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Falso ideologico: donare beni altrui è reato

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per falso ideologico a carico di un padre e un figlio che avevano donato terreni demaniali, attestando falsamente al notaio una proprietà acquisita per usucapione. La Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, rigettando la tesi del ‘falso innocuo’ e sottolineando che la facile verificabilità della verità non esclude il reato, data la fede privilegiata dell’atto notarile. È stata inoltre confermata la piena responsabilità del figlio a titolo di concorso nel reato.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso ideologico: Donare beni altrui è reato, lo conferma la Cassazione

Attestare falsamente al notaio di essere proprietario di un bene, inducendolo a redigere un atto di donazione, integra il reato di falso ideologico in atto pubblico. Questa importante precisazione emerge dalla sentenza n. 1783/2024 della Corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibili i ricorsi di un padre e un figlio condannati per aver donato terreni appartenenti al demanio regionale. L’analisi della Corte chiarisce i confini della responsabilità penale, la non applicabilità del cosiddetto ‘falso innocuo’ e il ruolo del concorso di persone nel reato.

I Fatti del Caso: Donazione di Terreni Demaniali

Il caso ha origine da un atto di donazione con cui un uomo, con il pieno supporto del figlio, trasferiva a quest’ultimo e a un altro figlio alcuni terreni. Davanti al notaio, il donante aveva dichiarato di essere il legittimo proprietario dei fondi per averli acquisiti tramite usucapione. Tuttavia, le indagini hanno rivelato che tali terreni facevano in realtà parte del demanio forestale della Regione Sicilia.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano riconosciuto la colpevolezza di entrambi gli imputati per il reato di falso ideologico in atto pubblico in concorso tra loro, ai sensi degli artt. 110, 117 e 479 del codice penale. Secondo l’accusa, padre e figlio avevano consapevolmente tratto in inganno il notaio, il quale aveva attestato una titolarità del diritto di proprietà inesistente.

La Decisione della Corte di Cassazione

Gli imputati hanno presentato ricorso per Cassazione, adducendo diverse motivazioni. Il figlio sosteneva l’inoffensività della condotta, poiché la natura demaniale dei terreni era facilmente verificabile tramite fonti aperte su internet e dalla presenza di cartelli indicanti ‘Ente Parco’. Lamentava inoltre una mancanza di dolo, attribuendo la responsabilità al notaio per omessa verifica. Il padre, invece, contestava la mancata rinnovazione del dibattimento per ascoltare il notaio e la genericità delle motivazioni della corte d’appello.

La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni, dichiarando entrambi i ricorsi inammissibili. Ha stabilito che i motivi presentati erano generici, manifestamente infondati e miravano a una rivalutazione del merito, non consentita nel giudizio di legittimità.

Le motivazioni sul falso ideologico e il concorso nel reato

La Corte ha ribadito un principio consolidato: il reato di falso ideologico in un atto notarile non può essere escluso invocando la figura del ‘falso innocuo’. L’atto pubblico, come un rogito notarile, ha la funzione di attestare con fede privilegiata la legittimità del titolo di proprietà. Di conseguenza, dichiarare falsamente di essere proprietario di un bene è una condotta altamente offensiva per la fede pubblica, a prescindere dalla potenziale verificabilità della verità da parte di terzi. L’affidamento che la collettività ripone nella veridicità degli atti pubblici è il bene giuridico tutelato dalla norma.

La Corte ha inoltre smontato la tesi della mancanza di consapevolezza. Elementi come l’enorme estensione dei terreni (incompatibile con un possesso utile per l’usucapione da parte di privati) e una mail in cui il figlio indicava al notaio di cercare particelle catastali ‘libere’ dimostravano, secondo i giudici, la piena coscienza della natura demaniale dei beni.

Infine, è stata confermata la responsabilità del figlio a titolo di concorso di persone. Fornendo un contributo consapevole e fondamentale alla conclusione dell’atto falso (avallando l’esistenza della titolarità in capo al padre), egli ha partecipato attivamente all’impresa criminosa, inducendo in errore il pubblico ufficiale. Non è necessario un previo accordo, ma è sufficiente agire con la consapevolezza del ruolo svolto dagli altri per una finalità unitaria.

Le conclusioni: la responsabilità per le dichiarazioni mendaci

La sentenza rafforza il principio secondo cui chi dichiara il falso a un notaio, inducendolo in errore sulla titolarità di un bene, risponde del reato di falso ideologico come autore mediato o in concorso. L’affidamento su una presunta negligenza del pubblico ufficiale non funge da scusante. La responsabilità penale deriva direttamente dalla falsa rappresentazione della realtà fornita, che costituisce il presupposto indispensabile per il compimento dell’atto dispositivo. La decisione finale ha quindi confermato la condanna, con l’obbligo per i ricorrenti di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria.

Dichiarare falsamente al notaio di essere proprietario di un bene è sempre reato di falso ideologico?
Sì, secondo la sentenza, attestare falsamente in un atto pubblico la titolarità di un bene costituisce reato di falso ideologico (art. 479 c.p.), poiché l’atto notarile è destinato a provare la verità di tale presupposto con fede privilegiata.

Se la verità è facilmente verificabile (ad esempio online), il reato di falso ideologico sussiste comunque?
Sì, la Corte ha stabilito che la facile verificabilità della natura demaniale dei beni non rende la condotta un ‘falso innocuo’. Il reato sussiste perché la falsità lede la fiducia che l’ordinamento ripone nella veridicità delle attestazioni contenute in un atto pubblico, a prescindere dalla possibilità di scoprire l’inganno.

Chi fornisce al notaio le informazioni false risponde del reato?
Sì, chi inganna il notaio con dichiarazioni false sulla titolarità di un bene risponde del reato. Nel caso di specie, sia il padre (dichiarante) sia il figlio (che ha fornito un contributo consapevole e fondamentale) sono stati ritenuti responsabili in concorso, per aver fornito al notaio una falsa rappresentazione della realtà, inducendolo in errore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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