Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21866 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21866 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
In nome del Popolo Italiano
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 342/2025
NOME COGNOME
UP – 13/03/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 42595/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Firenzuola il 26/12/1948
inoltre:
Comune di Montecatini Terme
avverso la sentenza del 08/07/2024 della Corte d’appello di Firenze
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
uditi: il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; l’avvocato NOME COGNOME che, nellÕinteresse della parte civile Comune di Montecatini Terme, ha chiesto la conferma della sentenza impugnata e ha depositato nota spese e conclusioni; l’avvocato NOME COGNOME che, nellÕinteresse dell’imputato si è riportato ai motivi di ricorso e ha insistito per l’accoglimento di esso;
Con sentenza in data 8 luglio 2024 la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia del 19 settembre 2017 del Tribunale di Pistoia, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOMEche aveva interposto appello) per il delitto di soppressione di atto vero, perchŽ estinto per prescrizione, rideterminando il trattamento sanzionatorio (segnatamente, in quattro anni di reclusione, sostituendo lÕinterdizione temporanea dai pubblici uffici allÕinterdizione perpetua); e ha confermato nel resto la prima decisione che aveva affermato la responsabilitˆ dello stesso imputato per il delitto aggravato di falso ideologico del pubblico ufficiale in attio pubblico, con le conseguenti statuizioni civili.
In particolare, lo COGNOME è stato ritenuto responsabile, in concorso anche con NOME COGNOME, del falso ideologico commesso da NOME COGNOME e NOME COGNOME (pubblici ufficiali componenti di una commissione di gara del Comune di Montecatini Terme), attestando nel relativo verbale (atto pubblico dotato di fede privilegiata) che era stata presentata unÕofferta da parte della RAGIONE_SOCIALE diversa da quella regolarmente presentata.
Avverso la sentenza di appello il difensore dellÕimputato ha proposto ricorso per cassazione, formulando sei motivi (di seguito esposti, nei limiti di cui allÕart. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), cui ha premesso una ricostruzione della vicenda processuale.
2.1. Con il primo motivo è stata prospettata la violazione dellÕart. 429, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., e segnatamente la nullitˆ del decreto di fissazione dellÕudienza del 9 dicembre 2014 (per quel che ormai rileva) in relazione alla residua imputazione, in quanto la richiesta di rinvio a giudizio (come giˆ lÕavviso di conclusione delle indagini) faceva riferimento a un allegato A in cui non è indicato in nessun modo lÕimputato; ragion per cui il suo fatto e le circostanze aggravanti a lui contestate non sarebbero stati indicati in forma chiara e precisa (atteso che lo COGNOME è stato ritenuto amministrare di fatto di una societˆ, oltre che senza prova, senza che ci˜ sia stato oggetto di contestazione). La Corte territoriale avrebbe erroneamente rigettato lÕeccezione di nullitˆ, condividendo la motivazione del Tribunale (secondo cui lÕallegato A avrebbe dovuto riferirsi solo a quelli, tra i coimputati, in esso contemplati). Inoltre, sarebbe stata accolta solo parzialmente lÕeccezione di prescrizione pure sollevata con lÕatto di appello.
2.2. Con il secondo motivo sono stati assunti la contraddittorietˆ e lÕillogicitˆ della motivazione con la quale la Corte di appello ha attribuito allo COGNOME la qualitˆ di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, sulla scorta di unÕinversione dellÕonere della prova e per il tramite di generici richiami allÕistruttoria, constando piuttosto che tale qualitˆ sarebbe stata ricavata Çsolo da cinque telefonate intercettate, della durata di pochi secondi, che non fugano i dubbi sul raggiungimento della provaÈ di tale qualifica.
2.3. Con il terzo motivo è stata addotta la violazione di norme processuali poste a pena di inutilizzabilitˆ in quanto erroneamente sarebbe stata rigettata lÕeccezione difensiva con cui si è denunciata la tardiva iscrizione delle persone sottoposte a indagini nel registro di cui allÕart.
