ł contenuta anche nella descrizione della condotta dell’art. 479 cod. pen. che riguarda, appunto, il falso ideologico.
A sostegno ulteriore della propria tesi, richiama la relazione del Governo al codice penale militare di pace, poi, che fa riferimento agli artt. 476 e 479 cod. pen.
In conclusione, afferma che, laddove venisse confermata la qualificazione giuridica della condotta tenuta dal COGNOME come reato militare, non verrebbe in gioco la questione della giurisdizione; laddove, invece, si dovesse ritenere che si tratti di falsità non sanzionata dal codice penale militare di pace, la medesima condotta di falso ideologico rientrerebbe nella fattispecie di cui all’art. 480 cod. pen., cioŁ nella falsità in certificati o autorizzazioni amministrative.
Tale qualificazione, essendo il reato di cui all’art. 480 cod. pen. meno grave del reato di truffa militare, comporterebbe che solo la cognizione relativamente a detto reato spetterebbe alla autorità giudiziaria ordinaria, rimanendo ferma la decisione per quanto riguarda il reato militare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato nei termini che seguono.
1.1 La riqualificazione dell’impugnazione come ricorso Ł certamente corretta, posto che la sentenza di condanna non Ł appellabile, stante il fatto che ciò che il pubblico ministero lamenta Ł la qualificazione giuridica del fatto e, conseguentemente, l’errata individuazione della autorità giudiziaria competente; ma non vi Ł stata modifica del titolo di reato, rispetto a quanto lo stesso pubblico ministero aveva contestato, nØ Ł stata esclusa la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale, nØ, tantomeno, Ł stata applicata una pena di specie diversa da quella ordinaria.
Se, dunque, l’appello del pubblico ministero avverso le sentenze di condanna Ł limitato ai soli casi in cui la sentenza, pur pervenendo ad una declaratoria di penale responsabilità, abbia immutato profondamente la contestazione originaria, modificando il titolo di reato,
ovvero escludendo una circostanza aggravante ad effetto speciale, nel caso in esame nulla di tutto questo Ł avvenuto, poichØ la declaratoria di penale responsabilità cui Ł pervenuto il giudice di primo grado ricalca perfettamente l’editto accusatorio; la conseguenza Ł la necessaria riqualificazione del mezzo di impugnazione da appello a ricorso, non essendo consentito l’appello del pubblico ministero nei casi di sentenza di condanna che non abbia operato una modifica strutturale della contestazione accusatoria.
1.2 La ripartizione delle potestà fra il giudice ordinario e il giudice militare, come regolatadall’art. 13, comma 2, cod. proc. pen., attiene, in conformità all’art.103, comma terzo, Cost., a questione di giurisdizione e non di competenza, sicchØ la sua violazione Ł deducibile o rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi dell’art. 20 cod. proc. pen.. (Sez. U, n. 8193 del 25/11/2021, dep. 2022, Blonda, Rv. 282847 01)
La ripartizione di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice militare Ł regolata dall’art. 13 comma 2 cod. proc. pen., che statuisce che la connessione fra reati comuni e reati militari operi solo quando il reato piø grave – in ragione dei criteri di cui all’art. 16 cod. proc. pen. sia il reato comune e, in tal caso, la giurisdizione sui tali reati Ł della autorità giudiziaria ordinaria.
Laddove, invece, non operi la connessione, per essere il reato comune meno grave del reato militare, appunto, detto reato sarà giudicato dalla autorità giudiziaria ordinaria e il reato militare dalla autorità giudiziaria militare.
La valutazione della maggiore o minore gravità del reato viene individuata – secondo un orientamento di questa Corte che si intende ribadire – sulla base delle regole stabilite dall’art 4 cod. proc. pen., stante il rinvio contenuto nell’art. 13, comma secondo, cod. proc. pen. ai criteri valutabili ai sensi dell’art. 16, comma terzo, cod. proc. pen.; ne consegue che non sono apprezzabili le circostanze aggravanti comuni, ma soltanto quelle ad effetto speciale che importano un aumento di pena superiore ad un terzo. (Sez. U, n. 18621 del 23/06/2016, dep. 2017, Conf. giur. in proc. COGNOME, Rv. 269588 – 01).
