Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13615 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13615 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposto da:
COGNOME NOME, nato a Guardia Sanframondi il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Pescara il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 16/06/2023 RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata;
udito l’AVV_NOTAIO per la parte civile RAGIONE_SOCIALE, il quale si è espresso per il rigetto dei ricorsi;
uditi gli AVV_NOTAIO, anche per NOME COGNOME, in difesa di NOME COGNOME, e NOME COGNOME, in difesa di NOME COGNOME, che hanno insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza di primo grado, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE aveva condannato NOME COGNOME, allora Rettore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, per abuso d’ufficio (art. 323 cod. pen.), per aver, in violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 15 e 19 d.lgs. 8 aprile 2016, n. 39, emanato un decreto a mezzo del quale, omettendo di avvisare previamente il AVV_NOTAIO NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE‘incompatibilità tra la carica di membro del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e la carica di Direttore, revocava la prima, impedendo al AVV_NOTAIO. COGNOME di esercitare il diritto di scelta tra l’una e l’altra, in tal modo cagionandogli un ingiusto danno patrimoniale rappresentato dalla perdita del relativo trattamento economico (capo di imputazione a).
Riqualificato il fatto, originariamente contestato quale falso materiale in atto pubblico (art. 476 cod. pen.), aveva inoltre condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME, allora Direttore AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, per il delitto di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 cod. pen.) (capo di imputazione c).
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di L’Aquila dichiarava non doversi procedere nei confronti RAGIONE_SOCIALE imputati perché entrambi i reati erano estinti per prescrizione, confermando le statuizioni civili.
Avverso la sentenza di appello hanno presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, per il tramite RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, articolando i seguenti tre motivi.
3.1. Errata applicazione RAGIONE_SOCIALEa legge penale e vizio di motivazione, in rapporto all’abuso d’ufficio.
Il delitto di cui all’art. 323 cod. pen. non è configurabile, difettandone requisiti costitutivi.
Manca la «violazione di legge». Il d.lgs. n. 39 del 2013 cit., intitolato “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in pubblico controllo”, all’art. 19, la cui violazione è contestata nel capo a) di imputazione, prevede che «lo svolgimento RAGIONE_SOCIALE incarichi di cui al presente decreto in una RAGIONE_SOCIALEe situazioni di incompatibilità […] comporta la decadenza dall’incarico e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, decorso il termine perentorio di quindici giorni dalla contestazione all’interessato, da parte del responsabile di cui all’articolo 15, RAGIONE_SOCIALE‘insorgere RAGIONE_SOCIALEa causa di incompatibilità».
La disposizione non disciplina dunque la revoca, bensì i diversi casi di decadenza dall’incarico e di risoluzione del contratto di lavoro, demandando peraltro il compito di formulare una previa contestazione al soggetto interessato al non al Rettore, ma alla distinta figura del Responsabile del piano anticorruzione (combinato disposto artt. 19 e 15 d.lgs. n. 39 del 2013 cit.).
A ciò si aggiunga che i Giudici di merito hanno pretermesso:
come il prof. COGNOME avesse RAGIONE_SOCIALEnuato a cumulare, in maniera non consentita, due incarichi tra loro incompatibili, e cioè quello di consigliere di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE e quello di Direttore del Museo del medesimo RAGIONE_SOCIALE, il primo assunto in precedenza rispetto al primo, come anche emerso dalle dichiarazioni del medesimo prof. COGNOME in dibattimento;
che l’incompatibilità, in base alla normativa vigente (art. 17 d.lgs. n. 39 del 2013 cit.), comporta la nullità radicale RAGIONE_SOCIALE atti di conferimento RAGIONE_SOCIALE incarichi;
che, d’altronde, la mancata revoca avrebbe potuto incardinare una responsabilità economica in capo a chi aveva conferito incarichi affetti dalla suddetta nullità (art. 18, comma 1, d.lgs. n. 39 del 2013 cit.).
Dunque, il Rettore COGNOME, agì non in violazione di legge, ma in piena conformità con il dettato RAGIONE_SOCIALEe citate disposizioni e, peraltro, previo parere positivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
Della fattispecie di abuso d’ufficio manca, inoltre, la «doppia ingiustizia». Premesso che, secondo la prospettazione accusatoria, sarebbe stato arrecato al prof. COGNOME un danno ingiusto anche di natura patrimoniale, essendo stata chiesta la restituzione RAGIONE_SOCIALEe somme percepite quali indennità di componente del consiglio di RAGIONE_SOCIALE attraverso trattenute sullo stipendio, la Corte d’appello ha desunto il requisito in oggetto dal fatto che il Tribunale amministrativo regionale avesse immediatamente annullato il provvedimento di revoca quale membro del consiglio di RAGIONE_SOCIALE del prof. COGNOME.
In tal modo, ha però confuso i profili di rilievo amministrativo e penalistico, questi ultimi ben distinti perché improntati ai principi di tassatività e tipicità.
