Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25178 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25178 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato ad Agropoli il 23/08/1983
avverso la sentenza del 14/03/2025 della CORTE D’APPELLO DI SALERNO
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Salerno ha confermato la condanna inflitta a NOME COGNOME per il delitto di falso ideologico commesso da privato di cui all’art. 483 cod. pen., per avere, nella qualità di titolare della ‘RAGIONE_SOCIALE, attestato falsamente, con dichiarazione resa ai sensi degli artt. 46 e 47 del d. P.R. 447/2000, che i materiali terrosi utilizzati per la messa in sicurezza della ex discaric di Agropoli provenivano da attività di recupero autorizzata, quando in realtà solo 1873 m 3 di tali materiali erano stati effettivamente recuperati, mentre 4802 m 3 provenivano da
dr cumuli di terra giacenti dal 1994, mai sottoposti a recupero (fatto commesso in Acropoli il 10 ottobre 2017).
Hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di NOME COGNOME affidando l’impugnativa a cinque motivi, quivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto previsto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo eccepisce la nullità delle sentenze di primo e secondo grado, ai sensi dell’art. 178 lett. c) e 179 cod. proc. pen., per violazione degli artt. artt. 420, 4 bis, 420-ter, e 465 cod. proc. pen. E’ dedotto, a sostegno, che alla prima udienza del 9 luglio 2019, il Tribunale non avrebbe dovuto dichiarare l’assenza dell’imputato, perché sussisteva il legittimo impedimento del difensore di fiducia, che aveva aderito all’astensione dalle udienze indetta dall’organismo unitario di categoria; donde, per effetto di tale illegittima dichiarazione di assenza, il rinvio d’ufficio dell’udienza del giugno 2020, disposto inaudita altera parte, si sarebbe dovuto notificare anche all’imputato e non al solo suo difensore di fiducia.
Il secondo motivo eccepisce, sotto l’egida della violazione dell’art. 483 cod. pen. e del vizio di motivazione, l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato di fals ideologico commesso dal privato. Di tale fattispecie criminosa difetterebbe nel caso concreto sia l’elemento materiale, perché la dichiarazione contestata era stata rilasciata nell’ambito di un rapporto tra privati (ossia, tra la ‘RAGIONE_SOCIALE e la ‘RAGIONE_SOCIALE e non nell’ambito di un procedimento amministrativo – tanto vero che era stata resa dopo l’aggiudicazione dell’appalto, così da non potere influire sulla gara -, sia l’elemento psicologico, dal momento che non l’imputato ma il giudice, per erronea interpretazione della normativa in materia di rifiuti, aveva ritenuto che i 4802 m 3 di materiali terrosi fossero da considerare tali, quand’invece non erano da sottoporsi a procedure di recupero.
Il terzo motivo eccepisce il travisamento della prova, con riguardo alla ritenuta inclusione nella categoria dei rifiuti dei 4802 m 3 di materiali terrosi che l’imputato aveva dichiarato essere materiali recuperati, tale categorizzazione essendo apodittica in quanto non sostenuta da analisi di laboratorio.
Il quarto motivo eccepisce, sotto l’egida della violazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen. e del vizio di motivazione, il difetto di esplicitazione delle ragioni per le quali pena applicata al ricorrente non era stata determinata nel minimo edittale e le circostanze attenuanti generiche non erano state concesse nella massima estensione.
Il quinto motivo denuncia, sotto l’egida della violazione dell’art. 131-bis cod. pen. e del vizio di motivazione, l’illegittimità del diniego di applicazione in favore del ricorre della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, vuoi per difetto di specif argomentazione a sostegno, vuoi per l’assenza di un danno ambientale accertato.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per iscritto in data 28 maggio 2025 chiedendo il rigetto del ricorso.
Con memoria di replica depositata in data 16 giugno 2025 il difensore del ricorrente, Avv. COGNOME ha meglio lumeggiato i motivi di ricorso e, in particolare, ha inteso dimostrare come con l’atto di gravame fossero state sviluppate censure in ordine alla natura dei 4802 m 3 di materiali terrosi conferiti dall’impresa di NOME COGNOME per la messa in sicurezza dell’ex discarica di Agropoli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato
Il primo motivo è infondato.
1.1. Dall’esame degli atti, consentito in ragione della natura processuale del vizio dedotto, risulta che all’udienza del 9 luglio del 2019 il Tribunale ha dichiarato l’assenza dell’imputato, perché raggiunto da regolare notifica del decreto di citazione a giudizio, di modo che, correttamente instaurato il rapporto processuale, dato atto dell’istanza di adesione del difensore di fiducia dell’imputato all’astensione proclamata dall’associazione unitaria di categoria e nominatogli un difensore di ufficio, ha rinviato, ritenendo legittimo l’impedimento del difensore di fiducia, all’udienza del 30 giugno 2020; udienza, questa, ulteriormente rinviata, con provvedimento assunto inaudita altera parte e notificato al solo difensore dell’imputato, al 5 maggio 2021.
1.2. Così ricostruito l’operato del Tribunale, non è possibile dubitare della sua legittimità: le Sezioni Unite, con la sentenza n. 8285 del 28/02/2006, COGNOME, Rv. 232905 – 01, hanno, infatti, stabilito che «Sono legittimi tanto la prioritaria dichiarazione contumacia dell’imputato in presenza del difensore designato ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen. in sostituzione del difensore di fiducia che abbia richiesto il rinvio dell udienza per impedimento a comparire, quanto, in accoglimento di tale richiesta, il successivo rinvio del processo ad altra udienza» ed hanno escluso il configurarsi di qualsivoglia nullità nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia dichiarato la contumaci (ora assenza) dell’imputato avendo sentito il difensore designato in sostituzione di quello di fiducia rimasto assente, e poi disposto il rinvio della udienza per l’impedimento a comparire di quest’ultimo, con rinnovo dell’avviso al solo difensore impedito.
La giurisprudenza successiva ha poi stabilito che «In tema di atti introduttivi del dibattimento, è legittima la verifica della regolare costituzione delle parti in caso di assenza dell’imputato e di adesione del difensore all’astensione collettiva dalle udienze, in quanto preliminare rispetto alla valutazione del prospettato impedimento a comparire»
(Sez. 6, n. 14396 del 10/01/2019, Taranto, Rv. 275431 – 01) ed ha, oltretutto, sancito la regula iuris secondo cui «Il decreto con il quale, ai sensi dell’art. 465 cod. proc. pen., è disposta l’anticipazione o il rinvio del dibattimento fuori udienza non deve essere notificato personalmente all’imputato, già dichiarato contumace o assente, essendo sufficiente la notifica al difensore che lo rappresenta» (Sez. 2, n. 8729 del 12/11/2019, dep. 2020, Libri, Rv. 278426 – 01; Sez. 3, n. 52507 del 16/10/2014, Settimi, Rv. 261514 – 01): questo perché – si è spiegato – laddove il legislatore ha voluto che l’imputato, benché dichiarato contumace o assente, sia destinatario diretto di determinati atti compiuti nel corso del dibattimento, lo ha previsto espressamente.
Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili.
2.1. Il travisamento della prova quanto alla natura dei 4802 m 3 di materiali terrosi conferiti dall’impresa di NOME COGNOME per la messa in sicurezza dell’ex discarica di Agropoli, dedotto con il terzo motivo – la cui disamina, per ragioni di ordine logico, deve precedere quella del secondo, riguardando la motivazione rassegnata dal giudice di appello in ordine alla ricostruzione del fatto -, è denunciato in maniera assolutamente generica.
A fronte dell’argomentazione completa e logica, sviluppata sul tema in questione nella sentenza impugnata, ossia, che la qualificazione alla stregua di rifiuti dei detti materiali derivava dagli accertamenti compiuti dalla Prefettura di Salerno (cfr. pag. 5, punto 2), il ricorrente, per rendere la censura sindacabile in questa sede, avrebbe dovuto allegare e documentare specifici ed inopinabili elementi di fatto, emersi nel corso del processo di merito, atti a dimostrare in maniera inopinabile come i risultati dei controlli effettuati dalla Prefettura di Salerno fossero fallaci. Donde i rilievi articolati con il pres motivo sono meramente esplorativi.
2.2. Manifestamente infondate sono le doglianze, articolate con il secondo motivo, che si dirigono sulla sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di falso ideologic commesso dal privato ex art. 483 cod. pen.
2.2.1. Per giurisprudenza costante di questa Corte «Il concetto di atto pubblico è, agli effetti della tutela penale, più ampio di quello desumibile dall’art. 2699 cod. civ dovendo rientrare in detta nozione non soltanto i documenti redatti da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, ma anche quelli formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato, nell’esercizio delle loro funzioni, per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, purché aventi l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica e/o valore probatorio interno alla pubblica amministrazione, cosicché sono atti pubblici anche gli atti interni e quelli preparatori di una fattispecie documentale complessa, come le autocertificazioni del privato redatte ai sensi dell’art. 46 o dell’art. 47 del d.P.R. dicembre 2000 n. 445, da considerarsi come rese a pubblico ufficiale» (Sez. 5, n. 15901 del 15/02/2021, COGNOME, Rv. 281041 – 01); di modo che si è affermato che «Integra il
delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 cod. pen.) la condotta di colui che dichiara il falso in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notori resa ai sensi dell’art. 47 d.P.R. n.445 del 2000» (Sez. 5, n. 7857 del 26/10/2017, dep. 2018, Rv. 272277 – 01): questo perché «L’atto disciplinato dalle norme di cui agli artt. 46 e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa è per sua natura “destinato a provare la verità” dei fatti in esso affermati, che concernono fatti, stati e qualità personali» (Sez. 5, n. 38748 del 09/07/2008, Nicotera, Rv. 242324).
2.2.2. L’obbligo di verità imposto al dichiarante, sotto comminatoria di sanzione penale, ai sensi degli artt. 46, 47 e 76 d.P.R. 445 del 2000, comporta in capo a questi l’assunzione di responsabilità in ordine alla corrispondenza alla realtà del fatto dichiarato: responsabilità che presuppone l’onere da parte di chi renda la dichiarazione di compiere ogni necessaria verifica al fine di ostendere il vero. Stante tale responsabilità, la censura spiegata in ordine all’elemento soggettivo del reato è generica, essendo stata affidata ad opinabili deduzioni circa la corretta interpretazione della normativa in materia di rifiuti piuttosto che a incontrovertibili elementi oggettivi atti a dimostrare come NOME COGNOME avesse compiuto tutti gli accertamenti necessari per verificare la natura dei materiali terrosi conferiti per la messa in sicurezza dell’ex discarica e che, per suo incolpevole errore, era stato indotto a ritenere che fossero materiali recuperati.
Anche il quinto motivo, in ordine al diniego di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., è inammissibile.
La motivazione con la quale nella sentenza impugnata sono state esplicitate le ragioni ostative alla concessione del beneficio invocato – ossia, che la condotta tenuta dall’imputato, protesa a dissimulare la natura di rifiuti dei materiali terrosi conferiti mettere in sicurezza la ex discarica di Agropoli, era tale da esporre ad ulteriore pericolo gli equilibri ambientali nonché la salute pubblica – non esibiscono alcun profilo di palese illogicità in ordine alla ritenuta non tenuità del fatto.
4. Pure inammissibile è il quinto motivo di ricorso.
L’irrogazione all’imputato della pena di mesi due di reclusione, di gran lunga inferiore alla media edittale, giustifica la motivazione rassegnata in sentenza in ordine alla congruità della pena applicata: questa Corte ha, infatti, da sempre affermato che «In tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.» (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283 – 01; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Rv. 256464 – 01).
La mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione di un terzo, infine, non impone al giudice di considerare necessariamente gli elementi
favorevoli dedotti dall’imputato, sia pure per disattenderli, essendo sufficiente che nel riferimento a quelli sfavorevoli di preponderante rilevanza, ritenuti ostativi alla
concessione delle predette attenuanti nella massima estensione, abbia riguardo al trattamento sanzionatorio nel suo complesso, ritenendolo congruo rispetto alle esigenze
di individualizzazione della pena, ex art. 27 Cost. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021,
COGNOME, Rv. 281217 – 01). Congruità che nel caso di specie è stata non illogicamente parametrata dai giudici di merito alla particolare insidiosità della condotta tenuta dal
ricorrente, il quale, peraltro, neppure in questa sede, del resto, ha allegato specifici elementi, diversi dall’apodittica prospettazione della mancanza di un danno ambientale
accertato, atti a giustificare la meritevolezza di un più mite trattamento sanzionatorio.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 27/06/2025
Il Presidente
NOME COGNOME
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
CORTE DI CASSAZIONE V SEZIONE PENALE