335 cod. proc. pen., da compiersi ÇimmediatamenteÈ (come chiarito dal comma 1 della norma appena citata): il parametro dellÕimmediatezza dovrebbe interpretarsi con ragionevolezza e, dunque, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia non avrebbe dovuto attendere mesi per dare corso alle iscrizioni; ed erroneamente giˆ il G.u.p. avrebbe negato rilievo sotto tale profilo al momento in cui è stata ricevuta lÕinformativa della polizia giudiziaria. Ne conseguirebbe che molti atti di indagine sono stati compiuti dopo il termine di cui allÕart. 407, comma 3, cod. proc. pen. e sarebbero inutilizzabili: in particolare, sarebbero inutilizzabili le intercettazioni telefoniche relative a NOME COGNOME (iscritto il 28 maggio 2003, ossia dopo le captazioni) e NOME COGNOME (iscritto il 26 maggio 2003, in epoca di molto successiva al fatto) e, segnatamente, quelle nn. 350, 351, 352, 354 del 21 novembre 2002 su cui si fonderebbe la decisione impugnata.
2.4. Con il quarto motivo sono stati denunciati la violazione degli artt. 63, comma 4, 99, 157 e 162 cod. pen. e il vizio di motivazione, adducendo la prescrizione del reato anteriormente alla pronuncia della sentenza impugnata e lÕerroneitˆ del calcolo compiuto dalla Corte di appello. In particolare:
nel caso di specie, la recidiva contestata allo COGNOME è quella prevista dallÕart. 99, comma 2, cod. pen. e, tenuto conto del (il 22 novembre 2002),
dovrebbe applicarsi la disciplina più favorevole e comunque dovrebbero interpretarsi le disposizioni modificate dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251;
pertanto, il computo corretto condurrebbe ad escludere dal computo del termine necessario alla prescrizione del reato aggravato di cui allÕart. 476, comma 2, cod. pen. lÕaumento 63, comma 4, cod. pen. (da considerarsi solo per la determinazione della pena); e, anche a voler considerare lÕaumento per lÕinterruzione ( 161, comma 2, cod. pen.) nella misura di due terzi (in ragione della recidiva 99, comma 4, cod. pen. e non della metˆ per la recidiva 99, comma 2, cod. pen.) e tenendo conto di 107 giorni di sospensione, la prescrizione sarebbe maturata il giorno 8 ottobre 2019;
in alternativa, lÕaumento 63, comma 4, cod. pen., al fine della prescrizione, avrebbe dovuto essere considerato nella misura di 1/7 (ossia in proporzione allÕaumento della pena nella specie irrogato per la recidiva); quindi, pur considerando lÕinterruzione e la sospensione, il reato si sarebbe prescritto il 26 marzo 2022.
DÕaltra parte, il computo della recidiva sia ai fini della determinazione del termine di prescrizione sia per la commisurazione della pena da irrogare sarebbe in contrasto con il divieto di . E, in ogni caso, la Corte di merito avrebbe dovuto esplicitare la motivazione a sostegno dellÕaumento per la recidiva, per il computo della prescrizione, nella misura massima (che non pu˜ operare automaticamente).
2.5. Con il quinto motivo sono stati prospettati la violazione dellÕart. 476, comma 2, cod. pen. e il vizio di motivazione in ordine allÕaffermazione di responsabilitˆ dellÕimputato, che si sarebbe fondata sui soli dialoghi oggetto di captazione (di cui si è eccepita lÕinutilizzabilitˆ),
peraltro non dimostrativi della fondatezza dellÕassunto accusatorio, in assenza di altri elementi atti a costituirne riscontro.
Le argomentazioni spese della Corte di appello (la quale ha ritenuto, alla luce delle conversazioni che, dopo lÕapertura delle buste contenenti le offerte, lo COGNOME era stato informato che la RAGIONE_SOCIALE non si era aggiudicata la gara; e ci˜ quantunque tale conclusione non possa trarsi con chiarezza da esse, inidonee pure a dimostrare la soppressione dellÕatto contenente lÕofferta tempestivamente presentata dalla RAGIONE_SOCIALE) avrebbero trovato smentita negli elementi acquisiti (che non proverebbero, anche sulla scorta dei tabulati telefonici, alcun contatto tra COGNOME e COGNOME), i quali anzi proverebbero il contrario (in particolare, le deposizioni del coimputato COGNOME, dei testi COGNOME, COGNOME, COGNOME) ed escluderebbero che Ð dopo la presentazione delle buste contenenti le offerte Ð fosse possibile sostituire la documentazione. Dunque, in difetto della prova della soppressione dellÕoriginaria offerta, i dialoghi avrebbero ragionevolmente fatto riferimento a unÕofferta regolarmente avanzata e a dubbi sullÕesito della gara (e segnatamente a un equivoco tra COGNOME e COGNOME); e la Corte distrettuale avrebbe erroneamente riportato quanto riferito dal teste COGNOMEche avrebbe soltanto dichiarato, comprensibilmente, di non ricordare se si fosse recato nellÕufficio per firmare nuovamente il ÇverbalinoÈ della gara Ð evenienza esclusa dallÕAscareggi, corroborato dai testi COGNOME e COGNOME Ð ovvero per la firma del Çverbale definitivoÈ). Inoltre, il Giudice di secondo grado avrebbe ignorato gli ulteriori dati che dimostrerebbero che lÕofferta originaria non è stata sostituita (in particolare, lÕimpossibilitˆ che a sostituirla sia stato il COGNOME; e il fatto che i dialoghi intercettati siano stati intrattenuti quando la gara era conclusa e che nessuno abbia riferito di aver visto COGNOME o altro soggetto riconducibile alla RAGIONE_SOCIALE in sede di gara o presso lÕufficio contratti dopo la celebrazione di essa).
2.6. Con il sesto motivo sono stati dedotti la violazione dellÕart. 476, comma 2, cod. pen. e il vizio di motivazione in ordine alla qualificazione come atto pubblico dotato di fede privilegiata (in conformitˆ ai princ’pi posti dalla giurisprudenza di legittimitˆ) del ÇverbalinoÈ o Çscheda di garaÈ che, in conformitˆ a quanto previsto dalla giurisprudenza amministrativa, conteneva solo la verbalizzazione sintetica delle operazioni, ossia degli appunti, da trasfondere poi (in forma più estesa e completa) nel Çverbale ufficialeÈ (come riferito dalla teste COGNOME e ammesso dalla stessa sentenza impugnata, che definisce Çuna specie di Òbrutta copiaÓ lÕatto cos’ non escludendo che in esso potessero essere contenuti degli errori, anche di calcolo).
Il ricorso è nel complesso infondato e deve essere rigettato.
Il primo motivo è inammissibile poichŽ manifestamente infondato e generico.
Il capo di imputazione Ð per quel che qui rileva Ð descrive in forma chiara la condotta attribuita anche al ricorrente, ascrivendogli il concorso, tra gli altri, con COGNOME e COGNOME (indicati espressamente come componenti la commissione di gara ), Çnel falso ideologico dei due pubblici ufficialiÈ in atto pubblico fidefacente (in cui si dava atto dellÕesistenza di un offerta
della Çditta NOME diversa da quella regolarmente depositataÈ): rispetto a tale delitto la qualitˆ, in capo a NOME COGNOME di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE non doveva essere oggetto di contestazione, non rilevando in alcun modo per Çl’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di leggeÈ (art. 429, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.), dato che è estranea agli elementi costitutivi del delitto aggravato di cui allÕart. 476, commi 1 e 2, cod. pen., reato proprio (cui pu˜ concorrere lÕ ) rispetto al quale deve essere contestata Ð come nella specie è avvenuto Ð la qualitˆ del pubblico ufficiale che ha commesso il falso. Diviene, superfluo dilungarsi per rilevare la genericitˆ del ricorso, nel resto, e segnatamente nella parte in cui fa riferimento allÕaccoglimento parziale di unÕeccezione di prescrizione.
2.Il secondo motivo è inammissibile in quanto, lungi dal contenere censure di legittimitˆ, si affida a enunciati assertivi, e perci˜ del tutto generici (senza neppure dedurre il travisamento della prova) in nessun modo atti a muovere compiute critiche alla sentenza impugnata (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 Ð 01; cfr. Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 Ð 01). Il che rende superfluo osservare che, come esposto, la qualitˆ di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE attribuita allo COGNOME non è decisiva in ordine alla sussistenza del reato e della responsabilitˆ per esso del ricorrente ma è stata richiamata dalla Corte nellÕoffrire una lettura Ð la cui congruitˆ e logicitˆ Ð come appena rilevato Ð non è stata oggetto di rituali censure, del suo agire in prima persona nell’interesse della societˆ beneficiaria del falso in imputazione.
Il terzo motivo è inammissibile poichŽ manifestamente infondato, oltre che generico.
é dirimente considerare che, con riguardo alla disciplina del codice di rito anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 Ð disciplina da applicarsi nella specie in ragione del tempo dellÕiscrizione dei reati oggetto del giudizio (cfr. art. 88d. lgs. n. 150 del 2022; Sez. 6, n. 45843 del 05/09/2024, Romeo, n.m.) Ð la giurisprudenza ha giˆ da tempo chiarito che la ritardata iscrizione di taluni soggetti nel registro degli indagati non ha alcuna rilevanza sotto il profilo della tardivitˆ degli atti di indagine e dellÕutilizzabilitˆ dei relativi esiti (cfr. Sez. 6, n. 2261 del 04/12/2009 – dep. 2010, COGNOME, Rv. 245850 Ð 01: Çé manifestamente infondata la questione di legittimitˆ costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., degli artt. 335 e 407, commi secondo e terzo, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono l’inutilizzabilitˆ degli atti compiuti oltre la scadenza del termine delle indagini preliminari computato non dal giorno di iscrizione del nominativo dell’indagato nell’apposito registro, bens’ dal giorno in cui – emergendo a suo carico indizi di reitˆ -, tale iscrizione avrebbe dovuto avere luogoÈ; Sez. 6, n. 40791 del 10/10/2007 Genovese Rv. 238039 Ð 01: ÇL’omessa annotazione della ” ” nel registro previsto dall’art. 335 cod.proc.pen., con l’indicazione del nome della persona raggiunta da indizi di colpevolezza e sottoposta ad indagini
“contestualmente ovvero dal momento in cui esso risulta”, non determina l’inutilizzabilitˆ degli atti di indagine compiuti sino al momento dell’effettiva iscrizione nel registro, poichŽ, in tal caso, il termine di durata massima delle indagini preliminari, previsto dall’art. 407 cod. proc. pen., al cui scadere consegue l’inutilizzabilitˆ degli atti di indagine successivi, decorre per l’indagato dalla data in cui il nome è effettivamente iscritto nel registro delle notizie di reato, e non dalla presunta data nella quale il P.M. avrebbe dovuto iscriverla. L’apprezzamento della tempestivitˆ dell’iscrizione, il cui obbligo nasce solo ove a carico di una persona emerga l’esistenza di specifici elementi indizianti e non di meri sospetti, rientra nell’esclusiva valutazione discrezionale del P.M. ed è sottratto, in ordine all'”an” e al “quando”, al sindacato del giudice, ferma restando la configurabilitˆ di ipotesi di responsabilitˆ disciplinare o addirittura penale nei confronti del P.M. negligenteÈ; Sez. U, n. 16 del 21/06/2000 COGNOME Rv. 216248 Ð 01: ÇL’omessa annotazione della “notitia criminis” nel registro previsto dall’art. 335 cod. proc. pen., con l’indicazione del nome della persona raggiunta da indizi di colpevolezza e sottoposta ad indagini “contestualmente ovvero dal momento in cui esso risulta”, non determina l’inutilizzabilitˆ degli atti di indagine compiuti sino al momento dell’effettiva iscrizione nel registro, poichŽ, in tal caso, il termine di durata massima delle indagini preliminari, previsto dall’art. 407 cod. proc. pen., al cui scadere consegue l’inutilizzabilitˆ degli atti di indagine successivi, decorre per l’indagato dalla data in cui il nome è effettivamente iscritto nel registro delle notizie di reato, e non dalla presunta data nella quale il pubblico ministero avrebbe dovuto iscriverla. L’apprezzamento della tempestivitˆ dell’iscrizione, il cui obbligo nasce solo ove a carico di una persona emerga l’esistenza di specifici elementi indizianti e non di meri sospetti, rientra nell’esclusiva valutazione discrezionale del pubblico ministero ed è sottratto, in ordine all'”an” e al “quando”, al sindacato del giudice, ferma restando la configurabilitˆ di ipotesi di responsabilitˆ disciplinari o addirittura penali nei confronti del p.m. negligenteÈ).
In ogni caso, la prospettazione difensiva è:
del tutto generica perchŽ non è nemmeno dato comprendere il momento in cui il pubblico ministero avrebbe dovuto iscrivere tempestivamente i soggetti in discorso;
del tutto erronea e non sufficientemente specifica quando fa riferimento alla intercettazione delle conversazioni di soggetti non ancora iscritti nel registro di cui allÕart. 335 cod. proc. pen., che è consentita dal rito (cfr. art. 267 cod. proc. pen.).
Non occorre, allora, immorare oltre.
4. Il quarto motivo è infondato.
Invero:
non è in dubbio che Çla recidiva, operando come circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole, va obbligatoriamente contestata dal pubblico ministero, in ossequio al principio del contraddittorioÈ (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, CalibŽ, Rv. 247838 Ð 01); ed essa, proprio perchŽ è una circostanza aggravante del reato, Çnon pu˜ produrre l’effetto dell’inasprimento della pena se non quando risulti contestato il correlativo tipoÈ (Sez. 5, n.