Ha dimenticato, inoltre, e per converso, come l’ingiustizia nell’abuso d’ufficio debba ricavarsi aliunde, vale a dire in base a criteri ulteriori rispetto alla qualificazione RAGIONE_SOCIALEa condotta, essendo segno di antigiuridicità speciale (a sua volta, elemento RAGIONE_SOCIALEa tipicità).
In tale prospettiva, torna a rilevare il fatto che il Rettore avesse adottato la soluzione a seguito RAGIONE_SOCIALEe indicazioni del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, sicché un’eventuale inerzia avrebbe comportato profili di possibile rilievo contabile verso l’RAGIONE_SOCIALE.
La soluzione fu, in sintesi, dettata dalla necessità di evitare una situazione di illegalità, perseguendo un concreto interesse pubblico alla corretta gestione RAGIONE_SOCIALEe
risorse universitarie (e la giurisprudenza di legittimità ritiene che la compresenza RAGIONE_SOCIALEa finalità pubblica con quella privata valga ad escludere il dolo di abuso d’ufficio. Sez. 3, n. 33043 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 267454; Sez. 2, n. 23019 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264280).
Né può trascurarsi che – come evidenziato nel già richiamato parere del RAGIONE_SOCIALE – anche il ruolo di Direttore del Museo universitario implica una piena autonomia gestionale nell’attività di propria competenza e che, soprattutto, comporta un’indennità di carica accademica incompatibile, ex art. 63 Statuto di RAGIONE_SOCIALE, con quella di consigliere di RAGIONE_SOCIALE.
L’illegittima erogazione di due indennità avrebbe potuto, dunque, generare un ulteriore profilo di danno erariale.
Tale conclusione si impone a maggior ragione per il fatto che il coimputato COGNOME è stato assolto da questo capo di imputazione per insussistenza del fatto, tale assoluzione determinando un conflitto di giudicati, potenzialmente rilevante financo ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 630 cod. proc. pen., come già rilevato in appello mediante deduzioni cui la Corte ha omesso di rispondere, incorrendo, pertanto, anche nella violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 546 cod. proc. pen.
In via subordinata, all’esito assolutorio si dovrebbe giungere in virtù RAGIONE_SOCIALEa vigente formulazione RAGIONE_SOCIALEa fattispecie di abuso d’ufficio, limitata alla violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuano margini di discrezionalità.
In proposito, la sentenza impugnata si limita ad evidenziare che la supposta violazione di legge rientrerebbe ancora nel dettato legislativo, in considerazione RAGIONE_SOCIALE‘asserita natura vincolata RAGIONE_SOCIALE‘agire del Rettore, che avrebbe dovuto operare la contestazione in modo da permettere all’interessato di scegliere tra un incarico e l’altro.
Tuttavia, come già evidenziato, la contestazione in oggetto, peraltro relativa all’ipotesi di decadenza e non di revoca del decreto rettorale, spettava, semmai, al Responsabile del piano anticorruzione, e non al Rettore (art. 15 d. Igs. 39 del 2013 cit).
Soprattutto, in senso contrario a quanto affermato dal Giudice di secondo grado e come evidenziato nella consulenza tecnica del AVV_NOTAIO COGNOME, nella legge residuavano in capo all’organo ampi margini di discrezionalità nella rappresentazione dei presupposti RAGIONE_SOCIALEa condotta da tenere.
In via ulteriormente subordinata, la sentenza andrebbe annullata sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE‘elemento soggettivo, essendosi la Corte d’appello limitata ad asserire che l’imputato non poteva invocare la buona fede nascente da eventuali pareri errati a lui pervenuti all’interno RAGIONE_SOCIALEa struttura universitaria.
Già di per sé, tale argomentazione risponde ad un inammissibile automatismo presuntivo, perché trascura la caratterizzazione intenzionale del dolo di cui all’art. 323 cod. pen.
I Giudici di secondo grado aggiungono, poi, che gli emolumenti percepiti dal AVV_NOTAIO COGNOME quale membro del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, ove quest’ultimo avesse optato per l’incarico di componente del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, piuttosto che di Direttore del Museo, sarebbero rimasti legittimamente percepiti. Ma, in tal modo, dimenticano che, essendo anche la carica di Direttore del museo retribuita, quale che fosse l’opzione prescelta, COGNOME sarebbe stato comunque tenuto ad una restituzione.
Trascurano, infine, di considerare che, alla luce RAGIONE_SOCIALEa richiamata normativa in tema di radicale nullità RAGIONE_SOCIALE atti di conferimento di incarichi adottati in violazione RAGIONE_SOCIALEe disposizioni in materia di incompatibilità e di responsabilità dei componenti RAGIONE_SOCIALE organi che abbiano conferito tali incarichi nulli, il comportamento del Rettore mirava a garantire la regolare composizione del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e, quindi, al ripristino RAGIONE_SOCIALEa legalità. E che ciò ha riflessi sull’elemento soggettivo, l descrizione legislativa, presupponendo che l’evento tipico sia lo scopo precipuo e l’elemento polarizzante RAGIONE_SOCIALEa volontà.
