Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 28356 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 28356 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato a Norcia il 20/04/1964; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la sentenza del 21/05/2024 della Corte di appello di Perugia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr.ssa NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udite le conclusioni del difensore avv.ti COGNOME Carlo e COGNOME Massimo, che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Perugia riformando parzialmente la sentenza del tribunale di Spoleto del 21.5.2024 con cui già era stata dichiarata l’intervenuta prescrizione per i reati edilizi e paesaggistici di cui ai capi a) e b) (relativi alla realizzazione senza permesso e nulla osta paesaggistico, di una struttura adibita “a sede provvisoria della Pro Loco e info point”” del comune di Norcia), assolveva NOME NOME e NOME dal reato ex artt. 110 c.p. 323 c.p. perché il fatto non costituisce reato, rideterminava la pena inflitta ad NOME per il reato ex art. 479 c.p. di cui al capo c) (per avere falsamente attestato in ordinanza sindacale n. 788 del 2017 che la predetta struttura edilizia era “… temporanea per le esigenze
pubbliche della popolazione”, (…) ” indifferibile e urgente e di pubblica utilità”, e rientrante in interventi in deroga della normativa edilizia ex art. 1 comma 2 della OCDPC 388 del 2016), revocava la pena accessoria applicata a NOMECOGNOME e le statuizioni civili nei sui confronti, e revocava altresì la confisca e l’ordine di demolizione dell’opera confermando nel resto la sentenza.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME mediante i suoi difensori, ha proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi di impugnazione.
Con il primo, deduce il vizio di violazione di legge in relazione al reato ex art. 479 c.p., e agli artt. 2 e 4 del Codice della protezione Civile (già art. 5 della Legge 225/1992) e la errata applicazione delle OCDPC nn. 3888, 394 e 460 del 2016.
Si evidenzia, anche alla luce di normativa costituzionale e regionale e di convenzioni intervenute tra il Dipartimento della Protezione civile e l’associazione nazionale delle Pro Loco, che queste ultime costituiscono uno strumento operativo sia della Protezione Civile che dei comuni, con questi ultimi che possono svolgere la promozione turistica quale servizio pubblico, anche attraverso le Pro Loco.
Da qui l’applicabilità, nel caso di specie, delle OCDPC nn. 389 e 394 atteso che con l’opera edile in discussione, realizzata nel quadro dei poteri straordinari conseguenti al terremoto occorso in Umbria e Marche, si garantirebbe la continuità, mediante strutture temporanee, quale il predetto manufatto, di preesistenti servizi pubblici, tra cui quelli esercitati nei municipi. Si aggiunge che tale opera era destinata non solo a sede della locale Pro Loco ma anche dell’Infopoint del Comune di Norcia, con chiara sussistenza della funzionalizzazione del manufatto per la pubblica utilità.
Tanto premesso, si contesta la tesi di cui alla sentenza per cui era inapplicabile la normativa derogatoria in assenza dei presupposti, quale il requisito di pubblica utilità discendente da una effettiva collaborazione in corso tra il Comune e la Pro Loco. Tesi smentita nella stessa sentenza, come tale contraddittoria ed illogica, ove si fa riferimento ad un dialogo tra il Comune e la Pro Loco nelle attività di promozione e sviluppo turistico o addirittura a riunioni per le attività promozionali.
In presenza di tale dato oggettivo, l’ordinanza sindacale non attesterebbe il falso quanto alla sussistenza del predetto requisito. Dovrebbe allora ritenersi che il sindaco, nell’emettere l’ordinanza contestata fosse convinto che i rapporti predetti tra comune e Pro Loco fossero tali da far sorgere un rapporto di collaborazione e dunque fossero idonei “a far fronte alle esigenze pubbliche della popolazione”. In ogni caso, anche ove i predetti rapporti non avessero integrato
forme di collaborazione, non si potrebbe ritenere sussistente la rappresentazione e volontà di attestare il falso, considerata l’esistenza di un quadro concreto non chiaro, come emergente anche nei due gradi di giudizio. Da qui l’errore sul fatto ex art. 47 c.p. con esclusione della responsabilità a titolo di dolo.
Si deduce, altresì, la sussistenza dell’altro requisito della temporaneità della struttura, la quale non andrebbe individuata alla luce delle caratteristiche strutturali della stessa ma tenendo conto delle OCDPC in grado di derogare alle norme edilizie. Piuttosto, dalla stessa ordinanza sindacale sarebbe emerso il chiaro intendimento di realizzare un’opera temporanea e come tale smontabile, laddove la sussistenza di fondamenta in cemento armato era richiesta per legge, senza tuttavia intaccare la prevista destinazione temporanea del manufatto. Si aggiunge che il requisito della temporaneità, in caso di eventi sismici, avrebbe connotazioni diverse da quelle proprie della materia edilizia e che quindi, in particolare, un’opera realizzata in base ai poteri esercitati con OCDPC sarebbe intrinsecamente temporanea, con la conseguenza che al termine del periodo di emergenza essa andrebbe rimossa e diverrebbe abusiva solo se a quel momento non smontata. In tale ottica, il ragionamento della corte a sostegno della esclusione del requisito di temporaneità e fondato sulla rilevazione della natura e tempi dell’opera, non avrebbe alcun rilievo. Si aggiunge che, quanto alla natura dell’opera, le OCDPC nn. 389 e 394 permetterebbero di derogare alle disposizioni urbanistiche e sui beni culturali, per cui in presenza di opera prefabbricata e smontabile e quindi temporanea, nel quadro normativo suindicato, la stessa doveva ritenersi in linea con le OCDPC senza richiedersi alcun titolo edilizio o ambientale. Si richiama a conforto della tesi anche il Regolamento europeo n. 661/2014 del 15.5.2014 e la legge regionale dell’Umbria 8/2018 art. 30, oltre che il D.L. n.189/2016. Si ribadisce, quindi, che il concetto edilizio di precarietà sarebbe incompatibile con le opere temporanee realizzate nel quadro di interventi emergenziali nazionali per cause sismiche, senza che a ciò osti la previsione di opere di urbanizzazione e del rispetto della disciplina in materia antisismica.
Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione, premettendosi che la corte in un primo momento avrebbe escluso l’attività di collaborazione tra il Comune e la Pro Loco e sostenendosi che, piuttosto, alla luce della legislazione regionale, la quale conserva in capo alla pubblica autorità il servizio turistico, e tuttavia consente in proposito forme di collaborazione con altri soggetti, si deve ritenere che anche il dialogo tra la Pro Loco e l’Info point comunale rientri in quel concetto di collaborazione diretta alla promozione e sviluppo turistico, contemplato nel quadro del servizio pubblico turistico. Quanto poi al tema della continuità, si contesta la tesi dei giudici per cui il servizio pubblico di
informazione turistica dovesse essere garantito con continuità come prima del sisma, in assenza di norme di legge in proposito, e, piuttosto, in presenza della legge regionale umbra secondo cui le Pro Loco potevano svolgere nuove attività di pubblica utilità in collaborazione con comune e protezione civile. Comunque, la stessa corte di appello in sentenza avrebbe confermato una collaborazione tra comune e Pro Loco già prima del sisma.
5. Vi è memoria di parte civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Sono opportune alcune premesse, alla luce dei riferimenti normativi di cui al ricorso.
L’art. 5, comma 5, legge n. 225 del 1992, dispone che «le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate».
Analoga previsione è contenuta dall’art. 25 del successivo e subentrante Codice della Protezione civile (Decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1) secondo cui ” 1. Per il coordinamento dell’attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale si provvede mediante ordinanze di protezione civile, da adottarsi in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea. Le ordinanze sono emanate acquisita l’intesa delle Regioni e Province autonome territorialmente interessate e, ove rechino deroghe alle leggi vigenti, devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere specificamente motivate “.