1.3 Dunque Ł evidente che l’accertamento della esatta ripartizione di giurisdizione fra le autorità giudiziarie in esame non può prescindere, per le ragioni testŁ esposte e che si rifanno al testo dell’art. 13 comma 2 cod. proc. pen., dalla esatta qualificazione del reato contestato all’imputato sub j).
Nulla quaestio circa la qualificazione della condotta contestata sub i) quale reato militare; il motivo di ricorso, infatti, riguarda unicamente la riconducibilità della condotta di falso ideologico al paradigma dell’art. 220 cod. pen. mil. di pace.
La condotta descritta al capo j) e attribuita all’imputato consiste nell’avere formato ed usato i fogli di viaggio descritti al capo i) riportando negli stessi orari di arrivo non corrispondenti al vero e poi producendoli all’Amministrazione di appartenenza per ottenerne il rimborso.
Tale condotta integra, con tutta evidenza, un falso ideologico, poichØ nel documento viene inserito un dato non veridico, ma non ne viene immutata la veste materiale, non venendo nØ alterato nØ contraffatto.
Le modifiche, ovvero le aggiunte ad un atto pubblico effettuate dopo che Ł stato firmato integrano falsità materiali in atto pubblico (conf. n. 16307 del 1989, Rv. 182653) (Sez. 3, n. 9956 del 21/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278545 – 01); la distinzione fra i due tipi di falso, materiale e ideologico, poi, sebbene in scrittura privata, Ł chiaramente delineata da una pronuncia di questa Corte che afferma che integra il delitto di falsità materiale in scrittura privata la modificazione di una realtà documentale preesistente rispetto a quella che l’autore
del falso fa apparire; diversamente, ricorre la falsità ideologica in scrittura privata, priva di rilievo penale, quando il documento Ł genuino e proviene realmente da chi appare esserne l’autore, ma il suo contenuto non corrisponde al vero. (Sez. 2, n. 28076 del 27/06/2012, Napoli, Rv. 253419 – 01)
Circa la qualificazione giuridica della condotta del militare che alteri il foglio di viaggio Ł in termini la seguente pronuncia di questa Corte, secondo cui integra il reato di falso ideologico previsto dall’art. 480 cod. pen. e non quello di falso in foglio di licenza di cui all’art. 220 cod. pen. mil. di pace, la condotta del militare che esponga nei fogli di viaggio circostanze non veritiere (nella specie, orari dichiarati di partenza e di rientro alla sede di servizio) sulla protrazione temporale delle missioni compiute. (Sez. F, n. 47926 del 24/08/2017, Cardaropoli, Rv. 271058 – 01).
2. Il procuratore generale, come visto, ha sviluppato una serie di obiezioni evidenziando una pluralità di ragioni che lo inducono a sostenere – in adesione alla decisione del Tribunale militare di Napoli e contrariamente a quanto sostenuto nell’atto di impugnazione che l’art. 220 cod. pen. mil. di pace sanzioni non solo condotte di falso materiale, ma anche condotte di falso ideologico, quali sono, incontestatamente, le condotte attribuire all’imputato al capo j).
Nessuna di tali argomentazioni Ł fondata.
2.1 La mancata indicazione nella rubrica dell’art. 220 cod.pen. mil. di pace del tipo di falsità sanzionata non costituisce argomento risolutivo; il mancato distinguo fra falso materiale e falso ideologico ben può essere attribuito al fatto che non vi Ł una norma ulteriore del cod. pen. mil di pace che sanzioni il falso ideologico e, dunque, non vi era bisogno di qualificare l’art. 220 cod. pen. mil. di pace quale species del genus di falsi, essendo l’unica norma che sanziona il falso inserita in quel codice.
2.2. E’ certo, poi, che il verbo «formare» possa essere utilizzato sia per descrivere una condotta di falso materiale, come ad esempio all’art. 476 cod. pen. che sanziona la falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale che forma in tutto o in parte un atto falso o altera un atto vero; sia per descrivere una condotta di falso ideologico, come quella descritta all’art. 479 cod. pen. che sanziona il pubblico ufficiale che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente una circostanza non vera.
