Falso Ideologico: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’ordinanza n. 9064/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, in particolare nel contesto del reato di falso ideologico. La Suprema Corte ha ribadito che i motivi di ricorso non possono limitarsi a critiche generiche o a contestazioni sui fatti, ma devono confrontarsi specificamente con le ragioni della decisione impugnata. Questo caso riguarda due amministratori condannati per aver falsamente attestato lo svolgimento di corsi di formazione obbligatori per i dipendenti.
I Fatti di Causa
Il procedimento penale vedeva coinvolti due amministratori di una società, imputati per il reato di falso. La Corte d’Appello, pur assolvendoli da una delle due accuse, li aveva condannati per il reato di falso ideologico residuo. L’accusa si fondava sull’aver dichiarato che nell’azienda si erano tenute le attività di formazione obbligatoria per i lavoratori, circostanza che, secondo l’accertamento giudiziario, non corrispondeva al vero. La prova decisiva era emersa dalla testimonianza di una dipendente, la quale aveva affermato che né lei né altri colleghi avevano mai partecipato ad alcuna attività formativa.
I Motivi del Ricorso e il Reato di Falso Ideologico
Gli amministratori hanno presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Una presunta violazione di legge relativa all’applicazione dell’art. 37 del D.Lgs. 81/2008, che disciplina gli obblighi di formazione a carico del datore di lavoro.
2. L’illogicità della motivazione della sentenza d’appello riguardo alla loro responsabilità penale.
Il cuore del problema, tuttavia, non risiedeva nell’interpretazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro, ma nella semplice constatazione di un fatto: era stato dichiarato il falso, attestando un’attività mai avvenuta.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Falso Ideologico
La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza degli imputati, ma si ferma a un livello procedurale, stabilendo che il ricorso non aveva i requisiti per essere esaminato. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni dell’inammissibilità.
Il secondo motivo, relativo all’illogicità della motivazione, è stato ritenuto inammissibile perché si traduceva in doglianze generiche e in censure di fatto. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove (come le testimonianze), ma un giudice di legittimità che verifica solo la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione. Contestare la valutazione di una testimonianza da parte del giudice di merito è una censura di fatto, non consentita in sede di legittimità.
Il primo motivo, riguardante la violazione della normativa sulla formazione, è stato giudicato ancora più palesemente inammissibile. I giudici hanno sottolineato come tale motivo fosse del tutto “scollegato” dall’accertamento di responsabilità. La condanna non si basava su una complessa interpretazione degli obblighi formativi, ma sulla prova testimoniale che la formazione, falsamente dichiarata come avvenuta, non era mai esistita. La denuncia di una presunta illegittimità risultava quindi incomprensibile e non pertinente al nucleo della decisione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito fondamentale per chi intende impugnare una sentenza in Cassazione. Non è sufficiente sollevare dubbi o contestare genericamente la decisione, né denunciare violazioni di legge in modo astratto. È necessario che i motivi del ricorso siano specifici, pertinenti e che si confrontino direttamente con la ratio decidendi (la ragione della decisione) della sentenza impugnata. Un ricorso che si limita a riproporre questioni di fatto o che solleva questioni di diritto non pertinenti al caso concreto è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria.
Perché la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso degli amministratori?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano o generici e si risolvevano in critiche sui fatti (non consentite in Cassazione), oppure erano del tutto scollegati e non pertinenti rispetto alla prova chiave della condanna, ovvero la testimonianza che smentiva l’avvenuta formazione.
Qual era l’accusa per cui gli imputati sono stati condannati?
Gli imputati sono stati condannati per il reato di “falso residuo” (nello specifico, falso ideologico ai sensi dell’art. 480 c.p.) per aver dichiarato che i dipendenti della loro azienda avevano svolto la formazione obbligatoria, mentre in realtà tale attività non era mai avvenuta.
È sufficiente denunciare una violazione di legge per rendere ammissibile un ricorso in Cassazione?
No. Come dimostra questa ordinanza, la denuncia di una violazione di legge deve essere pertinente e direttamente collegata ai fatti accertati e alla motivazione della sentenza impugnata. Un motivo basato su una norma di legge che non ha attinenza con il fondamento della decisione viene considerato inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9064 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9064 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TERAMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/02/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona che ha assolto gli imputati da uno dei due reati di falso ex art. 480 cod. pen. loro ascritti e, conseguentemente, ha rideterminato il trattamento sanzionatorio, per il delitto di falso residuo;
Considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti denunziano la violazione di legge in ordine all’applicazione dell’art. 37, comma 2, del d.lgs. n. del 2008 relativo all’obbligo di formazione gravante sul datore di lavoro ed il secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta l’illogicità della motivazione con riferimen alla responsabilità penale degli imputati, sono inammissibili perché costituiti, secondo, da doglianze generiche o che si risolvono in censure in punto di fatto; il primo, in una denuncia di illegittimità di cui non si comprende neppure il senso, essendo del tutto scollegata dall’accertamento di responsabilità basato sulla circostanza che una testimone ha chiarito come non vi fosse stata alcuna attività di formazione nei suoi confronti e in generale nell’azienda della quale gli imputati erano amministratori (e per la quale avevano dichiarato, invece, l’avvenuta formazione);
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 18 gennaio 2024.