3.2. Difetto di correlazione tra imputazione e sentenza, in relazione al delitto di falso (capo c).
Esiste un’ontologica insanabile differenza tra falsità materiale falsità ideologica, la distinzione tra le quali si fonda su quella tra atto e documento.
La macroscopica diversità strutturale del fatto ritenuto in sentenza rispetto a quello oggetto RAGIONE_SOCIALEa contestazione implica una radicale trasformazione RAGIONE_SOCIALE elementi essenziali del fatto oggetto di contestazione e disallinea quindi la correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 522 cod. proc. pen.
3.3. Errata applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 479 cod. pen. e vizio di motivazione.
La Corte d’appello ha confermato l’esito di condanna, ritenendo integrata la falsità ideologica, poiché i due imputati avrebbero certificato la coincidenza di quella che sarebbe stata la versione approvata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE con la convenzione-quadro. La difesa aveva tuttavia obiettato che con la missiva di accompagnamento non si era attestata affatto la conformità allo schema oggetto di delibera consiliare (missiva, peraltro, non riconducibile a COGNOME).
I dati documentali acquisiti nel corso RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria dibattimentale rendono evidente che né nella lettera accompagnatoria, né nello schema di convenzione allegato vi era la benché minima certificazione di conformità.
D’altronde, lo stesso capo di imputazione parla di “schema” di convenzione: atto che, per espressa definizione, è sottoposto a modificazioni, rivisitazioni e cioè
a un iter di formazione progressiva e insuscettibile, pertanto, di rivestire qualsivoglia portata certificativa, come risulta già dalla lettura del documento.
La Corte d’appello ha replicato che non avrebbe senso che tali modifiche fossero state operate dal Provveditorato, non essendovi traccia di interlocuzione tra lo stesso e l’RAGIONE_SOCIALE.
Anche tali affermazioni si pongono però in contrasto con le risultanze dibattimentali (escussione del Provveditore pro tempore alle opere pubbliche e del capo RAGIONE_SOCIALEa Segreteria) dalle quali è emerso che, come sempre nel corso RAGIONE_SOCIALEa fase di elaborazione di interventi su schemi progressivi (e che questa sia una situazione normale era stato spiegato nella consulenza tecnica del AVV_NOTAIO COGNOME), anche nel caso di specie fu apportata una serie di modifiche.
Quanto al tema RAGIONE_SOCIALEa ratifica, la sentenza impugnata si limita ad affermare che, comunque, non sarebbe stato possibile utilizzare tale istituto, potendo esso concernere soltanto vizi di natura formale, in quanto tali sanabili.
Pure sotto questo profilo, la sentenza contrasta però con le risultanze RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria dibattimentale.
Infatti, due testi, membri, all’epoca dei fatti, del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, avevano evidenziato che l’iter successivo alla delibera è ordinariamente fatto di invio di bozze, ecc., su cui normalmente il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE non esercita alcun controllo.
Il consulente prof. COGNOME aveva poi confermato che, nei casi di modifiche sopravvenute, si può ricorrere all’istituto RAGIONE_SOCIALEa ratifica, in presenza dei requisiti d cui all’art. 21-nonies I. n. 241 del 1990. A maggior ragione, la ratifica era utilizzabile nel caso di specie, poiché alla convenzione non era stata mai data esecuzione.
Ciò è quanto accadde, appunto, mediante il terzo inoltro via EMAIL, peraltro conforme a quello originario del 06/02/2015, che conteneva e trasmetteva al Provveditorato alle opere pubbliche lo schema di convenzione nella stesura perfettamente conforme alle indicazioni maturate in seno al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE e a seguito del quale lo stesso RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE aveva provveduto alla deliberazione in data 24/11/2015 RAGIONE_SOCIALEa quale ha dato conto in istruttoria una teste.
In via subordinata, in appello si era dedotta la riconducibilità RAGIONE_SOCIALEa vicenda, a tutto voler concedere, alla fattispecie di abuso d’ufficio, ma i giudici di secondo grado hanno omesso di motivare sul punto.
In via di ulteriore subordine, la sentenza impugnata era stata censurata quanto al coefficiente soggettivo.
La Corte d’appello ha replicato desumendone la sussistenza sulla base di un preteso riferimento a una missiva del 01/10/2015, a fronte di un fatto che risaliva
ad epoca precedente (18/02/2015), trascurando, quindi, come il dolo debba necessariamente accompagnare la condotta tipica e non possa sopravvenire.
Peraltro, anche sul punto, la sentenza contrasta con le univoche risultanze probatorie, essendo emerso che il Rettore non sapeva RAGIONE_SOCIALEa discrasia tra la convenzione e lo schema approvato dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, il che denota la sua assoluta buona fede e che versava, tutt’al più, in colpa.
Ha presentato ricorso, per il tramite RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, anche NOME COGNOME, articolando i seguenti motivi.
4.1. Violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 521 cod. proc. pen.; omessa motivazione e travisamento.
A fronte RAGIONE_SOCIALE‘originaria imputazione di falso materiale, il primo giudice era incorso nella violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 521 cod. proc. pen., ritenendo il fatto inquadrabile al di sotto RAGIONE_SOCIALEa fattispecie di falso ideologico.
Tuttavia, in tal modo, non si lasciava immutato il fatto contestato, dandosene una differente definizione, ma si finiva col coniare un’ipotesi affatto diversa, ascrivendo al ricorrente di essere venuto meno agli obblighi inerenti ad una posizione di garanzia mai ipotizzata e fondata sul preteso obbligo, in capo al Direttore generale e al Rettore, di attestare il reale andamento dei fatti, di certificare la corrispondenza tra quanto avvenuto e quanto percepito.
La Corte d’appello aderisce pedissequamente a questa tesi, nonostante l’istruttoria dibattimentale fosse stata indirizzata a chiarire se le modifiche apportate alla convenzione dopo la sua approvazione da parte del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (il 27/01/2015) erano attribuibili a COGNOME ovvero se questi – che non aveva nella situazione concreta alcun ruolo decisionale, consultivo o partecipativo – aveva fatto da mero nuncius nella trasmissione RAGIONE_SOCIALEa convenzione al Provveditorato.
In altre parole, poiché l’imputazione faceva questione RAGIONE_SOCIALEa falsificazione materiale RAGIONE_SOCIALEa Convenzione, il ricorrente si era difeso – e doveva difendersi dall’accusa di essere l’autore del falso materiale, mentre oggi risulta che la difesa avrebbe dovuto vertere sull’insussistenza RAGIONE_SOCIALEa sua posizione di garanzia, tema nuovo e mai in precedenza emerso.
4.2. Difetto assoluto di motivazione sul punto RAGIONE_SOCIALE‘attribuzione al ricorrente del falso materiale come risultante dagli atti e segnatamente dalle testimonianze di COGNOME (il Provveditore alle opere pubbliche) e COGNOME (suo collaboratore).
Dalle testimonianze dei componenti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, pure ostili a COGNOME, tanto da sollecitare un’azione disciplinare nei suoi confronti,
non è emerso alcun elemento che riconducesse al ricorrente la paternità RAGIONE_SOCIALEa ipotizzata falsificazione.
Dalle testimonianze del Provveditore e del suo Segretario emerse, al contrario, che era stato il Provveditorato ad apportare le suddette modificazioni al testo RAGIONE_SOCIALEa convenzione, ricevuta il 6 febbraio 2015 e rispedita, così modificata, all’RAGIONE_SOCIALE.
4.3. Mancanza del requisito RAGIONE_SOCIALEa competenza funzionale.
Il ruolo di Direttore generale RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE non conferisce una posizione di garanzia. Né la sentenza spiega per quale ragione il ricorrente fosse tenuto a garantire la genuinità RAGIONE_SOCIALE‘atto o se fosse investito di un potere certificativo, non potendo attribuirsi rilievo al richiamo compiuto ad altro, diverso e successivo intervento nel settore RAGIONE_SOCIALE‘edilizia universitaria.
La parte civile RAGIONE_SOCIALE, per il tramite RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, ha presentato una memoria in cui preliminarmente si denuncia il difetto, nei ricorsi, di quella “doppia specificità” che deve fare pendant ad una “doppia conforme”, e si lamenta la declinazione RAGIONE_SOCIALEe deduzioni difensive prevalentemente in fatto.
Quanto specificamente al ricorso di COGNOME e al delitto di falsità ideologica, inoltre, non sussiste alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, il fatto contestato essendo rimasto identico nella sua materialità e non essendo stato violato il diritto di difesa.
D’altronde, la falsità ideologica si realizza quando, pur in presenza dei presupposti di legittimazione all’esercizio dei poteri di certificazione, il pubblico ufficiale ne abusa, violando l’obbligo di attestare fatti conformi al vero. Inoltre, reato si perfeziona nel momento in cui l’atto falso fuoriesce dall’ambito di disponibilità RAGIONE_SOCIALE‘agente e si manifesta nel mondo esteriore, per conseguire gli effetti di cui sarebbe capace. Di conseguenza, COGNOME e COGNOME consumarono il falso ideologico attraverso la sottoscrizione RAGIONE_SOCIALEa Convenzione falsa, perché mediante tale sottoscrizione certificarono, di concerto, la coincidenza tra la versione approvata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e quella definitiva, a prescindere dalla sua successiva trasmissione.
Anche, poi, a ritenere che il documento approvato dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE fosse uno “schema di convenzione” soggetto a modificazioni, rivisitazioni, e comunque a formazione progressiva, l’accordo-quadro, in base all’art. 27 lettera m, n. 4, RAGIONE_SOCIALEo Statuto RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, avrebbe dovuto costituire oggetto di ulteriore disamina da parte del RAGIONE_SOCIALE medesimo (ciò che non accadde).
Quanto, ancora, all’istituto RAGIONE_SOCIALEa ratifica, Corte di Appello e Tribunale non errano nell’affermare che la convalida costituisce un provvedimento di secondo
grado con cui la pubblica RAGIONE_SOCIALE riconosce che un vizio inficia un proprio provvedimento e lo rimuove, ma non modifica il provvedimento stesso, deducendone come i provvedimenti suscettibili di convalida siano esclusivamente quelli affetti da vizi formali.
Inoltre, diversamente da quanto affermato nel terzo motivo di ricorso, sia la Corte di Appello, sia il Tribunale motivano l’impossibilità di riqualificare il fatto abuso di ufficio, ex art. 323 cod. pen., dal momento che l’affermazione secondo cui è impossibile «utilizzare l’istituto RAGIONE_SOCIALEa ratifica in quanto l’atto non risulta affe da mero vizio formale, poiché il vizio di riferisce alla non veridicità del contenuto RAGIONE_SOCIALEa Convenzione del 18/02/2015 rispetto a quella deliberata dal RAGIONE_SOCIALE» ha come presupposto logico l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE‘atto e non certo una mera “irregolarità per l’esercizio di una competenza”, così come sostenuto dalla difesa di COGNOME.
Nemmeno appaiono pertinenti le deduzioni difensive sul dolo successivo, essendo evidente che la missiva del 5 ottobre 2015, nell’economia RAGIONE_SOCIALEe sentenze, si limita a confermare la sussistenza del dolo al momento del fatto, desunto da altro.
Con riguardo all’art. 323 cod. pen., il ricorso, ove argomenta la violazione di legge – nello specifico del d.lgs. n. 39 del 2013 cit. -, deduce violazioni di legge non rappresentate in appello ed è quindi inammissibile.
D’altra parte, la condotta contestata al Rettore è stata certamente realizzata in violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 1, 15, 19 del d.lgs. n. 39 del 2013 cit., avendo il Rettore, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 15, l’obbligo di contestare al soggetto interessato l’insorgenza di inconferibilità o incompatibilità RAGIONE_SOCIALE incarichi dallo stesso svolti, al fine consentire il diritto alla scelta che deve essere esperito nel termine di 15 giorni dalla contestazione (art. 19). Né può dubitarsi che le disposizioni violate siano norme primarie (atti aventi forza di legge) e che dalle condotte prescritte esulino margini di discrezionalità.
Risulta pure integrato, e debitamente motivato, il requisito RAGIONE_SOCIALEa doppia ingiustizia, essendosi precisato che COGNOME fu obbligato a restituire le indennità relative alla carica di componente del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, e considerato comunque che, come rilevato dalla sentenza di primo grado, la nozione di danno ingiusto non può intendersi limitata a situazioni soggettive di carattere patrimoniale e nemmeno a diritti soggettivi perfetti.
Quanto all’elemento soggettivo, la prova del dolo intenzionale si desume anche dalla macroscopica illegittimità RAGIONE_SOCIALE‘atto.
Si aggiunge che, ai fini del dolo di abuso, è sufficiente la rappresentazione e volizione RAGIONE_SOCIALE‘evento come conseguenza diretta e immediata RAGIONE_SOCIALEa condotta RAGIONE_SOCIALE‘agente, e che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’elemento soggettivo non viene meno per effetto
RAGIONE_SOCIALEa compresenza di una finalità pubblicistica, occorrendo piuttosto che il perseguimento del pubblico interesse costituisca il fine primario RAGIONE_SOCIALE‘agente.
Da ultimo, si esclude l’asserito conflitto di giudicati a causa RAGIONE_SOCIALEa sentenza assolutoria in riferimento al capo a) RAGIONE_SOCIALE‘imputazione per COGNOME, perché «il fatto non sussiste», la scelta RAGIONE_SOCIALEa formula essendo dipesa da errore materiale, come si evince dal contrasto del dispositivo di quella sentenza con l’ampia motivazione che, in tal caso, anche secondo la giurisprudenza di legittimità, deve prevalere, considerazione alla quale si aggiunge che il contrasto di giudicati sussiste esclusivamente quando vi sia un’oggettiva incompatibilità tra i fatti storici su cui si fondano le diverse sentenze e non nel caso di mero contrasto di principio tra due sentenze.
Infine, quanto ai dedotti vizi di motivazione, si ricorda che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria RAGIONE_SOCIALEa causa estintiva, con la conseguenza che, anche sotto questo profilo, i ricorsi sono inammissibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Quanto al ricorso di NOME COGNOME, al tempo dei fatti Rettore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, va premesso che il delitto di abuso d’ufficio si era prescritto dopo la sentenza di primo grado e che, ciò nondimeno, la Corte d’appello ha ritenuto provata la responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘imputato, condannandolo alle statuizioni civili, sicché il ricorso è stato proposto soltanto a tali fini.
1.2. Va pure precisato che la trattazione del procedimento, prevista in forma orale per il giorno 6 febbraio 2024, è stata rinviata – e poi fissata in data odierna – in attesa RAGIONE_SOCIALEa decisione poi resa dalle Sezioni unite sullo standard probatorio richiesto ai fini RAGIONE_SOCIALEa decisione sulle statuizioni civili in caso di intervenu prescrizione del reato (Sez. U, n. 36208 del 28/03/2024, Calpitano, Rv. 286880, secondo cui, «nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna RAGIONE_SOCIALE‘imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l’estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto RAGIONE_SOCIALEa causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale n. 182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza RAGIONE_SOCIALEa parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l’assoluzione nel merito»).
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1.2. Tanto chiarito, dopo la presentazione del ricorso ed il citato rinvio, e nelle more RAGIONE_SOCIALEa presente udienza, il delitto di cui all’art. 323 cod. pen. è stato abrogato (art. 1 legge 9 agosto 2024 n. 154). E l’estinzione del reato a seguito di aboliti° criminis implica la revoca dei capi RAGIONE_SOCIALEa sentenza che concernono gli interessi civili (fermo restando il diritto RAGIONE_SOCIALEa parte civile di agire ex novo nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l’eventuale irrogazione RAGIONE_SOCIALEa sanzione pecuniaria civile), com’è logico che sia e comunque chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 46688 del 29/09/2016, Schirru, Rv. 267884; Sez. 2, n. 26091 del 10/06/2016, Tesi, Rv. 267004).
Incidentalmente, ciò priva di rilievo la trattazione del ricorso, venendo meno l’interesse all’impugnazione che, per risalente quanto costante insegnamento di questa Corte, deve essere “concreto”, nel senso che deve tendere in concreto all’eliminazione RAGIONE_SOCIALEa lesione di un diritto o di un interesse giuridico RAGIONE_SOCIALE‘impugnante, nell’ordinamento processuale non essendo prevista la possibilità di proporre un impugnazione che si risolva in una mera pretesa teorica, mirando all’esattezza giuridica RAGIONE_SOCIALEa decisione, non sufficiente di per sé a integrare il vantaggio pratico in cui si compendia l’interesse normativamente stabilito che sottende l’impugnazione di ogni provvedimento giurisdizionale (v. già Sez. 1, n. 3204 del 06/07/1993, Castagnella, Rv. 194852).
1.3. Per le indicate ragioni, questa Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento al delitto di abuso d’ufficio, perché la condotta non è più prevista dalla legge come reato, revocando le statuizioni civili.
La sentenza va annullata anche in relazione all’imputazione di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 cod. pen.), sebbene per ragioni diverse da quelle eccepite dal ricorrente.
2.1. Sul punto può essere utile riassumere preliminarmente il fatto.
Sottoposto al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE uno schema di Convenzione-quadro con il Provveditorato alle opere pubbliche per il RAGIONE_SOCIALE, Abruzzo e Sardegna, il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE si pronunciò espressamente nel senso che i servizi relativi alle funzioni di progettazione, direzione, lavoro e collaudo di opere edilizie fossero riservati agli uffici tecnici RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
Era quindi inviata, con lettera di accompagnamento del Direttore generale, la versione RAGIONE_SOCIALEa convenzione per come approvata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, con firma del Rettore, al Provveditore, in data 6 febbraio 2015.
Il 18 febbraio 2015, seguiva, tuttavia, un altro invio: questa volta di un testo corrispondente allo schema originario RAGIONE_SOCIALEa convenzione (che attribuiva i lavori di progettazione al Provveditorato), sempre accompagnata da una lettera del
Direttore generale, nella quale si chiedeva la firma del Provveditore (benché il testo risultasse sottoscritto con firma autografa, oltre che del Rettore, del Provveditore medesimo).
2.2. Ebbene, a fronte di una contestazione originaria concernente l’ipotesi di falso materiale in atto pubblico (art. 476 cod. pen.), i Giudici di primo grado hanno escluso, sulla scorta RAGIONE_SOCIALEe testimonianze del Provveditore e del Capo RAGIONE_SOCIALEa sua Segretaria, che il documento avesse subito modifiche materiali ad opera di rappresentanti dal Provveditorato.
Hanno ritenuto provata, per contro, la responsabilità RAGIONE_SOCIALE imputati, anche sotto il profilo del dolo (desumendolo da una missiva recante data successiva all’invio RAGIONE_SOCIALEa convenzione, dalla quale si evinceva la consapevolezza, in capo al Rettore e al Direttore generale, che la convenzione-quadro inviata a suo tempo al Provveditore aveva un contenuto difforme dalla volontà espressa dal RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE).
Hanno negato, tuttavia, che il fatto configurasse un falso materiale, non ravvisando una contraffazione o un’alterazione del documento pubblico.
In particolare, hanno quasi testualmente affermato che, nel caso di specie, non fu alterato il documento contenente il testo RAGIONE_SOCIALEa Convenzione-quadro, così come deliberata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, ovvero il verbale RAGIONE_SOCIALE‘adunanza sopra indicata, ma si concretò una violazione, da parte dei pubblici ufficiali, dei loro poteri documentali nel momento in cui, con la missiva del 18 febbraio 2015, attestarono falsamente un contenuto ideologicamente diverso da detta convenzione, abusando in tal modo RAGIONE_SOCIALEa loro funzione di garanzia e venendo meno all’obbligo giuridico di attestare in modo esatto quanto avvenuto e regolarmente percepito.
In altre parole, hanno escluso esistesse un documento-convenzione leso nella sua genuinità (ravvisando il solo verbale RAGIONE_SOCIALEa seduta del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) ed hanno riferito il falso (ideologico) alla lettera di trasmissione, del cui contenuto è predicata la difformità dal vero.
2.3. Ciò premesso, disattendendo le deduzioni difensive, la Corte d’appello difende la qualificazione del fatto in termini di falsità ideologica.
Riferisce però il mendacio non più, come in primo grado, alla missiva di accompagnamento che – osserva – rappresentava solo il mezzo di trasmissione di un atto ideologicamente falso e che (come, in effetti, si evince anche dalla memoria di parte civile) non attestava alcunché.
Lo riferisce, piuttosto, alla Convenzione in sé, per il fatto che recava una clausola (relativa all’affidamento al Provveditorato dei lavori anche relativi alla fase di progettazione, collaudo e direzione lavori RAGIONE_SOCIALEe opere edilizie) la quale avrebbe
dovuto essere diversa, per espressa deliberazione del RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, reputa che gli imputati, attraverso la “sottoscrizione RAGIONE_SOCIALEa convenzione”, avessero realizzato una condotta di falsità ideologica, avendo certificato la coincidenza tra quella che sarebbe stata la versione approvata dal consiglio di RAGIONE_SOCIALE e la convenzione definitiva.
2.4. Se così è, si prescinda dal fatto che i Giudici di secondo grado escludono la possibilità di ipotizzare, nel caso di specie, una ratifica non già soltanto in considerazione RAGIONE_SOCIALEa natura tutt’altro che formale del vizio (argomento, in effetti, controvertibile, che peraltro richiederebbe precisazioni sull’uso, in senso tecnico o meno, che si faccia del lemma “ratifica”): la Corte d’appello aggiunge comunque – in termini quasi testuali – che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, una volta accertato il contrasto tra il contenuto RAGIONE_SOCIALEa convenzione deliberato e quello sottoscritto da Rettore e Provveditore, tanto poco convalidò la modifica apportata che, al contrario, discusse RAGIONE_SOCIALE‘opportunità o meno di avviare un procedimento disciplinare nei confronti del Direttore AVV_NOTAIO. Né, si aggiunga, risulta dedotto dalla difesa un successivo passaggio del “nuovo” testo al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, come avrebbe dovuto accadere.
E si tralascino, sull’altro versante, le deduzioni difensive sulla mancata correlazione tra imputazione e sentenza nonché quelle, di invero dubbia fondatezza, sulla natura ancora in progress RAGIONE_SOCIALEa convenzione che, pertanto, la difesa del ricorrente qualifica in termini di mero schema (anche alla luce RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza di seguito riportata, sarebbe infatti tutt’altro che illogico assumere che l’iter RAGIONE_SOCIALE‘atto interno si concluda con l’approvazione del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, come dimostrato dalla circostanza – poc’anzi sottolineata – che ogni modifica ulteriore del testo impone un nuovo passaggio al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, chiamato ad approvarla).
Sopra tutto e a monte, quel che questo RAGIONE_SOCIALE non condivide è la possibilità stessa di qualificare la Convenzione quale atto pubblico.
2.5. Sul punto, al fine di determinare i confini RAGIONE_SOCIALEa fattispecie, si ricordi come, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 479 cod. pen., il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio RAGIONE_SOCIALEe sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiaccia alle pene stabilite nell’articolo 476.
Ebbene, è vero che l’art. 479 c.p. si perfeziona nel momento in cui l’atto falso fuoriesce dall’ambito di disponibilità RAGIONE_SOCIALE‘agente e si manifesta nel mondo esteriore, per conseguire gli effetti di cui sarebbe capace (come esplicitato da
anche risalente giurisprudenza. Vd. Sez. 5, n. 834 del 22/10/1992, Codano, Rv. 193483, citata dalla parte civile).