Il verbo «formare» attiene all’attività compiuta dal pubblico ufficiale che, appunto, forma, crea un atto, sia che esso sia vero e possa contenere delle informazioni false (falso ideologico), sia che esso venga formato completamente come falso, ovverossia sia contraffatto o alterato : l’attività di formazione dell’atto non Ł di per sØ identificativa del tipo di falso, lo Ł la condotta che viene descritta nella norma.
2.3 La descrizione della condotta dell’art.220 cod. pen. mil. di pace ricalca quella dell’art. 476 cod. pen.; nel primo caso Ł il militare che forma in tutto o in parte un falso foglio di licenza, di via, un permesso etc.. ovvero altera alcuno di detti fogli; nel caso della falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale Ł quest’ultimo che forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero.
E’ evidente, dalla mera descrizione della condotta, che ciò che l’art. 220 cod. pen. mil. di pace sanziona non Ł il falso ideologico, che si sostanzia nell’esposizione in un atto da parte del suo autore di circostanze inveritiere, bensì il falso materiale commesso da chi forma un atto falso e non già da chi inserisce in un atto vero delle attestazioni ideologicamente false.
In questo senso Ł attestata, in motivazione Sez. F, n. 47926 del 24/08/2017, Cardaropoli, Rv. 271058 – 01, che afferma che « dal chiaro disposto dell’art. 220 c.p.m.p.
emerge però che l’azione dallo stesso incriminata riguarda la formazione di un atto falso, quindi non genuino, l’alterazione di un atto originale, oppure ancora l’utilizzo di un atto contraffatto, riferendosi esclusivamente alla falsificazione materiale del documento; non comprende la diversa fattispecie del falso ideologico, ossia dell’indicazione nell’atto di circostanze non rispondenti al vero, che va ricondotta nell’ambito oggettivo di applicazione delle disposizioni di legge che prevedono i reati comuni.»
2.4 Non appare nØ risolutivo, nØ conferente il richiamo alla relazione del Governo al Codice penale militare, poichØ semplicemente afferma che, oltre all’art. 220 cod. pen. mil. pace, che sanziona una ipotesi attenuata di falso, sussistono comunque e sono applicabili anche gli artt. 476 e 479 cod. pen, ma non per questo la relazione prende posizione circa la connotazione della condotta sanzionata dall’art. 220 cod. pen. mil. di pace.
2.5 La condotta contestata al COGNOME Ł certamente di falso ideologico, poichŁ gli Ł contestato di avere riportato nei fogli di viaggio orari di arrivo non corrispondenti al vero, quindi di avere esposto una circostanza non vera e non già di avere formato dei fogli di viaggio non genuini ovvero di avere alterato dei fogli di viaggio genuini.
Oggetto di contestazione nel caso in esame, infatti, così come nel caso esaminato dalla già citata sez. F, n. 47926 del 24/08/2017, COGNOME, Rv. 271058, Ł «l’avere esposto circostanze non veritiere relative alle missioni compiute, condotta che non consiste nella materiale falsificazione del documento, intesa quale formazione totale o parziale di un atto prima inesistente al di fuori delle condizioni che ne legittimano l’emissione, quanto la volontaria esposizione, nell’ambito di tale documento, di circostanze non reali sulla protrazione temporale delle missioni con conseguente non veridicità dei dati attestati, di conoscenza e competenza del redattore dell’atto».
E’ condivisibile, per contro, la considerazione svolta in via subordinata dal sostituto procuratore generale riguardo la esatta qualificazione del tipo di falso ideologico che, in aderenza a quanto già statuito da questa Corte, non rientra nella condotta di cui all’art. 479 cod. pen., bensì in quella sanzionata dall’art. 480 cod. pen. che riguarda la falsità ideologica in certificati o autorizzazioni amministrative.
Certamente, infatti, i fogli di viaggio nn. 94 e 95, oggetto della contestata condotta di falso, non sono atti pubblici.
Sul punto si richiama, anzora una volta, la motivazione di Sez. F, n. 47926 del 24/08/2017, COGNOME, Rv. 271058 – 01, secondo cui la condotta consistente nell’attestazione di circostanze di percezione dell’imputato e rientranti nella sua sfera di competenza, ma dalla funzione e dal valore giuridico proprio della certificazione, che egli ha reso in quanto pubblico ufficiale, nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali di militare in funzione dell’emissione degli atti pubblici relativi alla liquidazione del trattamento economico di sua spettanza, Ł da qualificarsi quale falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in certificazioni amministrative.