L’art. 5 dell’ordinanza n. 388 del 2016, elenca in modo analitico gli articoli di legge in deroga ai quali si può provvedere per la realizzazione delle attività oggetto dell’ordinanza medesima. Nell’elenco manca qualsiasi riferimento al d.P.R. n. 380 del 2001 e al d.lgs. n. 42 del 2004. Tale mancanza non può essere supplita dal generico richiamo alle ” leggi ed altre disposizioni regionali strettamente connesse alle attività previste dalla presente ordinanza “, posto a conclusione dell’elenco, considerato che le attività oggetto dell’ordinanza sono esclusivamente quelle indicate alle lettere a), b) e c) dell’art. 1, e cioè : a) gli interventi necessari nella fase di prima emergenza volti a rimuovere le situazioni di rischio, ad assicurare l’indispensabile attività di soccorso, assistenza e ricovero delle popolazioni colpite dai predetti eventi calamitosi; b) le attività da porre in
essere, anche in termini di somma urgenza, inerenti alla messa in sicurezza delle aree interessate dagli eventi calamitosi; c) gli interventi urgenti volti ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose.
L’art. 3, comma 1 della successiva ordinanza 389 del 2016 stabilisce che ” gli interventi da realizzare ai sensi del comma 2 dell’articolo 1 dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 388 del 26 agosto 2016 citata in premessa, che sono dichiarati indifferibili, urgenti e di pubblica utilità, costituiscono variante agli strumenti urbanistici vigenti” .
Il comma 2 del medesimo articolo 3, consente, ai soli fini già sopra indicati (interventi urgenti finalizzati alle operazioni di soccorso, alla messa in sicurezza dei beni danneggiati, all’allestimento di strutture temporanee di ricovero per l’assistenza alla popolazione nonché per l’esecuzione di strutture temporanee per assicurare la continuità dei servizi pubblici e del culto), la deroga al solo d.lgs. n. 42 del 2004.
L’ordinanza n. 391 del 2016 non disciplina l’attività edilizia e non contempla alcuna deroga al D.P.R. n. 380 del 2011.
Alfine, l’art. 2 della ordinanza n. 394 del 2016 intitolato ” Strutture temporanee ad usi pubblici” stabilisce che “al fine di assicurare la realizzazione degli interventi finalizzati a garantire, in modalit à temporanea e transitoria, la continuit à dei preesistenti servizi pubblici e delle attivit à di culto nei territori dei comuni interessati, in raccordo con le attivit à di cui all’art. 1, comma 2, della presente ordinanza, i comuni interessati provvedono, altres ì , alla ricognizione dei fabbisogni e, su tali basi, all’elaborazione delle proposte di individuazione delle aree utilizzabili per far fronte, con le predette modalit à temporanee o transitorie, alle esigenze delle seguenti strutture: municipi, scuole, sedi delle forze dell’ordine, strutture sanitarie, nonch é luoghi di culto. L’individuazione delle aree destinate ad ospitare tali strutture è definita dalla regione d’intesa con il comune, previo esperimento delle necessarie verifiche di idoneit à svolte dalle medesime regioni, nell’ambito del pi ù generale coordinamento e del modello operativo di cui agli articoli 1 e 2 dell’ordinanza n. 388/2016″ .