50510/2018, cit.; Sez. 1, n. 19681 del 08/02/2001, COGNOME, Rv. 219283; Sez. 6, n. 5335 del 27/02/1996, COGNOME, Rv. 205072);
Çai fini della puntuale contestazione della recidiva di cui all’art. 99 cod. pen., non è necessaria la specificazione degli elementi sui quali essa si fonda ma è sufficiente la sola individuazione del tipo, ovvero di una delle ipotesi previste nei vari commi dello stesso art. 99 cod. pen.È (Sez. 5, n. 50510 del 20/09/2018, COGNOME, Rv. 274446 Ð 01), fermo restando che, in Çcoeren con una consolidata tradizione giurisprudenziale, il principio di correlazione tra accusa e sentenzaÈ deve essere ricostruito Çnon in termini formalistici, legati all’adozione di formule sacramentali, ma alla luce della fondamentale garanzia difensiva del contraddittorio, che presuppone la chiara enunciazione dell’accusaÈ (Sez. 5, n. 23609 del 04/04/2018, COGNOME, Rv. 273473 Ð 01, cui si rimanda anche per le argomentazioni svolte alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, all’art. 6, ¤ 3, della Convenzione EDU come interpretato dalla Corte di Strasburgo);
difatti, Çin tema di contestazione dell’accusa, si deve avere riguardo alla specificazione del fatto più che all’indicazione delle norme di legge violate, per cui ove il fatto sia descritto in modo puntuale, la mancata o erronea individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullitˆ, salvo che non si traduca in una compressione dell’esercizio del diritto di difesaÈ (Sez. 1, n. 30141 del 05/04/2019, Poltrone, Rv. 276602 Ð 01; cfr. pure Sez. 3, n. 5469 del 05/12/2013, dep. 2014, Russo, Rv. 258920; Sez. 3, n. 22434 del 19/02/2013, COGNOME, Rv. 255772).
1.1. Nel caso in esame, a NOME COGNOME è stata contestata Çla recidiva reiterata infraquinquennale di cui al 2¡ comma dellÕart. 99 c.p.È; e giˆ il Tribunale ne ha ritenuto la sussistenza, senza che lÕatto di appello contenesse specifiche censure sul punto (quantunque censurasse genericamente la contestazione della recidiva nonchŽ lÕapplicazione di essa ed eccepisse la prescrizione). Nei termini appena esposti, ad avviso del Collegio, la recidiva reiterata infraquinquennale, pur prevista dallÕart. 99, comma 4, cod. pen. è stata ritualmente contestata, quantunque non sia stata menzionata questÕultima norma bens’ il precedente comma 2. Ci˜ è a dirsi, in ossequio ai princ’pi appena sopra esposti, perchŽ lÕeditto accusatorio ha fatto menzione di tale recidiva e rispetto a tale espressa menzione Ð che con evidenza ha permesso allÕimputato di avere chiara contezza del tipo di recidiva a lui ascritto Ð perde rilievo lÕindicazione dellÕart. 99, comma 2, cit., pur a ritenerla erronea e a non voler considerare che con questÕultima si intendesse fare riferimento alla seconda parte dellÕart. 99, comma 4, cit., che rimanda al comma 2 (ÇSe il recidivo commette un altro delitto non colposo, l’aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metˆ e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terziÈ).
1.2. Tanto premesso il reato, commesso il 21 novembre 2002, non è prescritto allÕatto della presente decisione.
Secondo la più favorevole (v. ) disciplina oggi vigente a seguito della legge n. 251 del 2005, il termine di prescrizione di 13 anni e 4 mesi Ð determinato 157, comma 2,
cod. pen. in ragione della pena detentiva massima di 10 anni di reclusione per il delitto aggravato in contestazione (cfr. art. 476, comma 2, cod. pen.), tenendo conto dellÕaumento per la recidiva 99, comma 4, cod. pen. nella misura massima di 1/3 (in ragione del concorso di essa con la circostanza ad effetto speciale di cui allÕart. 476, comma 2, cit. (cfr. art. 63, comma 4, cod. pen.) Ð deve essere prorogato 161, comma 2, cod. pen. di 2/3 (in forza della recidiva 99, comma 4, cit.), ossia di 8 anni, 10 mesi e 20 giorni: dunque, è pari a 22 anni, 2 mesi e 20 giorni (Sez. 4, n. 44610 del 21/09/2023, COGNOME, Rv. 285267 Ð 01); inoltre, esso è rimasto sospeso per 119 giorni dal 23 maggio 2017 al 19 settembre 2017 per astensione del difensore; pertanto, esso sarebbe spirato il 31 maggio 2025.