La fattispecie di reato che Ł stata ritenuta integrata in quel caso Ł la medesima che deve essere ritenuta integrata anche con riferimento alla condotta descritta nel capo j) contestato all’imputato, cioŁ il reato di cui all’art. 480 cod. pen, stante la identità di condotta, l’identità dell’oggetto della falsificazione e l’identità di qualifica soggettiva dell’imputato.
Circa la qualificazione soggettiva, secondo un risalente orientamento che si ritiene di ribadire, si Ł affermato che i militari in servizio presso le caserme ed inquadrati in unità organiche operative possono essere considerati pubblici ufficiali soltanto nel caso in cui, all’interno della organizzazione militare diretta ad adempiere uno dei compiti essenziali dello stato, svolgano funzioni alle quali sia connesso, nel pubblico interesse, un potere di
coazione, che si sovrapponga al vincolo gerarchico, od un potere di certificazione. (Sez. 1, n. 5986 del 10/03/1986, COGNOME, Rv. 173191 – 01).
La pubblica funzione, infatti, non deve esprimersi in potestà autoritativa e certificativa necessariamente congiunte, dato che esistono pubbliche funzioni che si estrinsecano nell’esercizio di poteri autoritativi mediante atti pubblici od autorizzazioni amministrative e distinte pubbliche funzioni che si esprimono nell’esercizio di poteri certificativi (Cass., Sez. 6, 16 novembre 1990, Serazza, Cass. pen., 1991, m. 1208)
SicchŁ, la qualifica di pubblico ufficiale deve essere riconosciuta a quei soggetti che, pubblici dipendenti o semplici privati, quale che sia la loro posizione soggettiva, possono e debbono, nell’ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, formare e manifestare la volontà della pubblica amministrazione oppure esercitare, indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati.
La nozione dei “poteri certificativi” riguarda tutte indistintamente quelle attività di documentazione cui l’ordinamento assegna efficacia probatoria, quale che ne sia il grado.
Nel caso in esame l’imputato Ł certamente qualificabile come pubblico ufficiale, poichØ, proprio nella redazione dei fogli di viaggio ha esercitato il potere certificativo che gli era proprio, avendo documentato con efficacia probatoria, attraverso la compilazione di tali documenti, la durata cronologica delle missioni, al fine di consentire la liquidazione da parte della pubblica amministrazione del corrispettivo per detta attività.
Una volta, quindi, riqualificato il reato comune come la fattispecie prevista dall’art. 480 c.p., detto reato non Ł piø grave del reato militare di cui al capo i) e pertanto non opera piø la connessione di cui all’art. 13 comma 2 cod. proc. pen. e dunque, mentre il reato militare di cui al capo i) permane nella giurisdizione militare, il reato comune, in quanto meno grave, deve transitare nella giurisdizione comune.
L’impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato sub j), in quanto la giurisdizione per lo stesso appartiene al giudice ordinario; relativamente a detto reato debbono trasmettersi gli atti alla Procura della Repubblica di Bari per l’ulteriore corso; correlativamente deve essere eliminata la pena inflitta in aumento per detto capo sulla pena per il capo i) pari a mesi uno di reclusione; si deve dichiarare l’irrevocabilità della sentenza impugnata relativamente all’accertamento di responsabilità circa il capo i) e alla pena inflitta di mesi sei di reclusione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo j), qualificato ai sensi dell’art. 480 cod. pen., perchØ detto reato non appartiene alla giurisdizione del giudice militare, elimina il relativo aumento a titolo di continuazione pari a mesi uno di reclusione militare e dispone trasmettersi gli atti alla procura della repubblica di Bari per detto reato. rigetta nel resto il ricorso. dichiara irrevocabile la sentenza impugnata relativamente all’accertamento di responsabilità per il reato di truffa militare di cui al capo i) e alla relativa pena di mesi sei di reclusione militare.
Così Ł deciso, 07/05/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME