LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Falso ideologico: inammissibile il ricorso generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due amministratori condannati per falso ideologico. Avevano attestato falsamente l’avvenuta formazione dei dipendenti, come smentito da un testimone. I motivi del ricorso sono stati giudicati generici, basati su censure di fatto e non pertinenti rispetto all’accertamento della responsabilità penale, fondato su prove testimoniali chiare.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso Ideologico: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza n. 9064/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, in particolare nel contesto del reato di falso ideologico. La Suprema Corte ha ribadito che i motivi di ricorso non possono limitarsi a critiche generiche o a contestazioni sui fatti, ma devono confrontarsi specificamente con le ragioni della decisione impugnata. Questo caso riguarda due amministratori condannati per aver falsamente attestato lo svolgimento di corsi di formazione obbligatori per i dipendenti.

I Fatti di Causa

Il procedimento penale vedeva coinvolti due amministratori di una società, imputati per il reato di falso. La Corte d’Appello, pur assolvendoli da una delle due accuse, li aveva condannati per il reato di falso ideologico residuo. L’accusa si fondava sull’aver dichiarato che nell’azienda si erano tenute le attività di formazione obbligatoria per i lavoratori, circostanza che, secondo l’accertamento giudiziario, non corrispondeva al vero. La prova decisiva era emersa dalla testimonianza di una dipendente, la quale aveva affermato che né lei né altri colleghi avevano mai partecipato ad alcuna attività formativa.

I Motivi del Ricorso e il Reato di Falso Ideologico

Gli amministratori hanno presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Una presunta violazione di legge relativa all’applicazione dell’art. 37 del D.Lgs. 81/2008, che disciplina gli obblighi di formazione a carico del datore di lavoro.
2. L’illogicità della motivazione della sentenza d’appello riguardo alla loro responsabilità penale.

Il cuore del problema, tuttavia, non risiedeva nell’interpretazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro, ma nella semplice constatazione di un fatto: era stato dichiarato il falso, attestando un’attività mai avvenuta.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Falso Ideologico

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza degli imputati, ma si ferma a un livello procedurale, stabilendo che il ricorso non aveva i requisiti per essere esaminato. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni dell’inammissibilità.

Il secondo motivo, relativo all’illogicità della motivazione, è stato ritenuto inammissibile perché si traduceva in doglianze generiche e in censure di fatto. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove (come le testimonianze), ma un giudice di legittimità che verifica solo la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione. Contestare la valutazione di una testimonianza da parte del giudice di merito è una censura di fatto, non consentita in sede di legittimità.

Il primo motivo, riguardante la violazione della normativa sulla formazione, è stato giudicato ancora più palesemente inammissibile. I giudici hanno sottolineato come tale motivo fosse del tutto “scollegato” dall’accertamento di responsabilità. La condanna non si basava su una complessa interpretazione degli obblighi formativi, ma sulla prova testimoniale che la formazione, falsamente dichiarata come avvenuta, non era mai esistita. La denuncia di una presunta illegittimità risultava quindi incomprensibile e non pertinente al nucleo della decisione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito fondamentale per chi intende impugnare una sentenza in Cassazione. Non è sufficiente sollevare dubbi o contestare genericamente la decisione, né denunciare violazioni di legge in modo astratto. È necessario che i motivi del ricorso siano specifici, pertinenti e che si confrontino direttamente con la ratio decidendi (la ragione della decisione) della sentenza impugnata. Un ricorso che si limita a riproporre questioni di fatto o che solleva questioni di diritto non pertinenti al caso concreto è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria.

Perché la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso degli amministratori?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano o generici e si risolvevano in critiche sui fatti (non consentite in Cassazione), oppure erano del tutto scollegati e non pertinenti rispetto alla prova chiave della condanna, ovvero la testimonianza che smentiva l’avvenuta formazione.

Qual era l’accusa per cui gli imputati sono stati condannati?
Gli imputati sono stati condannati per il reato di “falso residuo” (nello specifico, falso ideologico ai sensi dell’art. 480 c.p.) per aver dichiarato che i dipendenti della loro azienda avevano svolto la formazione obbligatoria, mentre in realtà tale attività non era mai avvenuta.

È sufficiente denunciare una violazione di legge per rendere ammissibile un ricorso in Cassazione?
No. Come dimostra questa ordinanza, la denuncia di una violazione di legge deve essere pertinente e direttamente collegata ai fatti accertati e alla motivazione della sentenza impugnata. Un motivo basato su una norma di legge che non ha attinenza con il fondamento della decisione viene considerato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati