Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1783 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1783 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NICOSIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CAPIZZI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/01/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Procuratore Generale si riporta alla requisitoria in atti e conclude p l’inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore
LAVV_NOTAIO si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento degli stessi.
L’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Catania confermava la sentenza con cui il tribunale di Caltagirone, in data 27.5.2020, aveva condannato COGNOME NOME e COGNOME NOME, ciascuno alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex artt. 110, 117, 479, c.p., loro in rubrica ascritto.
Secondo l’assunto accusatorio gli imputati, con il concorso del AVV_NOTAIO, nei confronti del quale si è proceduto separatamente, avevano attestato falsamente fatti dei quali l’atto era destinato a provare la verità con valore fidefacente fino a querela di falso, in quanto COGNOME NOME aveva donato ai suoi figli COGNOME NOME e COGNOME NOME, che avevano accettato, i terreni facenti parte del RAGIONE_SOCIALE foresta di proprietà della Regione Sicilia, indicati nel capo d’imputazione, dichiarando falsamente di essere titolare del relativo diritto di proprietà, conseguito per usucapione.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiedono l’annullamento, hanno proposto ricorso per cassazione i predetti imputati, con autonomi atti di impugnazione.
2.1 In particolare, COGNOME NOME, nel ricorso a firma dei suoi difensori di fiducia, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, lamenta: 1) violazione di legge e vizio di motivazione , in punto di ritenuta sussistenza del delitto di cui si discute, stante l’evidente inoffensività della condotta contestata, posto che la stessa non ha messo in pericolo il bene giuridico tutelato, né ha indotto o avrebbe potuto trarre in errore un numero indeterminato di persone, così tradendo la fiducia dei consociati nella genuinità degli atti pubblici, in quanto, come rilevato dallo stesso giudice di primo grado, mediante la consultazione RAGIONE_SOCIALE “fonti aperte” in internet e a seguito di “semplice consultazione” del sito della Regione Sicilia, è possibile accertare che tutti i fondi oggetto del processo sono inseriti nell’elenco dei beni demaniali, senza tacere che nel corso di un sopralluogo era stata notata la presenza di paletti e cartelli con l’indicazione “RAGIONE_SOCIALE“; 2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta consapevolezza da
parte del ricorrente della natura demaniale dei terreni, in quanto la corte territoriale ha omesso di considerare: a) che i testi a difesa hanno riferito che solo il COGNOME aveva condotto in locazione i terreni di cui si discute, con animus detenendi; b) che, a riprova della buona fede del ricorrente, l’atto di trasferimento della proprietà alla Regione, come rilevato dal giudice di primo grado, non era mai stato inserito nel volturaggio e mai trascritto, con la conseguenza che la dicitura “intestazione mancante” (sulle visure) non depone per l’immediata riconducibilità al patrimonio dello Stato, ma offre un’interpretazione alternativa altrettanto credibile, secondo cui il trasferimento dalla famiglia COGNOME al Regione non è mai stato registrato al catasto; c) che l’imputato, in piena buona fede, anche in ragione del suo grado di scolarizzazione, si era completamente affidato alla competenza del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, che, come affermato dagli stessi giudici di merito, è venuto meno al suo obbligo di verifica sulla effettiva titolarità dei beni donati in capo a COGNOME NOME; d) che la colpevolezza del ricorrente non può dedursi dal contenuto di una mail da quest’ultimo indirizzata al AVV_NOTAIO allo scopo di valutare la possibilità di inserire nell’atto di donazione altri terreni, trattandosi di terreni che non hanno formato oggetto della donazione; 3) violazione di legge e vizio di motivazione , in quanto i giudici di merito hanno esteso la responsabilità, ai sensi dell’art. 117, c.p., senza tuttavia spiegare gli elementi fattuali dai quali ricavare, ex art. 110, c.p., ia compartecipazione morale nella falsa attestazione (usucapione autodichiarata) resa da COGNOME NOME.
2.2. COGNOME NOME, nel ricorso a firma del suo difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, lamenta: 1) violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancato accoglimento della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, volta a ottenere l’escussione testimoniale del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO; 2) vizio di motivazione, in quanto la corte territoriale non ha fornito adeguata risposta ai rilievi formulati dall’appellante, limitandosi a confermare, in termini apodittici e stereotipati, le conclusioni cui è giunto il giudice di primo grado, e, con particolare riferimento alla valutazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dalle testi
a difesa COGNOME NOME e COGNOME NOME e dal AVV_NOTAIO, ha reso una motivazione illogica, operando, in ordine alle deposizioni RAGIONE_SOCIALE due testimoni, un vero e proprio travisamento della prova; 3) vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato in capo al ricorrente.
Con requisitoria scritta del 21.9.2023, da valere come memoria, in quanto nelle more è stata chiesta la trattazione in forma orale dei ricorsi, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO, chiede che entrambi i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
Premesso che le sentenze di primo e di secondo grado vanno lette congiuntamente, costituendo esse un unico complessivo corpo decisionale, in quanto la sentenza di appello, con riferimento all’affermazione di responsabilità degli imputati, nella sua struttura argonnentativa, si salda con quella di primo grado (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 37295 del 12.6.2019), i ricorsi vanno dichiarati inammissibili per le seguenti ragioni.
Iniziando a esaminare la posizione del COGNOME NOME, va innanzitutto rilevato, con riferimento al primo motivo di ricorso, che, come si evince dalla incontestata sintesi dei motivi di appello operata dalla corte territoriale, con tale motivo si deduce una violazione di legge che non risulta essere stata specificamente eccepita in sede di appello. Sul punto, dunque, il ricorso va dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 606, co. 3, c.p.p.
Appare opportuno, in ogni caso, ribadire l’orientamento da tempo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di falso ideologico ex art. 479, c.p., la funzione di attestazione dell’atto pubblico, comprende anche i necessari presupposti di fatto della realtà documentata, in relazione ai quali va effettuato il giudizio sulla concreta offensività della condotta nei confronti del bene della fede pubblica (cfr. Sez. 5, n. 48803 del 09/10/2013, Rv. 257552)
Ne consegue che, tenuto conto della funzione documentale del rogito notarile di cui si discute, attestante con valore di fede privilegiata la
legittimità del titolo di proprietà dei beni oggetto della donazione in capo al COGNOME e, di conseguenza, in capo ai donatari, va esclusa nel caso in esame la mancanza di offensività della condotta in contestazione ovvero la figura del cd. “falso innocuo”, attesa la rilevanza di siffatta infedele attestazione ai fini della funzione documentale dell’atto (cfr., in questo senso, Sez. 5, n. 23891 del 18/03/2019, Rv. 275559; Sez. 5, n. 8200 del 15/01/2018, Rv. 272419; Sez. 5, n. 10671 del 23/11/2021, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Pertanto il primo motivo di ricorso è inammissibile anche per manifesta infondatezza.
5.1. Con riferimento al secondo e al terzo motivo di ricorso, si osserva che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, anche a seguito della modifica apportata all’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito.
In questa sede di legittimità, infatti, è precluso il percorso argomentativo seguito dal ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289; Cass., Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Cass,, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758).
Sotto altro profilo non può non rilevarsi come il ricorso sia fondato su censure che si risolvono anche nella semplice reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, con la cui motivazione sul punto, immune da vizi, il ricorrente in realtà non si confronta, dovendosi, pertanto, le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di
una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710).
I giudici di merito, del resto, con motivazione affatto carente, manifestamente illogica o contraddittoria hanno evidenziato una serie di elementi sulla base dei quali hanno desunto, con argomentazione dotata di intrinseca coerenza logica, la piena consapevolezza da parte del ricorrente della natura demaniale dei terreni oggetto della donazione: l’estensione smisurata dei fondi, alla luce della quale è inverosimile che COGNOME NOME e il padre di quest’ultimo, COGNOME NOME, classe DATA_NASCITA, abbiano potuto esercitare il possesso sui terreni oggetto di imputazione; il contenuto della mail spedita dal COGNOME al AVV_NOTAIO, in precedenza indicata, che disvela come i fondi venissero individuati non sulla base di un esistente possesso uti dominus, bensì dall’analisi della documentazione catastale e della COGNOME ricerca COGNOME di COGNOME particelle COGNOME prive dell’intestazione nei registri telematici del catasto; la fittizia indicazione di aziende insistenti sui fondi oggetto di imputazione; la circostanza che dalle visure catastali si evinceva una mancata intestazione della proprietà dei terreni, insistenti nel RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Mi3donie, come appariva evidente dalla presenza di recinzioni e di cartelli, che (come ammesso dallo stesso ricorrente) recavano la dicitura “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Maclonie”, prerogativa indicativa della riconducibilità dei terreni stessi all’RAGIONE_SOCIALE e al RAGIONE_SOCIALE (cfr. pp. 14-18 della sentenza di primo grado; pp. 3-5 della sentenza di secondo grado).
Quanto al rilievo sulla assorbente responsabilità del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, si tratta di una censura manifestamente infondata.
Al riguardo si osserva che da tempo la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in tema di falso documentale, è configurabile in capo al AVV_NOTAIO – salvo ogni accertamento in ordine all’elemento soggettivo – la responsabilità penale a titolo di concorso per omesso impedimento della falsa e rilevante dichiarazione del venditore, in relazione alla attestazione, non conforme a verità, dell’esistenza di una situazione costituente il presupposto giuridico indispensabile, anche se implicito, per il compimento dell’atto dispositivo. (Fattispecie di trasferimento
immobiliare, nella quale era stata falsamente attestata la sussistenza, in capo alla parte venditrice, di un diritto di proprietà esclusivo anziché di un diritto di comproprietà; in motivazione, la S.C. ha affermato che la funzione dell’atto pubblico di compravendita non si restringe unicamente a quella di provare l’avvenuta libera manifestazione di volontà dei contraenti, ma si estende anche e soprattutto a quella di provare la verità di tali manifestazioni e la giuridica disponibilità da parte del venditore del bene che egli dichiara di cedere, in quanto la prestazione d’opera, in virtù dell’art. 47 della legge notarile, non si riduce al mero accertamento della volontà RAGIONE_SOCIALE parti, ma si estende alle attività preparatorie e successive, onde assicurare la certezza dell’atto da rogare e il conseguimento dello scopo tipico: cfr. Sez. 5, n. 50668 del 03/11/2016, Rv. 268605).
Del resto, come evidenziato da altra decisione, in tema di reati di falso, si configura l’ipotesi criminosa prevista dal combinato disposto degli artt. 48 e 479, c.p., quando l’attestazione, di cui l’atto pubblico è destinato a provare la verità, proviene dal pubblico ufficiale, autore immediato, in seguito ad errore determinato dall’inganno del terzo, autore mediato (cfr. Sez. 5, n. 22839 del 17/04/2019, Rv. 276632).
Appare, pertanto, evidente che il fondamento della responsabilità del ricorrente e del padre sia stato correttamente individuato dalla corte territoriale nell’avere fornito al AVV_NOTAIO una falsa rappresentazione della realtà in ordine a una situazione (l’esistenza di un titolo legittimo di proprietà dei terreni donati in capo al COGNOME), costituente il presupposto giuridico indispensabile per il compimento dell’atto dispositivo.
In questa prospettiva non può revocarsi in dubbio che l’affermata responsabilità del ricorrente sia conforme anche ai principi in tema di concorso di persone nel reato, avendo, come si è visto, il COGNOME NOME, fornito un consapevole e fondamentale contributo alla conclusione dell’atto falso, avallando innanzi al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO l’esistenza della legittima titolarità dei terreni donati in capo al padre.
Si tratta di un epilogo decisorio assolutamente conforme ai principi da tempo elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato non occorre la prova del previo concerto tra i concorrenti, ma è necessario dimostrare che ciascuno di essi abbia agito per una finalità unitaria con la consapevolezza del ruolo svolto dagli altri e con la volontà di agire in comune (cfr. Cass., Sez. 2, n. 48029 del 20/10/2016, Rv. 268177).
Ai fini dell’accertamento del concorso di persone nel reato, infatti, il giudice di merito non è tenuto a precisare il ruolo specifico svolto da ciascun concorrente nell’ambito dell’impresa criminosa, essendo sufficiente l’indicazione, con adeguata e logica motivazione, RAGIONE_SOCIALE prove sulle quali ha fondato il libero convincimento dell’esistenza di un consapevole e volontario contributo, morale o materiale, dato dall’agente alla realizzazione del reato, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti (cfr. Cass., Sez. 2, n. 48029 del 20/10/2016, Rv. 268177; Cass., Sez. 4, n. 1236 del 16/11/2017, Rv. 271755).
Indiscusso e indiscutibile, infine, è il principio di cui ha fatto applicazione la corte territoriale nel qualificare la condotta del ricorrente in termini di concorso, secondo cui la prova dell’elemento soggettivo del reato può desumersi dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive dell’azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico-deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volontà e rappresentazione degli elementi oggettivi del reato (cfr. Cass., sez. 5, n. 30726 del 09/09/2020, Rv. 279908; nonché Cass., Sez. 6, 6.4.2011, n. 16465, Rv. 250007).
Sicché anche sotto questo COGNOME profilo COGNOME il COGNOME ricorso deve COGNOME ritenersi manifestamente infondato.
Inammissibile deve ritersi anche il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME.
6.1. Invero del tutto generico appare il primo motivo di ricorso.
Nel giudizio di appello, infatti, la presunzione di tendenziale completezza del materiale probatorio già raccolto nel contraddittorio di primo grado
rende comunque inammissibile la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale che si risolva in una attività “esplorativa” di indagine, come quella prospettata dal ricorrente, finalizzata alla ricerca di prove anche solo eventualmente favorevoli al ricorrente, non sussistendo pertanto, riaspetto ad essa, alcun obbligo di risposta da parte del giudice del gravame (cfr. Sez. 3, n. 47293 del 28/10/2021, Rv. 282633).
Come chiarito dall’orientamento da tempo dominante in sede di legittimità, del resto, stante l’eccezionalità dell’istituto processuale contemplato nell’art. 603 c.p.p., il mancato accoglimento della richiesta volta ad ottenere la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale può essere censurato in sede di legittimità solo quando risulti dimostrata l’esistenza, nel tessuto motivazionale che sorregge la decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità ricavabili dal testo del medesimo provvedimento (come previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p.) e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate qualora fosse stato provveduto, come richiesto, all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in sede di appello (cfr., ex plurimis, Cass., sez. III, 23/05/2013, n. 45647), lacune e manifeste illogicità che, nel caso in esame non appaiono configurabili, essendo l’affermazione di responsabilità dell’imputato fondata su di un puntuale esame RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali, come si è visto esaminando la posizione del coimputato COGNOME.
Il ricorrente, d’altro, canto non ha specificamente indicato le lacune e le manifeste illogicità del tessuto motivazionale della sentenza di appello, presentandosi, in realtà le sue doglianze come censure che propongono una diversa lettura dei fatti e del materiale probatorio, non consentita in sede di legittimità, senza tacere che le dichiarazioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO rese in sede di interrogatorio al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Caltagirone in data 19.6.2019, risultano già essere state acquisite al fascicolo per il dibattimento con il consenso RAGIONE_SOCIALE parti nel giudizio di primo grado.
6.2. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, l’inammissibilità si manifesta sotto un duplice profilo.
Da un lato, infatti, il suddetto motivo appare fondato su censure di merito e del tutto generiche, non scrutinabili in questa sede di legittimità, che si risolvono, peraltro, anche nella semplice reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, con la cui motivazione sul punto il ricorrente in realtà non si confrontano, dovendosi, pertanto, le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710).
Dall’altro, non va taciuta, con riferimento agli atti processuali di cui il ricorrente lamenta un’inadeguata valutazione da parte della corte territoriale, la violazione del principio della cd. autosufficienza del ricorso, per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca vizi di motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga, come nel caso in esame, la loro integrale trascrizione o allegazione, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Rv. 256723; Cass., Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Rv. 270071). Siffatta interpretazione va mantenuta ferma, come chiarito da alcuni recenti arresti, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 165 bis, co. 2, d.lgs 28 luglio 1989, n. 271, inserito dall’art. 7, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, dovendosi ribadire l’onere di puntuale indicazione ed allegazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (cfr. Cass., Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, Rv. 280419; Cass., Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Rv. 276432).
6.3. Anche il terzo motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile, perché generico e manifestamente infondato.
Al riguardo è sufficiente riportarsi alle osservazioni già svolte nelle pagine precedenti in sede di esame del ricorso del COGNOME, alla cui lettura si rimanda, in ordine alla dimostrata consapevolezza da parte
dei ricorrenti sulla natura, non privata, ma demaniale dei terreni donati e alla impossibilità di escludere la responsabilità dei medesimi in base a un preteso affidamento nei confronti del pubblico ufficiale AVV_NOTAIO, il cui eventuale errore determinato dall’inganno dei ricorrenti, peraltro, non determinerebbe certo il venir meno della responsabilità di questi ultimi, quali autori mediati dell’atto (cfr. la già citata Sez. 5, n. 22839 del 17/04/2019, Rv. 276632).
7. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento e della somma di euro 3000,00 a favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere questi ultimi immuni da colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALE evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma il 5.10.2023.