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Falso ideologico in appalti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per falso ideologico a carico di un amministratore di fatto. Questi, in concorso con pubblici ufficiali, aveva falsificato i verbali di una gara d’appalto per favorire la propria società. La sentenza chiarisce importanti principi sulla natura di atto pubblico dei verbali preliminari di gara e sul calcolo della prescrizione in presenza di recidiva, respingendo tutti i motivi di ricorso dell’imputato.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso ideologico: anche il verbale preliminare di gara è atto pubblico

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21866/2025, affronta un caso complesso di falso ideologico in atti pubblici, fornendo chiarimenti cruciali sulla responsabilità penale nelle procedure di appalto e sul calcolo della prescrizione. La Suprema Corte ha confermato la condanna di un imprenditore, ritenuto amministratore di fatto di una società, per aver concorso con i membri di una commissione di gara comunale nella falsificazione dei verbali. L’obiettivo era attestare la presentazione di un’offerta diversa da quella originariamente depositata.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una gara d’appalto indetta da un Comune toscano. Secondo l’accusa, confermata nei gradi di merito, l’imputato, agendo nell’interesse di una società di cui era amministratore di fatto, avrebbe collaborato con i pubblici ufficiali componenti della commissione di gara. Insieme avrebbero commesso un falso ideologico, attestando nel verbale della procedura che la società aveva presentato un’offerta differente da quella reale. In sostanza, sarebbe avvenuta una sostituzione dell’offerta originaria.

La Corte d’Appello, pur dichiarando prescritto un altro reato connesso (soppressione di atto vero), aveva confermato la responsabilità dell’imputato per il delitto di falso, rideterminando la pena. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni procedurali e di merito.

I motivi del ricorso: dalla prescrizione alla natura dell’atto

L’imputato ha basato il suo ricorso su sei motivi principali, tra cui:
1. Vizi procedurali: Nullità del decreto di rinvio a giudizio per presunta indeterminatezza dell’accusa.
2. Prova insufficiente: Illogicità della motivazione che gli attribuiva il ruolo di amministratore di fatto sulla base di poche intercettazioni telefoniche.
3. Inutilizzabilità delle prove: Tardiva iscrizione nel registro degli indagati, che secondo la difesa avrebbe reso inutilizzabili gli atti di indagine successivi.
4. Prescrizione del reato: Erroneità nel calcolo del termine di prescrizione, che secondo la difesa sarebbe già maturato.
5. Carenza di prova: Affermazione di responsabilità basata unicamente su dialoghi intercettati e inutilizzabili.
6. Qualificazione giuridica dell’atto: Contestazione della natura di atto pubblico fidefacente del “verbalino” o “scheda di gara” preliminare.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto. Le motivazioni della sentenza offrono importanti spunti di riflessione su temi centrali del diritto e della procedura penale.

Il calcolo della prescrizione e il ruolo della recidiva

Uno dei punti più tecnici ma fondamentali riguarda il calcolo della prescrizione. La difesa sosteneva che il reato fosse estinto. La Cassazione, al contrario, ha effettuato un calcolo rigoroso, confermando che il termine non era ancora spirato. I giudici hanno chiarito che, in presenza di una recidiva reiterata infraquinquennale (come quella contestata all’imputato), il termine di prescrizione base deve essere aumentato di un terzo e il periodo massimo di interruzione è esteso a due terzi. Applicando correttamente questi calcoli, e tenendo conto di un periodo di sospensione, la Corte ha stabilito che il reato si sarebbe prescritto solo il 31 maggio 2025, data successiva alla pronuncia.

La qualificazione di atto pubblico del verbale preliminare di gara

Il punto giuridicamente più rilevante è la conferma della natura di atto pubblico anche del cosiddetto “verbalino” o “scheda di gara”. La difesa argomentava che tale documento fosse una mera “brutta copia”, un appunto interno privo della fede privilegiata tipica dell’atto pubblico. La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando un principio consolidato: sono atti pubblici non solo quelli destinati ad avere una funzione probatoria esterna, ma anche gli atti interni a un procedimento amministrativo che forniscono un contributo di conoscenza o valutazione.

Il “verbalino”, pur essendo un atto preliminare e sintetico, è strumentale alla redazione del verbale ufficiale e costituisce un presupposto necessario delle fasi successive della procedura di gara. La sua falsificazione, pertanto, integra pienamente il reato di falso ideologico in atto pubblico, poiché incide sulla correttezza e trasparenza dell’azione amministrativa.

Altre questioni procedurali respinte

La Corte ha inoltre ritenuto infondati gli altri motivi. Ha chiarito che la tardiva iscrizione nel registro degli indagati non determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine, poiché i termini decorrono dalla data di effettiva iscrizione. Ha inoltre giudicato inammissibili le censure sulla valutazione delle prove (come le intercettazioni), in quanto miravano a una nuova e diversa lettura del merito dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza n. 21866/2025 ribadisce la severità dell’ordinamento nei confronti delle falsificazioni che minano la regolarità delle gare d’appalto. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due.

In primo luogo, viene confermata un’interpretazione estensiva della nozione di atto pubblico, che include anche documenti preparatori e interni se sono funzionali e necessari allo svolgimento di un procedimento amministrativo. Questo serve a garantire la massima trasparenza e legalità in ogni fase dell’azione della Pubblica Amministrazione.

In secondo luogo, la pronuncia funge da monito sul calcolo dei termini di prescrizione, specialmente in presenza di circostanze aggravanti come la recidiva, che possono allungare significativamente i tempi necessari per l’estinzione del reato. La decisione, nel suo complesso, rafforza gli strumenti di tutela della fede pubblica e del corretto andamento della pubblica amministrazione.

Anche un verbale preliminare e sintetico redatto da una commissione di gara è considerato un atto pubblico?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che costituiscono atti pubblici non solo i documenti finali, ma anche quelli interni e preparatori, come un “verbalino” di gara, se si inseriscono in un procedimento amministrativo offrendo un contributo di conoscenza o valutazione e ponendosi come presupposto per le fasi successive. La sua falsificazione integra quindi il reato di falso ideologico.

Un ritardo da parte del Pubblico Ministero nell’iscrivere una persona nel registro degli indagati rende inutilizzabili le prove raccolte?
No. Secondo la giurisprudenza costante richiamata dalla Corte, la tardiva iscrizione nel registro delle notizie di reato non determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti. Il termine massimo di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il nome viene effettivamente iscritto, non dalla data presunta in cui avrebbe dovuto esserlo.

Come incide la recidiva reiterata sul calcolo della prescrizione del reato?
La recidiva reiterata infraquinquennale, se correttamente contestata, opera come circostanza aggravante che incide sul calcolo della prescrizione. Aumenta il termine massimo di prescrizione (nella misura massima di un terzo della pena base) e prolunga il termine massimo di interruzione della prescrizione, che può arrivare fino a due terzi della durata base, allungando notevolmente i tempi per l’estinzione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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