Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34027 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34027 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME
NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOMENOMENOMENOMENOMEX
NOMENOMENOMENOMENOME
avverso la sentenza del 16/12/2024 della CORTE di APPELLO di NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 26/11/2022, il Tribunale di Salerno in composizione monocratica ha dichiarato NOMEXX, NOMENOMEX e NOMENOMEX colpevoli del reato di cui agli artt. 113 e 589 cod. pen. perchØ – in cooperazione colposa tra loro, per negligenza, imperizia e imprudenza, cagionavano la morte del feto, poi partorito da NOME – oltre che per le ipotesi ex artt. 479-476 secondo comma cod. pen. loro rispettivamente ascritte e, per l’effetto – previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, computate con il criterio della prevalenza sull’aggravante ex art. 476 secondo comma cod. pen. – li ha condannati alla pena di mesi dieci di reclusione ciascuno; con pena sospesa per NOMENOMEXX e con assoluzione di NOMEXX dalla contestazione di falso di cui al capo 4) della rubrica; con le consequenziali statuizioni risarcitorie.
1.1. La Corte di appello di Salerno, con sentenza del 20/01/2023, ha assolto NOMENOMEX e NOMEXX dall’accusa di concorso ex art. 113 cod. pen. in omicidio colposo (con l’adozione della formula di rito ‘per non aver commesso il fatto’) e dalle ipotesi di falso rispettivamente ascritte a ciascuno di essi (con l’adozione della formula di rito ‘perchØ il fatto non costituisce reato’); ha quindi revocato le relative statuizioni civili ed ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOMENOMEXX per il medesimo reato, in quanto estinto per intervenuta prescrizione, confermando la condanna della stessa – in solido con il responsabile civile NOMENOMENOMEXX – ai soli effetti civili.
1.2. A seguito di impugnazione del AVV_NOTAIO generale presso la Corte di appello di Salerno, nonchØ di NOMENOMEX e del sopra detto responsabile civile, la Quinta Sezione di questa Corte – con sentenza del 18/01/2024 – ha annullato la decisione impugnata, nei confronti di NOMENOMEX e NOMEXX, limitatamente alle
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
imputazioni di falso riportate sub 2) e 3) della rubrica, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli ed ha dichiarato inammissibile nel resto il ricorso del AVV_NOTAIO generale, rigettando anche i ricorsi della NOMENOMEXX e della
NOMENOME.
1.3. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale di Salerno del 26/01/2022, ha concesso a NOMEXX il beneficio della sospensione condizionale della pena, confermando nel resto la sentenza appellata.
Ricorrono per cassazione NOMEXX e NOMENOMEX, con atto unico a firma dell’AVV_NOTAIO, deducendo quattro motivi, che vengono di seguito enunciati entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, vengono denunciati i vizi di erronea applicazione della legge penale e di illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione, in ordine alla condanna per il reato di cui agli artt. 476 secondo comma e 479 cod. pen., contestato sub 2) e 3) della rubrica.
Si sostiene nell’impugnazione che NOME non abbia avuto il tempo di valutare il tracciato del nascituro, stante la immediata rottura del sacco amniotico, che lo aveva determinato a condurre subito la partoriente in sala parto. La rottura del sacco amniotico e la fuoriuscita di liquido di colore anomalo erano avvenuti prima dell’intervento di NOME in sala parto e, quindi, la circostanza non era conosciuta. L’attestazione secondo cui il feto era ‘vivo ma non vitale’ era esatta.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciato il vizio di carenza e contraddittorietà della motivazione, nonchØ erronea applicazione dell’art. 133 cod. pen., evidenziandosi incongruenze nelle argomentazioni addotte a sostegno della quantificazione della pena.
2.3. Con il terzo motivo, viene denunciato il vizio di illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione, in ordine all’art. 175 cod. pen., quanto al diniego del beneficio della non menzione nei confronti di NOMEXX.
2.4. Con il quarto motivo, viene denunciato il vizio di illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione, in ordine alla mancata concessione della sospensione condizionale, ex art. 163 cod. pen., nei confronti di NOMENOMEX.
Il AVV_NOTAIO generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. Giudicando in sede di rinvio, la Corte di appello di Napoli ha richiamato le macroscopiche anomalie del tracciato cardio-ecografico e le ulteriori evidenze probatorie segnalate dai periti, ritenendo che entrambi gli imputati abbiamo consapevolmente posto in essere le falsità loro rispettivamente contestate.
Il primo motivo di ricorso ripropone una lettura alternativa del quadro probatorio, mentre i residui motivi – essenzialmente inerenti alla dosimetria della pena – attengono a questioni oggetto di coerente motivazione, nella sentenza impugnata.
Le costituite parti civili NOME e NOMENOMENOMEXX, con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO, hanno formulato conclusioni, domandando il rigetto dei ricorsi, in quanto manifestamente inammissibili e comunque infondati, nonchØ la condanna degli imputati – unitamente al responsabile civile NOMENOME – al pagamento delle spese processuali in favore delle parti civili, come da allegata nota spese.
La Corte di appello di Napoli ha adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza della responsabilità degli imputati, anche mediante il richiamo alla condanna pronunciata in primo grado. Emerge, dunque, la falsa refertazione del tracciato cardiotocografico e
l’infedele compilazione della cartella clinica, quali attività strumentali a non far desumere il pericolo di vita nel quale versava il nascituro; motivato Ł anche l’elemento doloso del falso, in capo ad entrambi gli imputati. Il ricorso, invece, propone considerazioni nel merito della vicenda giudiziaria, non sorrette da alcuna idonea censura, rispetto agli asseriti vizi di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
Come già sintetizzato in parte espositiva, il processo ha riguardato il decesso di un feto durante il parto; quanto alle qualità rivestite dagli imputati, NOME era all’epoca il ginecologo di fiducia della partoriente, mentre NOME era il ginecologo di turno nella Clinica in cui avveniva il parto.
Con riferimento alla vicenda processuale, in primo grado Ł intervenuta – a carico di entrambi i prevenuti – condanna per il reato di omicidio colposo, nonchØ per i reati di falso ideologico in cartella clinica loro rispettivamente ascritti; in grado di appello, Ł stata pronunciata l’assoluzione per tutte le contestazioni, nei confronti di ambedue gli imputati e successivamente – a seguito di ricorso del AVV_NOTAIO generale – la Quinta Sezione di questa Corte ha annullato l’assoluzione relativamente alle contestazioni di falso riportate sub 2) (fatto contestato a NOMENOMEX) e sub 3) della rubrica (fatto ascritto a
NOMEXX).
La sentenza ora impugnata ha condannato entrambi gli imputati, in ordine a tali due ipotesi di falso, secondo le rispettive contestazioni e, pertanto, su tali fattispecie incriminatrici verte il ricorso ora al vaglio di questo Collegio.
Con il primo motivo, la difesa rappresenta come NOME non abbia sottoposto la partoriente a visita per l’intera durata del monitoraggio, non essendo tenuto a farlo; evidenzia, inoltre, come il ricorrente nemmeno abbia avuto il tempo di analizzare attentamente il tracciato. NOME si sarebbe limitato, dunque, ad effettuare una errata diagnosi, semplicemente annotando in modo frettoloso la dicitura ‘tracciato non patologico’, senza però poter rivedere il tracciato.
L’annotazione ‘presenza di attività cardiaca, vivo ma non vitale’, del resto, costituirebbe solo una prima constatazione; non avrebbe avuto senso per il NOMEXX, infine, attestare esser nato vivo il feto, piuttosto che dichiararlo nato morto a causa di manovre effettuate in sua assenza.
2.1. Giova precisare che i due imputati – all’esito del primo giudizio di appello – erano stati assolti, a causa della ritenuta insussistenza del necessario elemento psicologico doloso.
All’esito dell’impugnazione del AVV_NOTAIO generale, era stato dedotto – nel quarto motivo – un vizio di motivazione, in ordine proprio a tale profilo.
La Quinta Sezione di questa Corte accoglieva tale motivo, quanto alla posizione di NOME, rilevando come la perizia avesse riscontrato una ‘macroscopica difformità tra il tracciato in oggetto e quello associato ad una situazione di benessere del nascituro’. La medesima sentenza rescindente sottolineava, inoltre, come NOME fosse intervenuto dopo la fuoriuscita di liquido amniotico di colore anomalo, oltre che in presenza del predetto tracciato.
La sentenza ora impugnata ha sottolineato come il tracciato cardiotocografico presentasse anomalie macroscopiche, tali da non poter essere ignorate da un soggetto professionalmente qualificato quale il NOME. Tale situazione, oggettivamente sussistente, Ł stata reputata dalla Corte territoriale pacificamente evocativa della sussistenza del
necessario coefficiente doloso, quanto alla fattispecie di falso ascritta.
Per ciò che attiene alla contestazione mossa a NOMEXX, la Corte di appello ha ricordato l’emersione di un ulteriore dato di natura oggettiva, ossia il colore anomalo assunto dal liquido amniotico; tale dato Ł stato reputato di univoca significazione, in quanto palesemente evocativo dello stato di sofferenza in cui versava il feto.
2.2. Tanto premesso a fini ricostruttivi, va evidenziato come le censure difensive si sviluppino sul piano del fatto e siano tese a sovrapporre una nuova interpretazione delle risultanze probatorie, diversa da quella recepita nell’impugnato provvedimento, piø che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati dall’art. 606 cod. proc. pen.
Tale operazione, con tutta evidenza, fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso al giudice di legittimità. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato sulla base di prospettazioni alternative, che sostanzialmente si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e differenti canoni ricostruttivi e valutativi dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perchØ illustrati come maggiormente plausibili, o perchØ assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si Ł in concreto realizzata (Sez. 6, n. 5465del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507).
D’altronde, nessun vizio logico o argomentativo, eventualmente ravvisabile nella motivazione sviluppata, viene evidenziato nell’impugnazione, che sostanzialmente ripropone i punti del gravame che avevano portato all’assoluzione in appello, poi annullata dalla Quinta Sezione di questa Corte.
Il secondo motivo inerisce al trattamento sanzionatorio, atteso che la difesa taccia di erroneità l’affermazione della Corte territoriale, circa l’intento – che avrebbe animato gli imputati – di dissimulare le effettive condizioni di salute della partoriente e del nascituro; illogico sarebbe anche – in ipotesi difensiva – il riferimento alla sussistenza di una pluralità di profili di falso.
3.1. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, però, il giudice di merito non ha affatto mancato di motivare sul punto, avendo valorizzato – anche ai fini dell’art. 133 cod. pen. – le caratteristiche stesse del fatto e la particolare intensità del dolo manifestato dai soggetti attivi. La Corte territoriale, sul punto, ha giustificato il discostamento dal minimo edittale, evidenziando l’intento – che ha sostenuto l’agire dei prevenuti – di dissimulare la reale situazione di salute della partoriente e del nascituro e, consequenzialmente, di edulcorare le proprie responsabilità. A tale considerazione, la Corte di appello ha ritenuto saldarsi alla perfezione il dato negativo rappresentato – quanto a NOMENOMEX – dalla precedente condanna, sebbene risalente nel tempo. Con riferimento a NUMERO_CARTA, invece, si Ł valorizzata la sussistenza di una molteplicità di spunti di falsità, nella annotazione incriminata (desumibili già dalla lettura della contestazione, laddove si trova in riferimento alla ‘assenza di segni di sofferenza’ ed alla agevolazione del parto mediante effettuazione di determinate manovre).
Si possono comunque evincere – dal complesso della motivazione – motivate valutazioni negative in ordine al fatto ed alla personalità degli imputati, che la Corte territoriale ha delineato con motivazione ampia, congruente, logica e non contraddittoria; una struttura motivazionale che non risulta disarticolata dalle deduzione – di tenore meramente rivalutativo e fattuale – prospettate attraverso i ricorsi.
Con il terzo motivo, la difesa sottolinea come sia stata accordata a NOMEXX la
sospensione condizionale della pena, muovendo dal presupposto che egli si sarebbe astenuto, in futuro, dalla commissione di ulteriori fatti; in tale ottica – prosegue l’impugnazione – non può allora avere senso alcuno la contestuale negazione del beneficio della non menzione al medesimo prevenuto, fondando la decisione reiettiva sull’esigenza di far prevalere le ragioni della pubblicità sociale, a fronte di quelle relative al reinserimento del soggetto.
4.1. Si Ł in presenza, al contrario, di una scelta pienamente ammissibile, trattandosi di due tipologie di beneficio che perseguono finalità tra loro del tutto diverse.
La non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, infatti, mira a favorire la resipiscenza del condannato, attraverso l’elisione di una particolare conseguenza negativa, che si accompagna alla commissione del reato e che Ł costituita dalla notorietà del fatto; la sospensione condizionale della pena, invece, ha lo scopo e la funzione di eliminare l’esecuzione della pena, così evitando la punizione del colpevole (laddove questo mostri la possibilità di ripensamento critico, rispetto al proprio pregresso agire delinquenziale) e nel contempo di creare – attraverso la possibilità di revoca – un deterrente particolarmente efficace, rispetto alla commissione di ulteriori violazioni della legge penale (se vedano Sez. 3, n. 51580 del 18/09/2018, M., Rv. 274106 – 01 e Sez. 6, n. 34489 del 14/06/2012, COGNOME, Rv. 253484 – 01).
Grava sul giudice che decida di accordare soltanto uno tra i suddetti benefici, ovviamente, l’onere di specificare le ragioni in base alle quali gli elementi valutati in senso favorevole – e posti a fondamento della concessione di uno dei due istituti – non consentano poi di esprimere un identico giudizio di meritevolezza, in ordine all’altro beneficio; in alternativa, Ł anche possibile indicare – ai fini della concessione di uno soltanto dei benefici – la sussistenza di ulteriori elementi ostativi alla concessione del beneficio negato (si veda Sez. 4, n. 32963 del 04/06/2021, COGNOME, Rv. 281787 – 01).
4.2. Nella concreta fattispecie, la Corte territoriale ha chiarito di non voler accordare al ricorrente il beneficio della non menzione – ad onta della concessione dell’altro beneficio suddetto – intendendo così dare la preminenza alle ragioni di pubblicità sociale. Trattasi di una argomentazione per nulla contraddittoria, che si rivela priva di qualsivoglia forma di illogicità e che resiste saldamente alla doglianza difensiva. L’impugnazione, infatti, si impernia sulla sola argomentazione in base alla quale, una volta escluso il rischio di recidiva nel reato (come dimostrato dalla concessione della sospensione condizionale della pena) non possano automaticamente residuare neanche le esigenze di informazione al pubblico, che invece supportano la scelta di non concedere la non menzione.
La prospettazione difensiva, allora, non si confronta con la sopra delineata difformità ontologica e strutturale esistente, fra i due benefici della sospensione condizionale e della non menzione. La negazione della non menzione (beneficio che inerisce specificamente all’aspetto sociale), ha dunque assunto – secondo la corretta impostazione concettuale sposata dei Giudici di appello – la valenza del monito ulteriore, rispetto alla già formulata prognosi positiva. In tale ottica, il trattamento favorevole accordato al condannato, attraverso la concessione della sospensione condizionale della pena, Ł stato legittimamente bilanciato dal diniego dell’ulteriore beneficio della non menzione, in ragione della ritenuta gravità del fatto.
5. Per ciò che attiene al quarto motivo, sostiene la difesa che la Corte territoriale abbia mancato di argomentare adeguatamente, in ordine agli elementi specifici e concreti, che sono all’origine della prognosi negativa formulata nei confronti di NOMENOMEX; il precedente che Ł stato posto a fondamento di tale negativa valutazione – segnala la difesa – Ł molto
risalente nel tempo, tanto da non esser stato nemmeno considerato, in vista della possibile contestazione della recidiva.
La Corte di appello, però, ha adeguatamente argomentato la decisione di non concedere l’invocato beneficio, fondando la decisione reiettiva essenzialmente sul fatto che l’imputato annoveri una precedente condanna, per fatti posti in essere mediante un analogo abuso della qualità pubblico ufficiale; tale dato oggettivo Ł stato reputato univocamente deponente, nel senso della impossibilità di formulazione di una prognosi positiva.
Anche per aggredire tale decisione – da ritenersi del tutto logica e lineare – la difesa non riesce ad oltrepassare la soglia della mera confutazione, limitandosi in sostanza ad auspicare una vera e propria rivalutazione, in sede di legittimità.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto dei ricorsi; segue ex lege la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Ricorrendone le condizioni, infine, deve essere disposta l’annotazione di cui all’art. 52, comma 1, del decreto legislativo 20 giugno 2003, n. 196, recante il ‘codice in materia di protezione dei dati personali’.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 02/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.