Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2153 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2153 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino nel procedimento a carico di NOMECOGNOME nato ad Avellino il 04/08/1968 avverso la ordinanza del 19/92024 del Tribunale di Avellino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le richieste del difensore di NOME COGNOME avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale del riesame di Avellino, accogliendo la richiesta di riesame di NOME COGNOME sottoposto ad indagini per il reato di falso in atto pubblico, ha annullato il decreto di sequestr probatorio di un telefono cellulare e della relativa sim emesso in data 2
settembre 2024 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino.
A NOME COGNOME si contesta di avere, in concorso con altre persone, in qualità di dirigente del Settore finanze e e del Settore cultura e turismo del Comune di Avellino, attestato falsamente nella determina n. 2528/23 la sussistenza delle condizioni di cui agli artt. 50 e 76 d.lgs. 36/23, in quanto non sarebbero state sussistenti le condizioni per l’affidamento diretto ex art. 76, comma 2, lett. b), d.lgs. cit. alla RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale ha annullato il decreto di sequestro probatorio affermando che nella determina sopra indicata il COGNOME non aveva attestato la sussistenza delle condizioni necessarie per l’affidamento alla RAGIONE_SOCIALE delle ulteriori attiv necessarie per la gestione dell’evento, quali servizi di security, ospitalità, luci e video ed in particolare che egli non aveva documentato la pregressa esperienza relativamente alle attività in tali settori, essendosi il COGNOME limitato affermare di avere effettuato le verifiche di cui agli artt. 94 e 95 d.lgs. n. 36/2 cosicché non era astrattamente configurabile l’ipotizzato delitto di falsità in att pubblico, potendo semmai sussistere il reato di abuso di cui all’art. 323 cod. pen. ormai depenalizzato.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino, chiedendone l’annullamento ed articolando un unico motivo con il quale denuncia contestualmente mancanza e contraddittorietà della motivazione.
A sostegno del ricorso segnala che il Tribunale del riesame ha fatto riferimento all’art. 50, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 36/23, mentre la norma violata dalla determina è quella del comma 1, lett. b), della disposizione sopra citata.
Inoltre, sostiene che la determina, nella parte in cui dà atto di procedere all’affidamento delle ulteriori attività necessarie a consentire l’espletamento della prestazione principale ai sensi del citato art. 50, comma 1, lett. b), d.lgs. cit., ossia i servizi di security, ospitalità, luci e video, ha falsamente ritenuto la sussistenza del requisito previsto dalla disposizione appena citata, ovvero il possesso di documentate esperienze pregresse, mentre si tratterebbe di circostanza falsa, atteso che la RAGIONE_SOCIALE aveva cambiato il codice ATECO solo in data 31 luglio 2023 inserendo tra le attività ricomprese nell’oggetto sociale anche le attività di supporto all’organizzazione di spettacoli musicali, né aveva svolto successivamente a questa data e sino al 16 agosto 2023, data dell’evento musicale, simili attività.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Le Sezioni Unite hanno affermato che il falso ideologico in documenti a contenuto dispositivo ben può investire le attestazioni anche soltanto implicite contenute nell’atto e quei fatti, giuridicamente rilevanti, connessi indiscutibilmente, quali presupposti, con la parte dispositiva dell’atto medesimo (si vedano, in tal senso: Sez. U, n. 35488 del 28/06/2007, COGNOME, Rv. 236867; Sez. Unite, 30 giugno 1984, COGNOME, Rv. 165603), sia che concernano fatti compiuti o conosciuti direttamente dal pubblico ufficiale sia che concernano altri “fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità” (art. 479 cod. pen., ulti parte).
In particolare, nell’applicazione dell’art. 479 cod. pen. il riferimento al tenore formale dell’atto non va inteso nel senso che è necessario che l’atto faccia espresso riferimento all’accertamento dei presupposti cui è subordinata la sua emanazione, «poiché quando una determinata attività del pubblico ufficiale, non menzionata nell’atto, costituisca indefettibile presupposto di fatto o condizione normativa dell’attestazione deve logicamente farsi riferimento al contenuto o tenore implicito necessario dell’atto stesso, con la conseguente irrilevanza della relativa omessa menzione (non di rado scaltramente preordinata) ai fini della sussistenza della falsità ideologica (Sez. U, n. 7299 del 30/06/1984, COGNOME, Rv. 165603).
In tema di falsità ideologica, l’ambito attestativo di un atto pubblico non è circoscritto alla sua formulazione espressa, ma si estende anche alle attestazioni implicite, tutte le volte in cui una determinata attività del pubblico ufficiale, no menzionata nell’atto, costituisce indefettibile presupposto di fatto o condizione normativa della attestazione espressa (Sez. 5, Sentenza n. 7718 del 13/01/2009, Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, Rv. 242569).
Ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 36 del 2023, salvo quanto previsto dagli articoli 62 e 63, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore a 140.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, anche individuati tra gli iscritti in elenchi o a istituiti dalla stazione appaltante.
Poiché per la emanazione della determina era necessaria la previa verifica del possesso dei requisiti, tra i quali la pregressa esperienza nelle attività di supporto alla prestazione principale, la determina emessa vale implicitamente ad
attestare il possesso dei requisiti.
Ne consegue che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale del riesame, il delitto ipotizzato dal Pubblico ministero ricorrente è astrattamente configurabile.
L’ordinanza deve, quindi, essere annullata con rinvio al Tribunale di Avellino, Sezione per il riesame, che dovrà, in diversa composizione, nuovamente pronunciarsi prendendo in esame le altre censure sollevate da NOME COGNOME nella sua memoria difensiva depositata presso detto Tribunale e ritenute assorbite.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Avellino – Sezione per il riesame.
Così deciso il 05/12/2024.