Il successivo articolo 3, comma 5, dell’ordinanza n. 394 del 2016, consente espressamente la deroga ai titoli II e III del D.P.R. n. 380 del 2001 nella misura eventualmente strettamente necessaria ” per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4» dell’ordinanza stessa. Oggetto dell’art. 1 è la realizzazione delle strutture abitative di emergenza (S.A.E.) di cui all’accordo quadro approvato con decreto del Capo del dipartimento della protezione civile n. 1239 del 25 maggio 2016″ ; l’art. 2, sopra già riportato, disciplina la realizzazione degli interventi finalizzati a garantire, in modalità temporanea e transitoria, la continuità dei preesistenti servizi pubblici e delle attività di culto nei territori dei comuni interessati; l’art. 4 regola l’ordinata attuazione delle diverse misure volte
ad assicurare, senza soluzione di continuità, l’assistenza in forma transitoria alle popolazioni residenti in edifici danneggiati e, tra queste, soluzioni abitative temporanee, previa verifica di fattibilità tecnica. L’art. 3 individua le seguenti azioni di competenza del soggetto attuatore, difficilmente rientranti nel raggio di applicazione del d.P.R. n. 380 del 2001, trattandosi, per lo più, di azioni di raccordo e monitoraggio delle iniziative poste in essere in attuazione della stessa ordinanza n. 394 e di quelle che la precedono. Si tratta infatti: a) del monitoraggio dell’attuazione delle attività di cui all’art. 1 dell’ordinanza e di quelle volte alla realizzazione delle strutture di cui alla successiva lettera b); b) del coordinamento dei fabbisogni per le strutture ad usi pubblici definiti all’art. 2 della presente ordinanza con i possibili soggetti attuatori e con riferimento a idonee soluzioni tecniche di natura temporanea o transitoria, in raccordo con i comuni e le regioni, anche in relazione agli interventi da realizzare, in tutto o in parte, mediante donazioni; c) del coordinamento e raccordo con le strutture territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai fini dell’esecuzione diretta di eventuali interventi pubblici di competenza statale; d) dell’elaborazione di proposte e piani operativi per lo svolgimento delle attività di gestione e manutenzione delle strutture di cui alla presente ordinanza, da porre in essere a cura dei soggetti competenti; e) del raccordo delle attività di cui al presente articolo con quelle disciplinate dall’art. 6, ossia la pianificazione dell’ulteriore fabbisogno di spazi per la realizzazione di strutture temporanee con finalità sociali ovvero volte a consentire la continuità delle attività economiche e produttive preesistenti.
La ” realizzazione di strutture temporanee con finalità sociali ovvero volte a consentire la continuità delle attività economiche e produttive preesistenti ” è invece prevista dall’art. 6 dell’ordinanza n. 394 del 2016, ed è perciò esclusa dalla deroga al D.P.R. n. 380 del 2001 consentita esclusivamente per le attività di cui agli artt. 1, 2, 3 e 4 della medesima ordinanza.
Emerge dalla sentenza impugnata che nel contesto della normativa di protezione civile emessa in conseguenza degli eventi sismici che interessarono nel 2016 le regioni dell’Umbria, Marche, Lazio ed Abruzzo, il comune di Norcia, quale soggetto attuatore, realizzò in area comunale adibita a parcheggio pubblico, una struttura di circa 50 mq., destinata a sede provvisoria della Pro Loco di Norcia e dell’Info Point del medesimo comune. Con delibera sindacale 91/17 si dava atto che le sedi dell’Info Point e della Pro Loco erano ubicate nell’ufficio comunale, divenuto inagibile. In particolare, la ordinanza sindacale autorizzativa della edificazione in questione era quella n. 788 del 2017, il progetto era stato realizzato su incarico della Pro Loco, ed eseguito tra il 2017 e il 2018 dalla stessa Pro Loco. L’area era sottoposta a plurimi vincoli anche di tipo
paesaggistico. Secondo la sentenza in esame, il tribunale aveva stabilito, pur sancendo la prescrizione dei rispettivi reati, che l’opera era stata realizzata senza titoli edilizi e paesaggistici, oltre che senza autorizzazione sismica. Inoltre, che l’Ordinanza sindacale n. 788 che aveva autorizzato la realizzazione era stata ritenuta estranea all’ambito di operatività delle OCDPC nn. 388, 389, 394 del 2016 pur richiamate. In particolare, si era rilevato, dai primi giudici, che la possibilità di derogare agli artt. 136 e 142 del DLGS 42/04 era prevista dalla ordinanza n. 389 del 2016 solo per strutture temporanee e necessarie ad assicurare la continuità dei servizi pubblici mentre l’attività della RAGIONE_SOCIALE, quale associazione privata, non era di servizio pubblico; l’opera, inoltre, non era temporanea, nè rispetto alla corrispondente nozione in materia edilizia né rispetto a quella di cui alla disciplina emergenziale, avendo, piuttosto, caratteristiche strutturali di permanenza. Inoltre, le attività di destinazione non integravano attività istituzionali di municipi, scuole, forze dell’ordine, strutture sanitarie o luoghi di culto di cui alla ordinanza citata n. 394, la quale neppure contemplava tra le disposizioni derogabili quelle in materia sismica.
Rispetto al tema della falsità ideologica ex art. 479 c.p., come prospettato nel capo di imputazione, secondo linee che appaiono ripercorse nella sintesi di cui al precedente paragrafo (nel senso della intervenuta autorizzazione sindacale di un’opera risultata, diversamente da quanto sostenuto dal Sindaco stesso nel predetto atto, non temporanea, né rientrante in alcuna delle funzioni contemplate dalle OCDPC prima richiamate e pure citate nella ordinanza sindacale n. 788/2017) la corte di appello ha riaffermato, in maniera congrua, la predetta impostazione.
Invero, al di là di ogni approfondimento sulla nozione propria della materia del turismo, sulle sue possibili articolazioni e sulle sue ipotetiche forme di esplicazione, anche in termini di eventuale collaborazione con soggetti privati, viene qui in rilievo, e in maniera dirimente, l’analisi della situazione fattuale anteriore alla intervenuta ordinanza n. 788 del 2017, con particolare riferimento, da una parte, alla sussistenza o meno, presso il Comune, e prima degli eventi sismici, di servizi pubblici esercitati dalla Pro Loco, da assicurarsi poi con la nuova struttura, dall’altra, alla individuabilità di una connotazione temporanea per la struttura realizzata.
Per entrambi i profili la conclusione negativa formulata dalla corte di appello appare condivisibile e tecnicamente corretta.
Quanto al primo, va osservato che emerge, attraverso la necessaria lettura complessiva della sentenza impugnata, che i giudici di appello hanno escluso ogni servizio pubblico espletato dalla Pro Loco, presso il Comune, prima della ordinanza sindacale n. 788.
Ciò sul corretto presupposto per cui l’eventuale discostamento della vicenda dal piano penale presupporrebbe la individuazione di un previo servizio pubblico municipale già preesistente presso il comune e di cui assicurare la continuità nella nuova struttura: in proposito, si rammenta, nuovamente, che l’art. 2 della Ordinanza di protezione civile n. 394 del 2016, ove astrattamente applicabile, fa riferimento alla realizzazione degli interventi finalizzati a garantire, in modalità temporanea e transitoria, la continuità dei preesistenti servizi pubblici.
Va allora rappresentato che, quanto ad una ipotetica attività di promozione e sviluppo turistico, i giudici di appello hanno evidenziato come non preesistesse e sussistesse, prima del sisma, alcuna collaborazione anche solo “di fatto” tra Comune e Pro Loco nella gestione del servizio turistico del comune: secondo i giudici della Corte, quanto alla promozione e sviluppo turistico, vi era, tra l’ente comunale e la Pro Loco, solo e “verosimilmente” un “dialogo” ( ritenuto come tale ben lontano quindi, da una stretta quanto necessaria ed istituzionalizzata, ai fini in esame, connessione operativa), e, in linea con tale ricostruzione di carenti legami istituzionali, hanno altresì aggiunto, quanto alla destinazione funzionale della nuova struttura in parola, che si doveva trattare di “una struttura destinata ad attività seppure informalmente sinergiche con quelle di accoglienza e sviluppo promozionale della città”. Del resto, a ulteriore conferma della assenza di ogni correlazione sul tema tra Comune e Pro Loco, si legge anche, in sentenza, della rilevata assenza di qualsiasi dipendente comunale deputato a lavorare presso la sede della Pro Loco nel manufatto in parola.
Nessuna connessione preesistente ed istituzionale dunque, tra la Pro Loco e il Comune, esisteva sul piano della promozione del turismo.
La coerenza di tale ricostruzione, di tipo negativo rispetto alla eventualità della sussistenza di uno dei presupposti necessari per legittimare, in ambito emergenziale, l’opera in esame, quale l’assicurazione della “continuità” di servizi “pubblici e preesistenti” prima del terremoto, è altresì corroborata dal chiaro accertamento della inesistenza di una sede effettiva e operativa della Pro Loco all’interno del Comune e prima degli eventi giustificativi del sistema normativo extra ordinem intervenuto. La RAGIONE_SOCIALE, prima del 2017, aveva sede fuori del Comune, in INDIRIZZO solo dopo gli eventi sismici, a seguito di assemblea straordinaria del 2017, la sede venne fissata presso il Comune, ma esclusivamente come ” mero riferimento logistico degli associati “. Taluni testi, hanno rilevato i giudici, hanno in questo quadro solo ricordato che prima del sisma si sarebbe svolta solo ” una (o forse anche più) riunioni che ivi si svolgevano genericamente per attività promozionali ” e senza che si disponesse di ” spazi ben definiti “. Affermazione anche quest’ultima che, come le altre, lungi dall’integrare dichiarazioni contraddittorie rispetto alla esclusione di ogni collaborazione, anche solo di fatto, tra i due enti citati, ribadisce chiaramente
come la Pro Loco sia prima che dopo il suo insediamento presso il comune svolgesse le proprie, autonome, attività, al di fuori di forme coordinate, istituzionalizzate e collaborative atte a consentire la prospettata – dalla difesa individuazione dell’esercizio, da parte della Pro Loco, di un servizio pubblico comunale.
Ancora più netta ed egualmente coerente è la esclusione della preesistenza presso il comune e in capo alla Pro Loco, rispetto agli eventi sismici, della gestione di un servizio pubblico di informazione turistica di cui garantire la continuità. Esclusione di peculiare rilievo ove si ponga mente al dato per cui, secondo il capo di imputazione, l’opera autorizzata era “adibita a sede provvisoria della Pro Loco di Norcia ed Info Point del Comune di Norcia” ovvero, secondo la contestazione, destinata allo svolgimento di quest’ultima funzione informativa pubblica. In proposito, accanto alle altre considerazioni poco prima riportate, certamente significative anche rispetto a questa ultima analisi, anche essa negativa, i giudici hanno sottolineato, ad ulteriore sostegno della predetta esclusione, come le testimonianze raccolte abbiano definito uno spaccato di collaborazione “sommaria”, “indefinita” e che non è stata acquisita alcuna convenzione tra il comune e la Pro Loco per la gestione o collaborazione del servizio informativo turistico, ” pacificamente insussistente “. Aggiungendo anche la perspicua notazione per cui, dopo il sisma, l’attività comunale e l’erogazione dei relativi servizi comportò il trasferimento degli uffici comunali in container posizionati in altri luoghi.
Rispetto ad una così lineare ed organica motivazione, che nel dar conto di una situazione funzionale obiettivamente inesistente all’interno del comune ne evidenzia, in sostanza, anche la necessaria consapevolezza da parte degli organi comunali, le censure appaiono meramente assertive di una, al contrario, sussistente collaborazione funzionale, per servizi pubblici, tra Comune e Pro Loco; senza tuttavia fornire concrete e chiare allegazioni, dimostrative di ciò ed in grado di ribaltare il suesposto quadro probatorio e logico. Insistendosi, piuttosto, su una presunta vaghezza oltre che contraddittorietà motivazionale sul punto che, invece, nella misura in cui la Corte rappresenta, con coerenza e ragionevolmente, la inesistenza di prove di una collaborazione funzionale, non può che connotarsi contenutisticamente solo in termini di esclusione di circostanze, fatti e persone, senza che ciò possa tradursi in una scarsa saldezza del costrutto argomentativo. In altri termini, a fronte di una coerente e argomentata esclusione di un dato, non può che porsi a carico dell’interessato la dimostrazione della sua esistenza. Attività che il ricorrente, come sopra già osservato, trascura.
5. Quanto al secondo requisito, relativo al tema della temporaneità o meno dell’opera, appare corretta anche l’esclusione di tale carattere della struttura, di cui è invero indiscussa la consistenza e persistenza indefinita, siccome realizzata mediante strutture di acciaio e coperture in legno, con platea di fondazione.
Ed invero, deve osservarsi preliminarmente che la conclusione della correttezza di tale esclusione consegue innanzitutto quale corollario delle considerazioni sopra formulate: nel senso che, una volta che si escluda che l’opera fosse servente rispetto ad una appurata continuità di servizi pubblici municipali, secondo le OCDPC citate e in particolare la n. 394 del 2016, essa, fuoriuscendo per ciò solo dall’usbergo derogatorio e protettivo delle stesse ordinanze, deve considerarsi, senza altre disquisizioni, un’ordinaria opera edilizia, richiedente i normali titoli, ed estranea ad ogni discussione sulla sua connotazione, in senso temporaneo, secondo la disciplina extra ordinem sin qui citata. Questa ultima osservazione è formulabile da questa Corte anche perché viene in rilievo una questione giuridica, per cui, come noto, il vizio di motivazione non è configurabile riguardo ad argomentazioni giuridiche delle parti. Queste ultime infatti, come ha più volte sottolineato la Suprema Corte, o sono fondate e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) dà luogo al motivo di censura costituito dalla violazione di legge; o sono infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 comma 1 cod. proc. pen. che consente di correggere, ove necessario, la motivazione quando la decisione in diritto sia comunque corretta (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 -01 NOME).
Possono comunque aggiungersi, per completezza, altri rilievi.
Innanzitutto, come già precisato da questa Corte, non può essere accolta la tesi secondo la quale tutto ciò che è realizzato in base alle ordinanze emesse in attuazione del citato art. 5, legge n. 225 del 1992, deve essere per ciò stesso considerato un intervento temporaneo e/o provvisorio. Tale tesi contrasta con la lettera delle norme sin qui scrutinate, che non mancano mai di sottolineare la obiettiva caratteristica emergenziale e temporanea delle soluzioni abitative e/o degli insediamenti edilizi che ne costituiscono l’oggetto (cfr. tra gli altri, per quanto di interesse, l’art. 2 della ordinanza n. 394/2016 relativa a “Strutture temporanee ad usi pubblici” che mira ad assicurare “”la realizzazione degli interventi finalizzati a garantire, in modalità temporanea e transitoria, la continuità dei preesistenti servizi pubblici”). Tale natura deve cioè costituire una caratteristica oggettiva ed intrinseca dell’intervento, una caratteristica che, proprio per questo, ne legittima l’esecuzione in deroga alle normative che disciplinano il governo del territorio. (Cass. sez. 3 non massimata n. 2194 del 10.7.2018). Non può che essere questo il senso della precisazione normativa per
cui, per quanto qui di interesse, l’intervento da realizzare, pur in deroga, si deve effettuare “in modalità temporanea e transitoria”, quale prerequisito della deroga medesima, in quale, in materia edilizia, non può che mutuarsi da principi fondamentali. Diversamente, la suddetta precisazione sarebbe inutiliter data ove la temporaneità dell’opera si identificasse sulla durata, limitata nel tempo, del regime straordinario fondante la realizzazione del manufatto. L’interpretazione del concetto di “temporaneità”, in altri termini, deve essere rigorosa e riguardare, come detto, aspetti oggettivi dell’opera, non potendo tale predicato derivare, per proprietà transitiva, dalla natura extra ordinem della fonte di diritto che ne legittima la costruzione. Come ricordato dal Giudice delle Leggi, “il carattere eccezionale del potere di deroga della normativa primaria, conferito ad autorità amministrative munite di poteri di ordinanza, sulla base di specifica autorizzazione, implica che lo stesso sia temporalmente delimitato e ben definito nel contenuto, tempi e modalità di esercizio, dovendo altresì essere specificato il nesso di strumentalità tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consente la temporanea sospensione. Nell’ipotesi di dubbi applicativi, tale normativa va comunque interpretata ‘secundum ordinem’, in modo da scongiurare qualsiasi pericolo di alterazione del sistema delle fonti” (Sentenza n. 127 del 1995).
In proposito, come anticipato, non può allora che attingersi ai principi evincibili in materia edilizia per individuare strutture che soddisfino i requisiti di temporaneità in parola e non può che ribadirsi la necessità di un criterio oggettivo, ossia consustanziale al realizzato -e non soggettivo -, che caratterizzi l’opera nel senso della sua precarietà strutturale e funzionale.
Infine e in ogni caso nessuna liquidazione in questa fase in favore di parte civile può formularsi in ragione della tipologia del reato ascritto e della mancata partecipazione alla discussione svoltasi.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Cos ì deciso in Roma, il 12.06.2025