E’ altresì vero, su un piano logicamente antecedente, che la nozione di atto pubblico nel diritto penale è stata ricostruita dalla giurisprudenza di questa Corte in termini più lati di quella civilistica (art. 2699 cod. civ.), riconducendovi anche gli atti formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato, nell’esercizio RAGIONE_SOCIALEe loro funzioni, per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, purché aventi l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica e/o valore probatorio interno alla pubblica RAGIONE_SOCIALE (Sez. 5, n. 3542 del 17/12/2018, dep. 2019, Esposito, Rv. 275415, in un caso in cui la Corte riconobbe la natura di atto pubblico sia RAGIONE_SOCIALEa relazione di servizio destinata ad attestare quanto avvenuto in presenza del pubblico ufficiale, sia RAGIONE_SOCIALE‘annotazione effettuata da un agente di polizia penitenziaria sul registro NUMERO_DOCUMENTO 117, funzionale a documentare i movimenti dei detenuti all’interno del carcere), nonché gli atti nemmeno redatti da pubblici ufficiali, che però abbiano l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica o valore probatorio interno alla pubblica RAGIONE_SOCIALE, a prescindere dal fatto che il loro contenuto sia integralmente trasfuso nell’atto finale del pubblico ufficiale o ne costituisca solo il presupposto implicito necessario (così Sez. 5, n. 17089 del 17/02/2022, COGNOME, Rv. 283007, relativo ad un certificato di collaudo statico di opere edilizie; Sez. 5, n. 15901 del 15/02/2021, COGNOME, Rv. 281041, in tema di autocertificazione del privato in vista RAGIONE_SOCIALEa selezione per l’assegnazione di autorizzazioni all’esercizio di servizio di noleggio con conducente; Sez. 5, n. 37880 del 08/09/2021, COGNOME, Rv. 282028, quanto a sottoscrizioni apocrife sulla scheda e sull’atto di delega di una richiesta di registrazione di un contratto di locazione). Come anche si desume a contrario dalla casistica appena riportata, è però dubbio che il perimetro testuale RAGIONE_SOCIALE‘atto pubblico sia tale da includere una “convenzione”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.6. La convenzione è, infatti, una sorta di contratto, un patto, un accordo tra parti pubbliche o tra una parte pubblica e una privata, che serve a disciplinare aspetti di interesse comune, e non un documento volto ad attestare anche solo premesse fattuali di un atto.
Essa veicola ed esprime la volontà RAGIONE_SOCIALEe parti (con terminologia mutuata da altra branca RAGIONE_SOCIALEa conoscenza, potrebbe dirsi che, con la convenzione, “si fanno cose”), e quindi si sottrae alla concezione corrispondentista, che rappresenta invece il fondamento del concetto di verità penalistico in materia di tutela di falso ideologico (verità come corrispondenza del segno alla realtà che esso è deputato a rappresentare).
Ne deriva che una convenzione non può essere “vera” o “falsa” in senso ideologico, ma che può essere, al limite, eventualmente viziata (sempre che se ne riesca a dimostrare la non coincidenza con la volontà RAGIONE_SOCIALEa parte che l’ha sottoscritta).
Conseguentemente, l’aver una convenzione disatteso la volontà RAGIONE_SOCIALE‘organo istituzionalmente chiamato a definirne i contenuti non può dar luogo ad una falsità ideologica, non potendo darsi, sul piano logico, divergenza tra quanto in essa rappresentato ed una realtà che la convenzione medesima contribuisce a formare.
2.7. Concludendo sul punto, parrebbe che il disvalore RAGIONE_SOCIALEa vicenda in oggetto si fosse concretizzato nella infedeltà del Rettore, a sua volta sostanziatasi nel non essersi egli attenuto, come avrebbe dovuto fare, a quanto deliberato dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che è l’organo di governo RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, disattendendone le indicazioni e prevaricandone la volontà.
Tale condotta avrebbe potuto delineare, al più, e cioè verificata la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato – violazione di legge, danno e relativo dol -, un abuso d’ufficio, ipotesi peraltro nemmeno più prospettabile, a seguito RAGIONE_SOCIALEa già evocata intervenuta abrogazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 323 cod. pen.
2.8. La conseguenza è che – risultando assorbite le deduzioni svolte nel ricorso RAGIONE_SOCIALE‘imputato NOME COGNOME – anche in relazione al capo d’imputazione c), va disposto l’annullamento RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata senza rinvio, con conseguente revoca, per entrambi i ricorrenti, RAGIONE_SOCIALEe statuizioni civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento al reato di cui all’art. 323 cod. pen. perché la condotta non è più prevista come reato; annulla altresì la medesima sentenza in relazione al residuo reato perché il fatto non sussiste. Revoca le statuizioni civili.
Così deciso il 12/02/2025