Il reato non sarebbe prescritto neppure applicando la disciplina anteriore alla legge n. 251 del 2005, sol che si pensi che il termine di prescrizione del delitto aggravato ( 476, comma 2, e 99, comma 4, cod. pen., nei limiti di cui allÕart. 63, comma 4, cod. pen.), sarebbe di quindici anni (art. 157, commi 1, n. 2, e 2, cod. pen., nel testo previgente), da aumentare fino alla metˆ per lÕinterruzione (art. 160, u.c., cod. pen.), ferma restando la sospensione per 119 giorni.
5. Il quinto motivo è inammissibile poichŽ è versato in fatto, dato che prospetta unÕalternativa lettura del compendio istruttorio (negando che sia stata raggiunta la prova del reato), ed è generico nella parte in cui assume il travisamento, segnatamente della deposizione del COGNOME, che non pu˜ essere ritualmente denunciato per il tramite di un richiamo parcellizzato degli elementi in atti (ivi comprese le deposizioni).
6. Il sesto motivo è infondato.
Al ricorrente (come detto, in concorso con altri e segnatamente con i pubblici ufficiali che componevano la commissione di gara) è stato contestato il falso confezionamento del Çverbale dei lavoriÈ della detta commissione comunale (cfr. capo di imputazione). La Corte di merito, in maniera congrua e logica (e comunque non inficiata dalle censure difensive sopra giˆ disattese), ha chiarito che il contenuto falso riguardava: sia il c.d. verbalino, ossia il verbale delle operazioni compiute (quantunque definito pure del verbale), sottoscritto dal COGNOME (appositamente richiamato per firmarlo), verbale che registrava Ð sia pure Çin modo sommarioÈ Ð ÇlÕattivitˆ che si svolgeva davanti ai pubblici ufficiali, componenti della commissioneÈ, sulla base del quale è stato poi stilato, dallÕufficio contratti del Comune, Çil verbale vero e proprio, nel cui contenuto veniva trasfuso quello della c.d. brutta copiaÈ (Çdestinato a rifluireÈ nel primo); sia, per lÕappunto, tale ultimo atto; ed ha a chiare lettere affermato che entrambi contenevano lÕ in contestazione. Da tale ricostruzione si trae che, in maniera conforme al diritto, il ricorrente è stato ritenuto responsabile del delitto (cfr. Sez. 6, n. 2922 del 25/10/1999 Ð dep. 2000, COGNOME, Rv. 220528 Ð 01: ÇIntegra il reato di falsitˆ ideologica 479 cod. pen. l’attestazione in un verbale comunale di ammissione alla gara per l’appalto di un servizio pubblico, contrariamente al vero, che la documentazione
prodotta da una ditta sia completa, trattandosi non di un apprezzamento discrezionale da parte della pubblica amministrazione ma dell’accertamento obiettivo di una situazione di fatto che costituisce il presupposto di legittimitˆ del provvedimento di aggiudicazione della garaÈ) poichŽ nel caso in esame lÕattivitˆ della commissione che Ð secondo lÕ amministrativo Ð doveva dare conto dellÕesito della gara (anzitutto, delle offerte presentate e del contenuto di esse) ha previsto la redazione di un primo atto Ð come esposto, sottoscritto dal presidente della commissione Ð e strumentale alla compilazione del verbale di gara, da trasmettere difatti allÕufficio contratti del Comune perchŽ ne riportasse il contenuto nel secondo (il che è in effetti avvenuto, come esposto nella sentenza impugnata, il giorno successivo).
La giurisprudenza ha giˆ chiarito che Çcostituiscono atti pubblici non solo quelli destinati ad assolvere una funzione attestativa o probatoria esterna, con riflessi diretti ed immediati nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, ma anche gli atti cosiddetti interni, cioè sia quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, sia quelli che si collocano nel contesto di un complesso “iter” conforme o meno allo schema tipico – ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successiviÈ (Sez. 5, n. 38455 del 10/05/2019, Carta, Rv. 277092; Sez. 5, n. 4322 del 06/11/2012, dep. 2013, Camera, Rv. 254388). Non ricorre, dunque, la violazione di legge denunciata.
Ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
Ai sensi dellÕart. 541 cod. proc. pen. il ricorrente deve essere condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comune di Montecatini Terme, che si stima equo liquidare in complessivi euro 3.800,00, oltre accessori di legge.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 3800,00, oltre accessori di legge.
Cos’ deciso il 13/03/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME